Ho giocato a pallacanestro dall’età di sei anni fino ai 40. Fino a quando cioè le mie ginocchia hanno detto basta. Quindi amo questo sport al punto da considerare tutti gli altri delle discipline-ludico motorie più o meno divertenti al confronto.
Ma più vado avanti e più mi rendo conto che siamo e resteremo, in Italia uno sport di nicchia, per pochissimi intimi, nonostante i numeri da fantascienza distribuiti dal nostro presidente Gianni Petrucci. Perché lo penso? La mia vena polemica l’ho potuta esprimere spesso su DailyBasket. Questa volta mi limiterò ad un aspetto che mi addolora molto e sul quale, in queste stesse colonne ho già insistito molto. Eccolo.
“La difesa di Vattelapesca, il close out di Tizio, l’hand off di Caio, il jumper di Sempronio, l’errore ma c’è il lay op di Bruto. Dall’altra parte attenzione alo step back di Will ed al suo fade away. Due punti che siglano il suo ai (pronunciato proprio così… credo volesse dire high) in campionato, lui che tira con l’80% percento da due, il 73 in coppa, il 65 ai tiri liberi, il 29 per cento nei fast break, che quando si sveglia la mattina dal lato destro del letto segna più di venti punti a partita…”
L’ultima parte l’ho romanzata (quella della sveglia). Ma il resto è la fedele ripetizione di un pezzo di telecronaca farina del sacco dei colleghi della Rai e di Sportitalia. Che parlano a pochissimi intimi. Va bene conoscere l’inglese e farlo sapere ma ci deve essere un limite. Se vado su Sky, dove forse non esagerano, so che vado a cercarmi un certo tipo di linguaggio. Ma i canali non a pagamento dovrebbero aiutare la comprensione e la diffusione di uno sport che di problemi ne ha già tanti.