Si gira a vuoto. Girano soltanto le palle. Ovunque vada, sulle strade del basket, mi accompagna sempre la solita domanda. Un tormentone: Dov’è il buco? Il fiume senza il ponte per attraversarlo. Perché ad un certo punto la strada si interrompe? Germania, Mannheim, Andrea Capobianco e i suoi ragazzi, praticamente campioni mondiali Under 18, battendo in finale, e chi se non gli USA. Passione e talento… e poi? Il deserto, con il suo vento che alza le dune, e le sue sabbie che assorbono e disperdono le acque e la giovane linfa. I ragazzi del basket crescendo incontrano il buco nero, un vortice di dispersione, uno spazio vuoto, nessun territorio nel quale continuare a crescere e fare esperienza. E le società che non investono più sui settori giovanili perché la crisi morde, è vero, ma altrettanto sbagliato è rinunciare al pane, che poi, anche se verranno tempi migliori, si è già morti e stecchiti dalla fame. E ancora, l’eteroclita ed eterogenea invasione di grandi brocconi…
Dicono che gli stranieri costino di meno, e nonostante tutte le dotte elucubrazioni socio-economiche, questa teoria micala capiremo mai. Fermi come siamo ad una macroeconomia elementare, per cui, se la maggior parte dei talenti ad un certo punto si trova la strada sbarrata, e perde l’orientamento, e sono troppo pochi quelli che, per ventura, si salvano… Beh, proviamo ad allargare la base, ad aumentare la produzione, che poi, magari, scendono anche i prezzi… Comunque. La mente non si vuole staccare da Mannheim, non sappiamo come ma sentiamo fortissimo l’istinto di celebrare, di far si che si incida una traccia, che le dolci e fresche acque del basket nostrano possano scorrere. E li citiamo tutti: Severini, Merella, Mastellari, Lupusor, Spera, Picarelli, La Torre, Mussini, Flaccadori, Cacace, Mascolo, Donzelli. Guidati dall’orco buono di Capobianco, capace di coltivare il giardino dei campanelli che altri poi trasformano in deserto. E la mente, ancora, ci ricorda che non è nemmeno la prima volta, soltanto la scorsa estate la nazionale Under 20 di Pino Sacripanti ha vinto l’oro all’Europeo di categoria. Insomma, ci scuserà il barone John Maynard Keynes, padre della macroeconomia, se applichiamo al basket una sua celeberrima frase: l’acqua c’è, ma il cavallo non beve. Basterebbe, nel basket, trovare chi fa inaridire i pozzi. Che poi sarebbe di facile soluzione anche il tormentone iniziale, ovvero scoprire dove sta il buco?
Di buoni esempi, il basket, e non solo quello giovanile, ne saprebbe anche dare. Basta guardare dentro (e dietro) alla meravigliosa avventura di quelle “teste quadre” di reggiani. Pallacanestro Reggiana, alias Grissin Bon, sugli scudi. Trionfo in EuroChallenge, unica testimonianza italiana nel basket continentale. E non è un caso. Bensì il primo effetto del lungimirante Progetto del presidente Stefano Landi (che ha già forgiato un certo Nicolò Melli), per una squadra che, insieme a Cantù, è quella che “fa giocare” il maggior numero di italiani (mica per niente Reggio Emilia è la città del Tricolore), e di recente ha aggiunto ai gioielli di famiglia, oltre a Federico Mussini, eroe di Mannheim ed inserito nel quintetto ideale della manifestazione), anche Amedeo Della Valle. Contemporaneamente alla storica impresa reggiana si giocava la 13° giornata di campionato, e qui la mente zoppicava. Guardavamo l’antica gloria di Pesaro contro Bologna in TV, e ci sembrava, ahinoi, che il nostro basket stesse a quello vero… come il calciobalilla sta al calcio vero. Vedevamo l’Acea Roma perdere in casa contro la neopromossa Pistoia tirando 7/29 da tre punti, contro il 70% da due dei toscanelli di Paolino Moretti nostra, e ci veniva da pensare, cattiveria per noi inusitata: ben che gli sta, ai romani, se il basket lo intendono come una scampagnata al luna park. Come anche a Sassari, anch’essa sconfitta in casa da Caserta, tirando 7/24 da tre punti, contro il 10/18 dei campani: chi da tre ferisce, da tre perisce… Ma che palle! Questo Basketbalilla…
WERTHER PEDRAZZI