Una confessione: scrivo questo post molto malvolentieri. Ho letto la vostra sfilza di commenti sulla serie finale del campionato e devo dire che, almeno dal mio punto di vista e per come io concepisco il basket, ho visto tutt’altra cosa rispetto a quella che, sembra, avete visto tutti voi. Ragion per cui la mia prima reazione è stata quella di vedere cosa dite e non immischiarmi, perché, rispetto a quello che dite e pensate voi, io sono evidentemente di tutta un’altra galassia che vede e commenta le cose in modo differente, partendo da altri “pregiudizi e comportamenti culturali”, e dunque in definitiva, essendo estraneo a qualsiasi di tipo di ragionamento “mainstream”, sono in tutto e per tutto un alieno.
Però alla fine la mia la voglio comunque dire, tanto cosa ho da perdere? Se poi qualcuno si riconoscerà in quanto penso e sto per dire tanto meglio. Forse non sono solo nella mia galassia aliena.
Ho letto tutta una serie di scuse per la figura barbina che sta facendo Milano contro la Virtus apparendo nettamente inferiore, come si è visto in modo imbarazzante in queste tre partite giocate finora. Secondo me, scusate, ma i vari alibi della stanchezza, delle ghiandole che non secernono più le giuste quantità di ormoni, della testa che non funziona più, sono completamente “lari fari” (Edoardo vi spiegherà cosa voglio dire – più o meno l’equivalente serbo di “bubbole”), alibi appunto, detto in breve, per mascherare una totale impreparazione tecnico-tattica a questa finale, affrontata secondo me con la puzza sotto il naso della squadra che si ritiene più forte (è endemico, quasi, per una squadra che viene da una metropoli e che è coccolata e viziata dalla stampa asservita che poi condiziona in modo del tutto inconscio anche persone di elevata statura culturale come il nostro Claudio Buck) e che dunque non ritiene necessario studiare l’avversario per affrontarlo nel modo giusto.
Tanto di cappello invece alla Virtus. Sono sostanzialmente d’accordo, anche se non in modo tanto netto da ritenere che il punto di svolta magico da film sportivo americano sia stato “il franco scambio di opinioni” avvenuto nello spogliatoio di gara tre a Treviso, con coach Michelini quando afferma che quello è stato il punto di svolta della stagione (sono convinto che, se avessero affrontato Kazan con questa mentalità e preparazione, ora sarebbero in Eurolega). Il fatto incontrovertibile è che da quel momento la Virtus è apparsa tutta un’altra squadra. In una serie al meglio delle sette partite sono indispensabili, come tutti sanno in quanto la cosa è solo ovvia, rotazioni massicce con quintetti completamente diversi che possano affrontare determinati segmenti di partita ponendo gli avversari di fronte a problemi inattesi, per quanto le due squadre si possano conoscere avendoci giocato contro millanta volte. Quintetti con una loro logica interna, ma che soprattutto sappiano perfettamente cosa si vuole da loro in quel preciso momento. La Virtus l’ha fatto e da questo punto di vista tanto di cappello allo staff tecnico, ma anche ai giocatori che hanno recepito il messaggio. Milano no, in quanto quelli che si vedono in campo sono di continuo quintetti che uno limitato come me non riesce a capire con quale logica siano stati messi in campo a fare cosa. E puoi impegnarti quanto vuoi, e Milano senza dubbio lo fa, ma se giri a vuoto non ci sono iniezioni di ormoni che tengano. Tutti noi sappiamo che non c’è nulla che mini alla base qualsiasi nostro sforzo che non la percezione che stiamo girando a vuoto, e questo è secondo me quello che in realtà succede a Milano.
La preparazione a una serie presuppone un enorme lavoro per impostare una difesa che possa incidere in modo letale sui punti forti degli avversari per scardinare alla fonte il loro gioco e dunque costringerli a fare qualcosa d’altro. So benissimo che quanto scrivo sembra essere perfettamente l’opposto di quanto vado dicendo da sempre, che sono cioè gli attacchi che comandano il gioco. Sì, se sono fatti bene, se cioè leggono la difesa e salgono di livello scardinando a loro volta l’impianto difensivo avversario. Se non ci riescono, allora prevale la difesa. Cosa che sta puntualmente avvenendo in tutta la serie. Semplicemente Milano non ha la più pallida idea di cosa dovrebbe fare, o, se l’ha, non riesce in alcun modo a metterla in pratica. Per esempio: poniamo (io non ci credo per niente) che sia vera la patetica storia secondo la quale i giocatori di Milano sarebbero atleticamente e mentalmente esausti. Ora io, ragionando a un tanto al chilo, dopo aver letto i preoccupanti rapporti da parte del mio staff medico che mi indica il problema (gli squadroni avranno bene uno staff medico che esegue test a raffica monitorando in tempo reale le condizioni atletiche dei giocatori per ragguagliare di continuo lo staff tecnico, spero), posto che se, da quanto mi dicono i medici, i miei giocatori sono a terra, farò in modo di cambiare gioco abbassando i ritmi e provando a fare in modo che arrivino all’ultimo quarto ancora in piedi. Mi serve insomma un piano B, che poi magari servirebbe anche un piano C o D in una serie a quattro partite vinte, ma almeno un piano B deve sempre esserci. Milano corre e tira, essenzialmente con pochissimo gioco interno. Lo dico da tutta la stagione, basta leggere i miei post precedenti. Ora, continuando a correre a più non posso e difendendo (anche bene, sia chiaro) con intensità succede semplicemente che si impiccano soli arrivando alla fine morti. E allora, perché di grazia si suicidano? Non potrebbero provare, almeno in determinati momenti della partita, a giocare piano con un play non genio, ma di quelli che si “siedono sulla palla” come dicono in Serbia (Cinciarini, tanto per dire), con qualcuno di ingombro (Tarczewski è proprio tanto cesso da non poter essere utile per qualche minuto?) sotto a cui dare ogni tanto la palla attaccando sempre al limite dei 24 secondi e tenendo il tiro da tre come arma della disperazione se non succede niente prima e non come arma strategica da usare magari subito, dopo pochi secondi, appena se ne presenta l’occasione? Insomma, se sono veramente zombie, perché continuano a correre e sparare a vanvera appena possono farlo? Ecco, queste sono le cose che mi chiedo e alle quali non so darmi risposte.
Al contrario Bologna sembra averle, queste cose. Sostanzialmente io vedo un mix di quintetti affidati essenzialmente a due assi: la prima, quella guidata da Teodosić con il suo fido scudiero Marković, per ballare il rock-and-roll, e la seconda con al comando Pajola per danzare a ritmo di balera (con il play che il mio leggendario allenatore Mario Mari definiva “vien su caminando”), paragone calzante, in quanto la seconda unità è formata per la maggior parte dall’asse italiano. In più, contrariamente a Messina, secondo me Đorđević palesa un altro indiscutibile merito. Tutti i suoi giocatori, anche quelli più limitati da vari punti di vista (se vogliamo parlare di Alibegović o Abass possiamo farlo con passione e trasporto alla sconvenscion, tanto più che sia coach Michelini che Lorenzo Sani e Ciccio Cantergiani hanno dato l’assenso di massima alla loro presenza), stanno dando quello che possono dare in positivo senza in alcun modo disturbare gli altri volendo fare cose che non sanno fare. Un eccellente Weems, un Belinelli che sembra finalmente, a suon di panchine forzate, aver capito che un doppio raggruppato avanti fatto bene vale molto di più che un triplo carpiato indietro che finisce con una dolorosa schienata, un Adams sparito dalle rotazioni non perché sia uno scarso, anzi, ma proprio perché non troverebbe una collocazione negli attuali equilibri di squadra senza scardinarli (se manca perché è infortunato dimenticate quanto appena scritto), insomma se solo Gamble non avesse le mani di palta, per cui il buon Miloš gli da qualche assist di tanto in tanto e, quando il suddetto inevitabilmente si incarta, poi per un po’ di tempo giustamente lo trascura, la Virtus avrebbe una superiorità ancora più schiacciante. E infine, parlando proprio di Teodosić, dopo tantissimo tempo l’ho visto veramente motivato. E’ da tempo immemorabile che non lo vedevo giocare tanto serio con impegno anche in difesa, ma soprattutto con un atteggiamento pragmatico dedicato al compito principale, che è quello di vincere le partite e non quello di impressionare i borghesi, come dicono i francesi, con preziosi, ma inutili ricami fine a se stessi. Se gioca sempre così è veramente in una categoria a parte.
Scrivo la mattina prima di gara quattro e ovviamente nulla è ancora deciso, per cui quanto scrivo potrebbe poi essere deriso e io esposto alla gogna. Pazienza, corro il rischio. Se non altro quanto ho scritto riflette, almeno secondo me, quanto è successo in queste prime tre partite. Riassumendo: il dominio di Bologna si spiega molto semplicemente: dominio assoluto tecnico-tattico in tutti i campi. Tutto qua.
Per finire la mia chiosa sul ritiro di Musetti al Roland Garros. Personalmente la cosa non mi ha turbato per niente, anzi, e sono in totale disaccordo con Roda. Perché torturare gli spettatori tirando un paio di palle in tribuna per finire “tecnicamente” la partita? Che senso ha? Nel baseball, quando una squadra è palesemente inferiore, sono le stesse regole che impongono che venga interrotta. Musetti contro Nole aveva dato tutto nei primi due set nei quali aveva dipinto il sole, come dicono a Napoli (vero?) e poi aveva finito la benzina, soprattutto quella mentale. E’ un talento smisurato che ha un’alta considerazione di se stesso come tutti i veri campioni e vedersi fare un tale schifo lo torturava, per cui ha preferito mettere fine alle sue sofferenze ritirandosi. Secondo me ha fatto bene e, paradossalmente, totalmente contro l’opinione generale, penso che con questo gesto abbia dimostrato di essere di testa un vero campione. Ha tutto, non so comunque se ha la ferocia di Sinner, che ha secondo me molto più talento di testa, ma molto meno dal punto di vista tecnico rispetto a Musetti. Si tratta comunque di due gemme che il tennis italiano e l’opinione pubblica devono lasciar crescere senza mettere loro troppa pressione. E l’episodio del ritiro di Musetti, per come è stato commentato, mi preoccupa moltissimo che ciò possa realmente avvenire. Paragoni con il passato? Musetti=Panatta, Sinner=Barazzutti.
E infine che ne pensate della sceneggiata del pubblico che abbandona, causa scatto coprifuoco, le gradinate del Roland Garros alla fine del terzo set che Berrettini aveva appena vinto contro Nole? Con il risultato che l’inerzia è svanita, che alla ripresa del gioco c’era un silenzio tombale rispetto alla caciara di prima, e dunque Đoković ha riavuto le condizioni perfette per portare a casa senza problemi il match. Mai visto che un match di qualsiasi sport si giocasse in due tempi con tanta differenza di condizioni di contorno (come se un match di basket fosse spostato fra i due tempi dal Forum al campetto di un oratorio), per cui è stato uno schifo di primissimo ordine. Ma veramente, sapendo che il coprifuoco scattava alle 23, gli organizzatori pensavano che Nole si sbarazzasse di Berrettini in così breve tempo? E se non lo pensavano, ci hanno pensato al fatto che si è poi verificato in realtà, che cioè tutto il match era andato a ramengo e si era disputato in condizioni assurde e intollerabili? Vergogna. Cosa non si fa per i soldi e per avere la TV!