A poco più di trenta giorni dal termine della stagione regolare, il quadro della Central Division appare tutt’altro che scontato, con tre squadre (Indiana, Chicago e Detroit) ad oggi ancora in lotta serrata per un posto ai Play Off. Per i verdetti finali sarà quindi decisivo il mese di Marzo.

CLEVELAND CAVS (45-18). La solita, bella e a tratti indecifrabile Cleveland è tutta racchiusa nell’inspiegabile sconfitta contro i rimaneggiatissimi Memphis Grizzlies (privi di Randolph, Conley, Gasol e Barnes), condita dal terribile dato di 25 palle perse e maturata addirittura in casa, alla Quicken Loans Arena. Lo specchio di una corazzata che, almeno a questo punto della stagione, può finalmente contare su tutti i suoi Top Player, ma che, ormai quasi certa del primato, continua però a non dare la sensazione di avere la giusta mentalità vincente. Forse la scarsa competitività della Eastern Conference o, molto più probabilmente, un approccio sbagliato in gare dall’esito scontato: a prescindere da quale sia la vera causa degli alti e bassi dei Cavs, di certo vi è una serie di segnali negativi che LeBron e compagni hanno lanciato a coach Lue e al resto della Lega. Perchè se è innegabile che, quando conta davvero, difficilmente Cleveland non risponde presente, è altrettanto da notare come il Killer Instinct non nasca dagli alberi e, allo stato attuale, Golden State e San Antonio sembrano senza dubbio avere qualcosa in più dal punto di vista della solidità mentale. Perchè alla fine si sa, talento a parte, la corsa all’anello si gioca anche e soprattutto su questi aspetti.

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INDIANA PACERS (34-30). Risucchiati come altri nella bagarre creatasi nelle zone di media classifica ad Est, i Pacers occupano oggi il settimo posto. Una situazione che, oltre a preoccupare e non poco la franchigia di Indianapolis, lascia un pò di amaro in bocca soprattutto se paragonata con quello che di buono i ragazzi di coach Vogel avevano prodotto fino a Gennaio. Di lì in poi, invece, un calo progressivo fatto di tante sconfitte maturate al fotofinish e una cronica incapacità di raggiungere la giusta concretezza (emblematiche le due sanguinose sconfitte contro gli Hornets).

Monta Ellis: incostante finora il suo apporto ai Pacers (Fonte: www.sbanation.com)

Monta Ellis: incostante finora il suo apporto ai Pacers (Fonte: www.sbanation.com)

Senza considerare l’evidente dipendenza dal pur eccellente Paul George (23,6 di media in stagione), i cui picchi portano spesso a delle vittorie di peso (38 nella vittoriosa trasferta di Washington), ma i cui fisiologici momenti di calo non vengono supportati dagli altri. Monta Ellis continua ad avere alti e bassi, e a dimostrare solo a sprazzi di poter essere la stella che tutti conoscono (i 26 messi a referto contro San Antonio sono stati la vera chiave della vittoria contro gli Spurs), George Hill non è (e probabilmente non lo sarà mai) incisivo come dovrebbe, mentre Rodney Stuckey è da poco rientrato dopo circa un mese e mezzo di stop. Una novità è rappresentata, invece, dall’arrivo del free agent Ty Lawson, che va sicuramente ad arricchire la profondità e la rapidità del Back Court dei Pacers. La domanda, non priva di dubbi, a questo punto è: riuscirà Indiana, con l’attuale assetto, a guadagnare tranquillamente i Play Off e a dire la sua nel primo turno?

CHICAGO BULLS (32-30). Alzi la mano chi avrebbe mai scommesso di trovare i Bulls, a metà marzo, ottavi a Est e in piena battaglia per non restare clamorosamente esclusi dalla Post Season. Eppure, a mettere nei guai Chicago è stato un mese di febbraio a dir poco “nero”, caratterizzato dall’infortunio di Jimmy Butler (rientrato lo scorso sabato contro i Rockets dopo undici partite ai box, capace comunque di metterne 24, ma probabilmente già vittima di un riacutizzarsi del dolore) e di Nikola Mirotic, oltre che dalla solita altalenante presenza di Derrick Rose, spesso messo fuori causa dai continui acciacchi. Ora la situazione rischia di diventare davvero complessa per i ragazzi di coach Hoiberg, con Detroit alle calcagna e la possibilità, oggi verosimile, ma impensabile ad inizio stagione, di un accoppiamento con Cleveland al primo turno. L’unica luce in fondo al tunnel è oggi rappresentata da un immenso Pau Gasol, anima e cuore di questi afflitti Bulls, e in grado di realizzare due triple doppie nelle ultime cinque partite, con la punta di diamante dei 28 punti contro gli Houston Rockets. Della serie, 36 anni e non sentirli.

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DETROIT PISTONS (33-31). Non solo duri a morire, ma anche sempre più quadrati e temibili, da qui ad aprile i Pistons faranno concorrenza niente meno che ai suddetti Bulls, giocandosela fino all’ultimo per l’ultimo slot disponibile. Detroit ha operato saggiamente in chiusura di mercato, spedendo Ilyasova e Jennings a Orlando, e prelevando dagli stessi Magic l’ottimo Tobias Harris, già integratosi alla perfezione nel quintetto piccolo schierato da Van Gundy  (17,1 per sera fin qui). Con l’inerzia assolutamente dalla loro (sei vittorie nelle ultime otto gare), i Pistons hanno ormai trovato il miglior equilibrio, con Jackson a guidare l’attacco grazie al suo estro finalmente disciplinato, Morris e Caldwell Pope a offrire sostanza sul perimetro e Drummond a dominare letteralmente sotto le plance (15.1 rimbalzi, nettamente primo nella Lega). Con questo atteggiamento, combattivo quanto basta, e questo spirito da veri “Bad Boys”, sognare è più che lecito in quel del Michigan. Potrebbe trattarsi di una delle più belle sorprese dell’anno.

MILWAUKEE BUCKS (26-38). Ormai il pensiero di Kidd e dei Bucks in generale è quello di provare a costruire per la prossima stagione, gettando le basi per una squadra che riesca a non deludere ancora le grandi aspettative riposte da tutti gli addetti ai lavori. Due le certezze da cui partire: Giannis Antetokounmpo, che ha tutte le carte in regola per diventare un vero All Star, oltre che il leader riconosciuto della franchigia (16,5 per gara, con un impatto sempre decisivo in tutte le vittorie), e Khris Middleton, che si sta affermando come uno dei migliori tiratori della NBA (18,5 a partita con il 41% dall’arco). Con Jabari Parker in continua maturazione e Greg Monroe ad acquisire una sempre maggiore confidenza nel suo ruolo di centro titolare, Milwaukee ha un’unica e grande missione: impadronirsi del futuro.