Non ci posso fare niente e la cosa mi angoscia. Non posso più guardare il basket, mi arrabbio troppo e il dito scatta inesorabilmente su qualche altro canale. Ma la cosa che più mi angoscia veramente è il fatto che sono sempre più lontano dall’ opinione pubblica generale, anche di gente che stimo e che scrive su questo blog. Io vedo una cosa e poi sono costretto a leggere di aver visto tutta un’altra cosa rispetto a quello che hanno visto gli altri. E arrivo alla conclusione che non ci capisco niente, anche se poi in effetti, quando sono in compagnia di gente che dal mio punto di vista capisce di basket, le loro opinioni collimano quasi perfettamente con le mie. Poi mi accorgo di avere a che fare con gente che ha vissuto il mio stesso basket, che magari sono stato io a allevare ai loro inizi, e mi persuado che siamo un po’ una setta di apostati che è sempre più fuori dal mondo. Della serie, fermate il mondo che voglio scendere.

Prendiamo un po’ a esempio l’Eurolega. Bologna giocava molto bene a basket fino a qualche tempo fa. Ora mancano giocatori chiave (Hackett è un’assenza totalmente determinante) e la squadra è palesemente giù di corda fisicamente, ma soprattutto mentalmente. I giocatori tentano di fare quello che dovrebbero, ma proprio non ce la fanno e alla fine Bologna perde. Milano è poi tutta un’altra cosa. Ho letto su questo blog che Buck è molto contento dell’ultima partita contro il Fenerbahce (penso, sono al punto che non distinguo più fra le varie squadre e per me sono tutti uguali, tanto quello che mi interessa è solamente vedere Milano come, ma soprattutto cosa, gioca). Contento lui…Io ho visto un inizio eccellente di basket vero, giocato come si dovrebbe. Poi ho visto una serie di cambi dei quali non ho capito assolutamente che senso avessero e ho visto da lì in poi il solito gioco di Milano, leggi tiri da tre alla pene di segugio dopo aver martirizzato inutilmente la palla per 20 secondi. Ho ovviamente cambiato canale, sono tornato che la partita era nel finale in bilico con Milano che stava ovviamente facendosi rimontare senza che in attacco mostrasse uno straccio di idea e alla fine c’è stato un jolly pescato da Mirotić che, di fronte allo speculare obnubilamento in attacco degli avversari (Milano sì difendeva bene, ma da lì a dire che la partita l’ha vinto la difesa invece di dire che l’ha persa l’attacco avversario ce ne corre), è bastato per vincere. I giocatori di talento escono nel finale, dicono gli esaltati. Per me quelli veramente di talento giocano tutta, sottolineo tutta, la partita e si sanno rendere utili anche quando il tiro non entra invece di tirare sempre e comunque. A me hanno insegnato che in ogni scorcio di partita tira chi è caldo, e può essere chiunque, e gli altri gli passano la palla fino a che non si scalda anche qualcun altro. E non vedo proprio quale tipo di falla possa esserci in questo ragionamento.

Sul campionato italiano stendo un velo pietoso. A parte che non riesco proprio fisicamente a sopportare le telecronache che sento su Eurosport, ma su questo c’è comunque rimedio, basta passare ai suoni di ambiente che poi finalmente si riesce a capire qualcosa, è proprio quello che vedo che mi agghiaccia. Domenica ho visto un po’ di Cremona-Venezia. Ho guardato con piacere l’avvio, perché Cremona giocava veramente molto bene con uno mai visto prima che sembrava Charlie Caglieris con molto più tiro, un tale Denegri, e Cremona è andata avanti anche nettamente. Poi ho visto la panchina che ha cominciato a fare i soliti cambi moderni che sono filosoficamente all’esatto opposto di quello che io intendo per cambi. Per la cronaca io sono ancora della scuola antidiluviana che prevede che uno stia in campo fino a che gioca bene e va in panchina solo quando respira con le branchie, mentre chi gioca male o non fa quanto andrebbe fatto va in panchina sparato alla prima occasione. E dopo questi cambi che prevedevano l’entrata dei soliti americani da sbarco totalmente casinisti dei quali pullula il nostro campionato il gioco di Cremona è andato totalmente a escort e Venezia (ma cosa hanno Spissu e De Nicolao? Sembrano i loro gemelli sfigati – almeno De Nicolao ha un fratello anche lui molto bravo, ma non sapevo che ne avesse un terzo incapace) è potuta ritornare in partita grazie alle prodezze (?) di quel wrestler che ha sbagliato sport di nome Tucker. Poi è finita come doveva finire, nel senso che hanno vinto quelli che nella lotteria di minchiate a caso ne hanno fatta una in meno rispetto agli avversari, ma non è questo il punto. Il punto è che vedo gente che gioca in Serie A e semplicemente non sa giocare a basket. Non sanno palleggiare, non hanno la minima idea di cosa sia la tecnica di passaggio, non hanno la minima idea di come ci si smarchi, per non parlare dei tempi di taglio che sono già roba sofisticata che questi neanche sanno che esiste. E in questo primeggiano i famosi americani che uno si chiede perché mai li prendano, quando, tanto per dire, in Europa, leggi paesi baltici, Balcani, Georgia, anche Germania e Finlandia ce n’è a bizzeffe di gente con molta più tecnica e conoscenza cestistica. Non solo, ma mi chiedo perché giochino loro e gli altri stiano in panchina. E poi vedo gente come Denegri, giocatori veri di basket di cui non avevo la minima idea che esistesse, che dall’alto del suo soldo di cacio decide la partita prendendo per i fondelli tutti gli avversari come e quando voleva. La domanda è: quanti Denegri esistono in Italia che nessuno fa giocare? Secondo me molti di più di quanto non crediamo. E perché non giocano? Chiedetelo ai coach. Se volete sapere la vera piaga purulenta del basket italiano sono a mio avviso in questo momento proprio loro.

E poi c’è l’NBA. Stamattina ho aperto il sito della TV slovena per vedere cosa ha fatto stanotte Dončić. La sezione sportiva del sito è fatta in modo eccellente e ogni giorno riporta un’ampia sintesi delle partite dell’NBA con commenti, tabellini e classifiche complete. E in più ha i link per accedere ai highlights delle varie partite giocate nella notte, per cui, dopo aver visto la tripla doppia di routine di Luka che testimonia sempre più della verità del detto che nella terra dei ciechi gli orbi comandano, ho letto i commenti e ho scoperto che San Antonio, dopo una serie interminabile di sconfitte, ha battuto in casa a gran sorpresa Sacramento, in piena lotta per i playoff, malgrado (???) l’assenza per infortunio della sua superstella Wenbanyama. E ho riso per dieci minuti. Chissà come, guarda un po’ il caso, mi sono detto. Manca la superstella e vincono. Incredibile.

Per tutte le ragioni elencate sopra tutto quanto avevo da dire sul basket l’ho detto. Avvertimento: d’ora in poi scriverò di tutto altro, per cui gli appassionati di basket possono andare da qualche altra parte. E in più parlerò di cose che hanno appassionato e anche commosso me, ma che so che alla massima parte di quelli che mi leggono non importano affatto, per cui siete avvertiti.

Comincio con il ciclismo e con Tadej Pogačar. Penso che sappiate che ha partecipato al Giro di Catalogna vincendo 4 tappe su 7 (più un secondo posto), l’ultima addirittura in una volata di gruppo e dimostrando una superiorità imbarazzante. Ma non è questo che voglio celebrare. A me interessa molto più un aneddoto che lo riguarda e che secondo me definisce perfettamente tutte le sue coordinate di straordinario campione, Allora: sabato corre la Sanremo e arriva terzo. Detto di sfuggita secondo me è l’unico monumento che, per quanto si sforzi, non riuscirà mai a vincere a meno di trasformarsi per magia in Matej Mohorič una volta arrivato in cima al Poggio. Domenica c’è la trasferta in Catalogna per il Giro che parte il giorno dopo da una località a circa 150 km da Barcellona. Parte la domenica mattina, sbarca in aeroporto e un addetto dell’organizzazione gli indica il tassì che lo avrebbe portato alla città sede di partenza. “No, grazie, il tassì non ci serve. Io e Domen (Novak, suo gregario e connazionale) ci andiamo in bici”. E dire che dopo la Sanremo avrebbero avuto tutto il diritto di sentirsi stanchini, come avrebbe detto Forrest Gump. I due partono, si godono il paesaggio, si fermano a mangiare in una trattoria per strada chiacchierando con la gente e firmando autografi e poi, dopo la salutare sgambata, arrivano nel pomeriggio a destinazione. Ecco, pensando che stiamo parlando del corridore meglio pagato al mondo, proprio questo è ciò che lo rende campione. Semplicemente lui gode sempre e comunque ad andare in bici, e dunque ne consegue che sempre e comunque si diverte a correre, volendo ovviamente sempre vincere. In tutto questo panorama i soldi non c’entrano, c’entra il piacere, la determinazione, la voglia di essere sempre il migliore, per cui lavora come un invasato proprio per poter emergere e affermarsi prima di tutto nei confronti di se stesso. Tanto per dire: ora delle classiche del nord farà solo la Liegi e non ci vuole molto per capire che vuole togliersi qualche masso dalle scarpe dopo la caduta dell’anno scorso che gli ha pregiudicato il Tour, ma soprattutto gli ha impedito di vincere la corsa, poi vinta da quello che sicuramente Pogi considera un semplice usurpatore, anche se si chiama Evenepoel. Paragoni con Sinner? Tutti quelli che volete. I due sembrano fatti esattamente della stessa pasta.

E poi c’è stata Planica. So che è difficilissimo spiegare a un pubblico italiano cosa possa significare per gli sloveni, ma ci provo. Planica è semplicemente il tempio dello sport nazionale sloveno, un po’ come Wembley, Twickenham o l’Oval per gli inglesi, per cui tutto quello che vi si svolge è ammantato quasi di un’aura mistica, visto che la folla che ci viene per le gare viene sì per vedere “anche” le gare, ma soprattutto per fare festa, direi per celebrare un rito. E quest’anno il rito è stato doppio con la celebrazione della più famosa e ormai in Slovenia leggendaria famiglia di sportivi, quella dei Prevc. Era l’ultima tappa di una lunga e gloriosa carriera, farcita da una Coppa del mondo, una tournee dei 4 trampolini e quattro medaglie olimpiche, di cui due ori, di Peter, il primogenito della famiglia, da sempre votata ai salti con gli sci (il nonno era stato subito dopo la guerra il costruttore del trampolino del paese natale della famiglia), per cui era già pronta la festa. I Prevc l’hanno resa memorabile: si è cominciato giovedì con la ratifica della conquista della Coppa del mondo femminile da parte della quartogenita e prima figlia femmina, Nika, dominatrice della stagione a soli 19 anni dopo una straordinaria carriera a livello giovanile, poi venerdì, forse aiutato da qualche forza esterna molto potente, la prima gara di volo l’ha vinta nientemeno che lo stesso Peter davanti all’austriaco Huber, il dominatore di questa parte della stagione, cosa confermata dai suoi due pazzeschi voli a fondo valle nella gara di domenica (il secondo da due stanghe di partenza più basse, dunque con meno velocità allo stacco dal dente rispetto alla concorrenza). Poi, dopo che sabato Peter e il terzo dei fratelli, Domen, avevano fatto secondi dietro all’Austria nella gara a squadre, domenica dietro all’imbattibile Huber è arrivato proprio Domen con Peter “appena” sesto. Ad attenderli sullo spiazzale d’ arrivo c’ era tutta la famiglia: papà e mamma, il secondo dei fratelli, Cene, che prima di ritirarsi per ragioni di studio ha avuto anche lui l’occasione di portarsi a casa un argento olimpico, ovviamente Nika e poi l’ultima nata, Ema, l’unica della famiglia che non pratica il salto e che farà nella vita altre cose. E’ stato bellissimo quando Peter è salito sul podio con i due figli e la moglie accanto per l’ultimo saluto alla sua folla adorante e devo dire che mi sono commosso. Poi di sera c’è stato il gala con Peter che è stato intervistato a lungo dall’ ex Presidente sloveno Borut Pahor, suo grandissimo tifoso. Per dire di cosa siano i salti in Slovenia e  Polonia. L’anno scorso, alla premiazione per il podio di Coppa del mondo (a proposito, quest’anno ha vinto il dominatore della stagione, l’austriaco Stefan Kraft), il terzo classificato, lo sloveno Anže Lanišek, ha mostrato alla folla una grande foto del polacco David Kubacki, che era stato in lotta per il podio per tutta la stagione, salvo poi aver dovuto saltare per infortunio le ultime gare promuovendo, appunto, Lanišek al terzo gradino del podio. Ebbene quest’anno, proprio in concomitanza con le gare di Planica, c’è stata la visita di stato del Presidente polacco in Slovenia. Il quale ha voluto celebrare il gesto sportivo del saltatore sloveno organizzando un ricevimento in ambasciata nel quale ha consegnato a Lanišek un’alta onorificenza dello stato polacco. Tutto questo sono sicuro che sembri incredibile allo sportivo medio italiano, per il quale i salti con gli sci sono poco più di una curiosità. Ebbene, in altre parti del mondo non è così.

A proposito di fratelli e anche per tornare un po’ al basket, stasera ho visto nel TG sportivo sloveno un’intervista alla capitana della nazionale di basket Teja Oblak, alle prese con una lunga riabilitazione dopo una delicata operazione al ginocchio che le impedirà di giocare con la sua squadra di Praga le finali dell’Eurolega femminile. E mi è subito venuta in mente una domanda per il nostro Stefano, a cui piacciono molto questi quiz. Esiste al mondo un’altra coppia di fratelli che siano ambedue contemporaneamente capitani delle nazionali del loro paese nei due sport più praticati al globo, il calcio e il basket? Come forse, anzi sicuramente, sapranno i tifosi dell’Inter il fratello minore di Teja, Jan, è il portiere dell’Atletico Madrid e capitano della nazionale slovena dopo il ritiro di Samir Handanović. Fra l’altro anche lo stesso Jan sarebbe potuto essere un ottimo giocatore di basket. Esisteva un video su YouTube girato anni fa nel suo giardino a Madrid da Antoine Griezmann, tifoso sfegatato di basket, tanto da avere in giardino un campo in piena regola sul quale si sfoga inanellando serie impressionanti di tiri da tre segnati. E infatti Griezmann, dopo aver eliminato l’Inter in Champions’, il giorno dopo è stato inquadrato in tribuna addirittura a Vitoria a vedere il Baskonia contro Milano. In questo video c’erano i suoi due amici Luka Dončić e Jan Oblak con Luka che faceva un alley oop per Jan che schiacciava al volo con la testa quasi sul ferro. Per dire: spesso dimentichiamo che anche nel calcio, per giocare ai massimi livelli, bisogna essere grandissimi atleti.