Visti i playoff di Eurolega, tutto sembra indicare che qualsiasi risultato che non fosse la vittoria del Real sarebbe una sorpresa clamorosa. Onestamente non vedo punti deboli. Hanno Campazzo, il Chacho e Llull addirittura come ultima risorsa in regia, hanno sul perimetro gente come Deck, Yabusele, Musa, il vecchio Rudy e addirittura Hezonja che incredibilmente in questo tipo di struttura può essere utile, sotto canestro c’è l’arma totale Tavares e quello che il sottoscritto vorrebbe come primissima scelta nel ruolo in una qualsiasi squadra che fosse chiamato a assemblare, e cioè Poirier. Uno da vedere brutto come la fame, ma che in difesa è più che tosto, ma che soprattutto in attacco ha la dote che sempre il sottoscritto apprezza di più in un centro, e cioè la capacità di sapere sempre come e soprattutto quando tagliare a canestro.

Sto scrivendo questo post prima delle partite decisive per le Final Four di questa settimana, per cui non posso né voglio fare commenti particolarmente articolati, in quanto quando lo leggerete probabilmente si sapranno già le squadre che vi prenderanno parte. Vorrei comunque fare qualche considerazione di tipo generale. La prima cosa che mi va di dire è che sono abbastanza favorevolmente sorpreso dalla qualità del basket che ho visto, soprattutto paragonandolo a quanto si vede nell’NBA. Detto di sfuggita, e scusate il bisticcio di parole, mi sfuggono le ragioni dei vostri commenti tutto sommato molto lusinghieri nei confronti di quanto si vede laggiù. In realtà non vedo una squadra che giochi, detto in breve, il basket come penso io che vada giocato e che vedo invece con piacere giocato nell’Eurolega. In sostanza la cosa che mi è piaciuta di più è che quasi tutte le squadre cercano strategicamente di aprire la scatola prima di tutto, provando a giocare il più possibile sotto coinvolgendo i lunghi e i semilunghi con tagli sotto canestro per muovere le difese, e solamente dopo cominciano i passaggi perimetrali per trovare l’uomo meglio piazzato per il tiro da tre. Come ho detto più volte non ho niente contro il tiro da tre: lo hanno introdotto e dunque sarebbe stupido non approfittarne. La cosa fondamentale rimane però secondo me che il tiro da tre rimanga un’arma tattica da usare verso la fine dell’attacco, quando dopo aver mosso le difese il tiratore possa essere effettivamente solo per prendere essenzialmente meglio la mira e avere tutto il tempo necessario per tirare come si deve. Un tiro preso così è sicuramente un buon tiro e non ho nulla in contrario che venga preso. La cosa che non sopporto e che è alla base di tutto il gioco NBA è che il tiro da tre sia un’arma strategica, sia cioè la prima soluzione da cercare sempre e comunque. E’ una questione sottilmente filosofica se volete, ma per me fa tutta la differenza del mondo. Un’altra cosa che mi piace di quanto vedo nell’Eurolega è che tante squadre stanno cominciando a sfruttare meglio la zona assolutamente nevralgica del campo, e cioè, detto in breve, il cerchio attorno alla linea del tiro libero. Se c’è una cosa che mi manda in bestia è vedere qualcuno che magari taglia sì in lunetta, ma quando riceve la palla non guarda neanche il canestro e quasi automaticamente la ripassa fuori a uno che è magari sì solo, ma a nove metri dal canestro. Maledizione! Sulla linea del tiro libero sei a 4 metri e 40 dal centro del canestro, sei su una linea ampiamente memorizzata che ti permette di tirare quasi in automatico, per cui uno che riceve la palla in lunetta ed è solo deve, tassativamente deve, tirare a canestro un libero che invece di un punto ne vale due. Se è proprio solo può fare addirittura un passo verso il canestro e tirare un facile tiretto centrale dai tre metri che ogni professionista che vive di basket dovrebbe saper segnare a occhi chiusi con una mano legata dietro alla schiena. E infatti un’altra cosa che mi manda in bestia è quando sento uno dei telecronisti new age che proclama che si tratta di un tiro difficile che è facile sbagliare. Chiunque abbia mai giocato in un campetto, magari prima che esistesse la linea dei tre punti, sa invece che farebbe carte false per poter fare un tiro del genere che è nulla di meno e nulla di più di un layup. Tanto per dire uno degli esercizi di routine che il sottoscritto faceva fare ai suoi giocatori a mo’ di riscaldamento era il classico due file, ma serrate con i giocatori che a turno prendono posizione sui due gomiti, fanno un rapidissimo dai e vai con il corrispettivo dell’altra fila, sulla ricezione si arrestano e fanno un tiretto veloce cambiando sempre la modalità di tiro, dal floater al tiro morbido sul primo ferro per l’inevitabile rimbalzo verso il canestro, alla tabellata violenta al centro del quadrato dipinto sul tabellone. Dieci, quindici minuti di questo esercizio in riscaldamento e gli automatismi arrivano molto presto. Tornando al tema la ricezione in lunetta, sempre che il ricevitore si giri verso il canestro rendendosi pericoloso, è fra l’altro cruciale per la difesa che deve decidere in una frazione chi va a chiudere. E in dipendenza da quello che fa la difesa l’attacco ha tutta una serie di scelte, dal tiro immediato ad un’azione di alto-basso, da un taglio backdoor ad un facile passaggio fuori per un indisturbato tiro da tre.

In questa ottica e, ripeto, scrivo prima di sapere come è andata a finire, per cui poi prendetemi in giro pure, ma rimarrò comunque della mia idea, il mio coach di questi playoff è senza ombra di dubbio Oded Katash. Oddio, quando è serio sembra fatto e finito un colonnello dello Shin Bet che annuncia la prossima distruzione di case e ospedali a Gaza, ma in fatto di basket bisogna lasciarlo stare. Comunque vada a finire il mio Oscar per i coach va a lui. Una piccola domanda a Manuel: dove ha letto che la Slovenia avrebbe naturalizzato Nebo, visto che nessun medium sloveno ne ha parlato? Non sarebbe male se fosse vero, anzi, in quanto è uno dei giocatori che mi è piaciuto di più, visto come sa mettere al servizio della squadra tutte le sue straordinarie doti fisiche. Fra l’altro sarebbe perfetto per la Slovenia: il suo cognome, letto come scritto, in sloveno significa niente meno che “cielo”, perfetto per uno salta verso altezze siderali.

Parlando ancora di coach non ne vedo nessuno che non meriti la sufficienza se non forse Grimau, ma in questo caso bisogna prendere in considerazione che gli hanno appioppato la polpetta avvelenata di Rubio, uno che, per quanto si sforzi e tenti di fare le cose giuste (su questo niente da dire, l’uomo ha provato in tutti i modi a inserirsi nel modo migliore), pur tuttavia il suo inserimento ha sbalestrato tutti i meccanismi di squadra praticamente facendo deragliare l’anima ceca della squadra con Satoranjski che non sa più cosa si vuole da lui e Vesely che è praticamente sparito dalla scena. Per non parlare dei vari Jokubaitis, Brizuela eccetera che sembrano anime perse. Lo stesso Laprovittola sembra spento, insomma il Barcellona è forse la squadra più sottoperformante in questo periodo rispetto ai valori che potrebbe esprimere, ma onestamente a Grimau mi sento di rimproverare solamente la mancanza di personalità, cosa abbastanza normale del resto, visto come è stato paracadutato alla guida di una squadra di stelle. Attenzione! Grimau è per me un grande prospetto in panchina. Ha le stimmate giuste: giocatore senza nessun tipo di particolari doti fisiche, ma molto intelligente e sempre presente sul pezzo, utilissimo ogni volta che veniva impiegato per quello che sapeva fare. Per me questo è l’identikit perfetto per uno che voglia a fine carriera agonistica fare l’allenatore ai massimi vertici.

Un altro che secondo me non ha convinto del tutto, e mi dispiace dirlo per il grande rispetto che nutro nei suoi confronti, è Jasikievičius. Il Fenerbahce mi ricorda un po’ Milano: non riesco a capire cosa in realtà voglia fare e quale sia la filosofia di base della squadra. I giocatori sono bravi, ma per esempio non sono ancora riuscito a capire quale sia il vero ruolo di Gudurić. E’ un go-to-guy sempre e comunque o un terminale d’attacco in momenti ben precisi? E cosa dovrebbe fare? Penetrare e segnare, o scaricare, oppure ricercare il tiro da tre da costruirsi da solo per i momenti chiave? Boh! Per Wilbekin si potrebbe fare esattamente lo stesso discorso. C’è una cosa che comunque del Fener mi piace politicamente: in una squadra della parte asiatica della Turchia i due giocatori chiave, Calathes e Papagiannis, sono due greci, fino a pochi anni fa nemici giurati e reciproci dei turchi. Se mi permettete una piccola digressione i due greci che ho nella famiglia allargata (i figli di mia co-cognata) mi assicurano che oggigiorno in Turchia i ragazzi che vanno a fare il servizio di leva, quando sono assegnati al presidio dell’una volta temutissimo confine con la Grecia, organizzano una mega festa pagando da bere a tutti, avendo così evitato di andare a fare il servizio dove veramente sono volatili senza zucchero, leggi confine con la Siria, o l’Iraq, o l’Armenia, il tutto in pieno Kurdistan dove non sono visti proprio di buon occhio.

Il discorso a questo punto cade sul turco alla guida della squadra greca del Panathinaikos. Niente da dire: il buon Ataman sa il fatto suo e l’ha dimostrato milioni di volte e dunque solo tanto di cappello e comunque vada (o per meglio dire sia andata) a finire la serie contro il Maccabi, dal mio punto di vista è stato il miglior basket che abbia visto in assoluto in questi ultimi anni con due squadre vere, che sanno cosa vogliono e provano a farlo sempre e comunque.

Tornando al Fener un’altra cosa che mi fa un po’ dubitare del buon Jasi è il fatto che secondo me la serie contro il Monaco, squadra che reputo inferiore ai turchi, avrebbe dovuto a questo punto già essere finita. Il Monaco è squadra che vive delle prodezze e contemporanee sciaguratezze dei giocatori che i più proclamano di talento, ma che nella mia concezione tutto avranno meno che talento come lo intendo io. Ovviamente Mike James è in cima a questa lista e onestamente mi darebbe molto fastidio se una squadra che comprende anche lui andasse alle Final Four, perché vorrebbe dire che il basket vero è sempre più sul letto di morte. Concretamente: in una partita punto a punto la squadra di James non dovrebbe poter mai poter vincere. Intanto non difende e poi in attacco fa quello che vuole lui: può anche segnare la tripla della vittoria a Istanbul (dopo però essere stato nullo per tutto il match, salvato sostanzialmente da Okobo da solo), ma dovrebbe comunque valere il principio che comunque le stupidaggini che produce con il suo gioco solipsistico dovrebbero bastare e avanzare per far vincere la squadra avversaria. E anche in gara quattro sarebbe dovuta andare così se solo il Fener avesse giocato in modo umano gli ultimi minuti. Cosa che non ha fatto e ha perso. Bisogna comunque spezzare una lancia in favore di coach Obradović: dà la netta impressione di sapere bene qual’è il vero problema della sua squadra e cerca di porvi rimedio con cambi che dal mio punto di vista sono oculati, soprattutto nel senso che non danno nell’occhio degli adoratori dello spettacolo fine a se stesso prodotto da quelli “di talento”. Per cui attenzione! L’uomo non è per niente stupido.

Finisco con Bartzokas per il quale ho pianto calde lacrime quando l’arbitro con il taglio dei capelli “a scodella”, come diciamo a Trieste (scodella rovesciata in testa e taglio a zero tutto attorno), ha assegnato quei tre assurdi tiri liberi al Barcellona che hanno deciso il supplementare al Pireo. Ho sentito commenti che erano sacrosanti. Ma fatemi il piacere! Quello del Barcellona si è tuffato in avanti alla ricerca del fallo, non lo ha trovato, almeno secondo me perché non ho visto tocchi sul gomito, ma gli hanno dato lo stesso tre tiri. Bartzokas mi ha fatto pena: fossi stato ai miei eroici tempi al suo posto avrei finito la tosatura del cranio dell’arbitro togliendogli lo scalpo e poi l’avrei scaraventato nell’Egeo. Non si fanno queste cose in partite così importanti. Fate loro giocare un sacrosanto secondo supplementare e vediamo chi vince onestamente. E’ solo ovvio che farò tutte le macumbe necessarie perché possa vincere a Barcellona. Se lo meriterebbe ampiamente.