Jumaine Jones in maglia Cavs (Photo by: Andrew D. Bernstein/NBAE/Getty Images)

Jumaine Jones in maglia Cavs (Photo by: Andrew D. Bernstein/NBAE/Getty Images)

“So many highlights, so many experiences, so many miles traveled, so many people in and out of my life through this game. Like they say, all good things come to an end. I’m first to say that I am truly blessed to do something I loved for 15 years professionally. No one could have told me growing up in the small town of Cocoa, Fla that I would have gotten a scholarship to play ball at a division one university. No one could have told me that I would be drafted in the first round of the NBA draft and spend 8 years at that highest level of the sport I loved. No one could have told me that I would have the opportunity to play a critical role on a team that played for a NBA championship while over a million people watched. No one could have told me that I would be blessed to be able to represent my country and bring home a gold medal. Never as a kid that grew up in chocolate city would I thought that I would travel the world and experience different cultures and actually see things I only seen in books. My first love was the game and I would like to thank everyone that supported me throughout the years and a special thanks to those that hated on me, because you played a big role in my success. Yes, it’s official. I am hanging up my shoes. Much love to the game”.

Quello che vedete pubblicato è il testamento morale di uno dei giocatori di pallacanestro nati nella terra di George Washington, Abramo Lincoln e James Naismith. Magari uno dei tanti passati nel mondo luccicante della massima lega cestistica, ma uno di quelli che in Italia passa una volta ogni decina d’anni. Si ritira a 35 anni suonati Jumaine Jones, giocatore disarmante nella sua bellezza tecnica che da quando ha deciso di sbarcare in Europa non ha fatto altro che strappare applausi, da compagni, tifosi ed avversari. Pino Sacripanti, suo allenatore a Caserta, ha solo parole di elogio per lui: “Per quanto ho vissuto Jumaine nei due anni a Caserta, ho ricordi bellissimi su di lui. È un ragazzo sempre allegro, che non aveva altro amore che per il gioco, con cui si divertiva ogni giorno, e la competizione in sé. Il suo era un talento fuori dal comune, poteva tirare da qualsiasi distanza. E oltretutto, aveva una sopportazione del dolore altissima: non l’ho mai visto fermarsi per una botta subita. Un ragazzo speciale, diverso dagli americani spocchiosi che vengono in Europa a ricoprirsi d’oro; e proprio per questo il suo palmarès non rispecchia la sua grandezza.

Nativo della Florida, precisamente di Cocoa Beach, il giovane Jumaine Lanard (sì, è il suo secondo nome) inizia a far parlare di sé in Georgia; ad accoglierlo è Camilla, cittadina minuscola che fa poco più di 5000 anime. Nell’high school di Mitchell-Baker fa vedere che con la palla a spicchi ci sa fare eccome, guadagnandosi il soprannome che lo ha contraddistinto, “Thrilla from Camilla”. Continuare a credere nel grande sogno è d’obbligo, e per farlo non si sposta di molto: solo 350 chilometri per la University of Georgia con sede ad Athens, nei suoi due anni in Southeastern Conference domina letteralmente e riesce ad emulare un certo Dominique Wilkins con più di mille punti segnati nelle sue stagioni di militanza, grazie anche ad una percentuale da tre punti che flirta con il 50%. L’NBA non può non accorgersi di questo 2.03 che tira da tre punti con una naturalezza incredibile; Jones viene scelto al Draft 1999 dagli Atlanta Hawks, ma viene immediatamente ceduto ai Philadelphia 76ers, la squadra con cui farà il suo ingresso nella lega dei giganti e in cui durerà molto di più di nomi che lo hanno preceduto (Vonteego Cummings, Tim James, William Avery, Quincy Lewis) o di chi non è mai entrato (“In your Weis” vi dice qualcosa?). Nella città dell’amore fraterno non gioca molto, ma si toglie l’enorme soddisfazione di disputare le Finali NBA del 2001, partendo anche in quintetto in più di un’occasione ma lasciando il grosso del lavoro a colui che aveva trascinato quella squadra all’ultimo atto, Allen Iverson, che in solitaria non riuscì a sovvertire il pronostico. Inizia il suo peregrinare per l’America: due anni nella Cleveland pre-Lebron James in cui dà una mano con  il suo tiro, per poi passare a Boston dove non incide, ai Los Angeles Lakers dove spalleggia Kobe Bryant, agli Charlotte Bobcats in cui tocca la doppia cifra di media e fa registrare il suo career-high (31 punti il 2 febbraio 2006 proprio contro i Lakers), per chiudere con la NBA con i Phoenix Suns.

Dopo essere stato tagliato dai Nets nell’ottobre 2007, JJ decide di sbarcare in Europa, offrendo i suoi servigi alla Eldo Napoli, l’ultima della gestione Maione: giocando da 4 che apre il campo con il suo tiro mortifero incanta, con quasi 18 punti e 8,4 rimbalzi di media trascina i partenopei ad una comoda salvezza che non potrà essere rispettata per inadempienze finanziarie. Per la stagione successiva Milano vuole lui per spezzare il dominio della Montepaschi Siena, ma Jumaine cade in una ingenuità firmando il contratto sia con le scarpette rosse che con i russi dell’Ural Great Perm: squalifica di un anno immediata, che poi decorrerà, ma forse “Thrilla” perde la vera occasione di giocare per vincere qualcosa di realmente importante. La Russia lo riabbraccia senza remore, al termine della stagione va a svernare in Puertorico, a Guaynabo, lì dove di solito si guadagnano soldi facili in un facile campionato.

Jumaine Jones, MVP della Lega Balcanica (Fonte balkanleague.net)

Jumaine Jones, MVP della Lega Balcanica (Fonte balkanleague.net)

A dargli una seconda possibilità è Claudio Coldebella, o meglio la Pepsi Caserta, al secondo anno in massima serie e con Pino Sacripanti in panchina. Quella bianconera è una squadra costruita per navigare in acque tranquille, con giocatori novizi del campionato come Ebi Ere, Tim Bowers, Aaron Doornekamp e Lukasz Koszarek, i veterani Fabio Di Bella ed Andrea Michelori e l’estro di Jumaine ad impreziosire il tutto. Ma va tutto oltre le più rosee aspettative, non solo Jumaine ma tutti i citati fanno pentole e coperchi, divertendo il Palamaggiò e divertendosi, la Juve chiude il campionato al secondo posto. Nei playoff risalta tutta la stella di “Thrilla from Camilla”: domina la serie con Roma in costante doppia doppia e chiudendo la pratica in gara 3, quando il Palalottomatica non poteva fare altro che applaudire il numero 33 che segnava anche dal parcheggio; in semifinale c’è Milano, il suo rendimento si abbassa ma nessuno dimenticherà la sua tripla di puro talento, fuori equilibrio al Forum di Assago nella terza partita della serie in cui mandò la sua Juve avanti 2-1, con la finale ad un passo. Forse Jones era memore di quella finale NBA in cui Allen I non riuscì a scalare Mount Shaq, ma nemmeno in questo caso Davide ha la meglio: Milano recupera e va in finale in cinque combattutissime gare. Le offerte per il nativo di Cocoa sarebbero tantissime, ma nemmeno le ascolta, voglioso di provare ad accedere in Eurolega con la Juve. L’obiettivo fallirà dopo la doppia sconfitta con la corazzata Khimki, ma è comunque Eurocup dove si arriva ad un passo dalla Final Four, negata dall’Unics Kazan di Pashutin e Lampe che trionferà a Treviso. Jumaine lascia così la città della Reggia dopo avergli fatto vivere gli anni migliori del post-fallimento e resta in Italia, con il progetto intrigante della Scavolini Pesaro, con James “The Flight” White al suo fianco: il 33 incanta ancora in ogni palazzetto, ma i suoi desideri di vittoria si interrompono di nuovo in semifinale, di nuovo contro Milano. L’avventura italiana finisce qui, ma Jumaine ha ancora il tempo di sparare le ultime cartucce: quattro gare in Israele al Bnei HaSharon con 73 punti segnati, poi la fuga ed il ritorno a Guaynabo; l’ultimo anno è invece in Bulgaria, al Levski Sofia, dove vince campionato, coppa di Bulgaria e Lega Balcanica oltre al titolo di MVP di quest’ultima. Un triplete che impreziosisce la carriera di “Thrilla from Camilla” e ne riempie il palmarès, perché questi tre sono gli unici trofei della sua bacheca. Ma Jumaine Jones era un campione che, prima di tutto, amava il gioco, come dimostrano le sue parole di commiato su Facebook; un campione che amava essere dalla parte di Davide per poter abbattere il gigante Golia.