Gli gnomi che distruggono la pallacanestro. Un’immagine forte. Raccontata, e cantata, da Ricky Gianco.

Avrebbe potuto giocare a basket. Se solo avesse voluto. Tanto, sparsi in giro a combinare danni c’erano già i Charlie Caglieris e i Francesco Fischetto. E dall’altra parte dell’Oceano sarebbero presto sbarcati Anthony “Spud” Webb e Tyron Bogues. Qualche esempio più recente? Marques Green, Shwanta Rogers, Josh Mayo. Tutta gente diversamente alta (si era capito, vero?), che in compenso è riuscita a ritagliarsi spazi importanti tra le mattonelle dei parquet da gioco. Nel Belpaese e persino in Nba. Dimostrazione di come la pallacanestro non sia uno sport solo per lungaccioni: è sufficiente gestire quel po’ di personalità, possedere talento e gestire il sale presente in zucca.
Anche Ricky Gianco, all’anagrafe Riccardo Sanna, è diversamente alto. Ma non ha mai giocato a basket. Se solo ci avesse provato… In fondo, nella sua lunga carriera artistica, Gianco ha sempre dimostrato grande personalità, per non parlare del talento e del sale in zucca. In principio fu rock and roll e il Clan di Adriano Celentano a muovere i fili, poi la canzone politica, sancita dalla partecipazione al Re Nudo Pop Festival di Parco Lambro del 1976, sì, quell’edizione lì, quella del disastro. Ci sarebbero tante altre cose da dire sul percorso artistico del Sanna, ci si perdoni fretta e superficialità, ma a noi interessano quegli anni lì, il calderone dei ’70. E un album, uscito nel 1978 per “L’Ultima Spiaggia”, l’etichetta di Nanni Ricordi, dal titolo “Arcimboldo”. Produzione di Claudio Fabi (sì, il papà di Niccolò), Premiata Forneria Marconi a occuparsi dei suoni. Un disco bello e importante, dal quale esce un must come “Compagno sì, compagno no, compagno un caz”. E poi, tra i nove pezzi che trovano posto tra i solchi del vinile, compare “Ironia”.

Poco meno di tre minuti per voce e arpeggio di chitarra acustica, il tempo di ribadire l’importanza di non prendersi troppo sul serio anche, forse soprattutto, in quegli anni così caldi e scomodi. Un invito a usare l’ironia sempre e comunque: il potere la teme ed è giusto metterla in circolo non appena possibile. E sin qui ci siamo: inevitabile non trovarsi d’accordo con la saggezza del buon Sanna. Poi, all’improvviso, il testo deraglia. In questo modo: “Gnomi dell’universo – canta convinto Ricky Gianco –, gnomi di questo mondo, unitevi per bene e fate un girotondo, cercate almeno nella voce una giusta altezza poi, per comodo od ossequienza, per una sana militanza, distruggete per sempre la pallacanestro”. Potremmo andare avanti per ore a disquisire su cotanta frase, potremmo addirittura finire per andare a parare in zona Karl Marx e Friedrich Engels, del loro “Manifesto del Partito Comunista” (“Gnomi di tutto il mondo, unitevi!”) ma non è il caso di esagerare. Quella disegnata da Gianco è solo un’immagine sarcastica. Calata nel contesto di un preciso periodo storico. Nel quale si scende in piazza spesso e volentieri, si contesta qualsiasi cosa si muova, si chiede un cambiamento forte in favore dei più deboli, dei cosiddetti non garantiti. Perché il mondo della pallacanestro dovrebbe rimanere immune dalla rivoluzione o presunta tale? Perché non rifondarla, la spicchia? Ecco dunque i nani mettere in discussione la tirannia dei giganti, eccoli esportare all’interno delle palestre e dei palazzetti dello sport un po’ di sana e anarchica fantasia. Distruggere tutto per poi ricominciare. Con i playmaker e i cantanti diversamente alti ad alzare la voce. E a intonare il loro inno assieme a Ricky Gianco.