Ancora “on the road” Dailybasket.it, per farvi vivere e raccontare le emozioni del basket europeo. Questa settimana il nostro Matteo Ferrari era ad Atene ed ha assistito ad un evento storico, i 1000 assist in Eurolega di Diamantidis. Ecco il suo racconto del viaggio ad Atene, le sue impressioni e le sue emozioni.
L’Acropoli di Atene, simbolo della cultura ellenica e di Atene (foto di Matteo Ferrari)
ATENE – Ci sono molti parallelismi che si snodano tra le vie di Atene, mille contraddizioni che animano la capitale greca, divisa tra il ricordo di un passato glorioso ed un presente che ha il volto stanco e rassegnato ma il cuore colmo di senso di appartenenza. L’unica via d’uscita per questo pezzo di storia che, metaforicamente e non, alla storia ha consegnato pilastri sui quali ergere i propri architrave, è quell’orgoglio ellenico che così nella società come nella pallacanestro fa di Atene, nonostante tutto, un costante punto di riferimento.
Nonostante tutto, ad Atene la vita va avanti sperando che il futuro porti qualcosa di buono
Gli Ateniesi hanno la testa rivolta all’Acropoli, memento costante di un passato glorioso, e i piedi impantanati nelle vie trasandate di un presente difficile. Allo stesso modo, Panathinaikos e Olympiacos, con le dovute proporzioni, guardano in alto, ai vessilli che ne hanno segnato la storia, ritrovandosi in un presente di ridimensionamento dal quale solo la fucina di talenti greca li sta salvando. La pallacanestro è qui più che altrove, un’eccellenza cui si lega quel senso di appartenenza che si respira nitido nelle vie che conducono all’O.A.K.A. e al Peace and Friendship e si sublima al loro interno. E’ la rivendicazione, una tra tante, di quello spirito che rende le greche, nonostante tutto, formazioni con le quali necessariamente bisogna fare i conti se si pensa di arrivare fino in fondo. Entrare negli infernali palazzetti ateniesi induce, giocoforza, ad una presa di coscienza.
Sotto le volte dell O.A.K.A. la storia del basket ellenico ed europeo
Il villaggio olimpico è un’oasi nel deserto che, lentamente, deperisce, ma regala ancora gemme di memoria, più o meno recenti, tali da credere che da un momento all’altro possano riemergere Fidippide, Alcibiade o Spiridon Louis tanto è il pathos che vi si respira. L’ingresso all’O.A.K.A, più complicato del previsto dato che i gate non sono segnalati e le guardie si sono rimbalzate a vicenda le indicazioni, regala un tuffo al cuore ma nella sostanza c’è poco di quella solennità che ci si attenderebbe. C’è poca attenzione per il profilo mediatico che il Panathinaikos ha (nessuna segnalazione in merito a conferenza stampa, zona mista o altro) tanto che la connessione wi-fi (esempio) viene impostata a mano, pc per pc, dall’addetto stampa per non rivelare la password.
La solita accoglienza da brividi per Zelimir Odìbradovic
Poi arriva la partita e, un po’ come il Partenone, tutto si dimentica dietro all’immensità del monumento Panathinaikos e del leggendario Gate 13, il gruppo Ultra che segue ogni disciplina dei verdi dando vita ad uno spettacolo nello spettacolo. L’atmosfera diventa surreale, la partita rispecchia esattamente i tratti delineati sopra. Il Panathinaikos ha probabilmente meno talento diffuso del Fenerbache, ma vive il basket come una filosofia (non potrebbe essere diversamente ad Atene) mentre i gialloblù lo interpretano come un gioco, un lavoro, al più. Diamantidis scrive la storia e su Obradovic grandinano triple, quasi a ricordargli che chi cerca nuova gloria deve sempre fare i conti con quella che ha contribuito ad accrescere.
Le luci si spengono mentre gli ultimi cori rieccheggiano nell’O.A.K.A. che riposa dopo l’ennesima impresa. C’è una via d’uscita da questa recessione ed è quel credo ancora incontaminato di una nuova generazione che nella pallacanestro, così come nella società, si spera, ha radici profonde e gambe solide per spingersi fuori dalla palude e tendere nuovamente all’Acropoli.
Nel video l’incredibile e incessante sostegno del gruppo Gate13 durante la partita.
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