La prima da avversario di LeBron James, dopo le 4 Finali consecutive e i 2 titoli vinti, contro Miami non poteva passare inosservata. E’ preseason, certo, ed il risultato conta fino ad un certo punto, così come l’attesa e l’impatto mediatico dell’evento non sono stati neanche paragonabili con quello che accadrà alla vigilia del primo scontro “vero”, che la NBA consegnerà ai suoi tifosi il giorno di Natale. Ma il fatto di aver giocato in Brasile, su un palcoscenico nuovo come quello della HSBC Arena di Rio de Janeiro, pieno di tutti i 15411 spettatori che può ospitare, non l’ha resa certo una normale partita di preseason.

Il risultato, a questo punto dell’anno, conta poco, ma Cleveland la gara l’ha dominata a lungo, ha rischiato di perderla nel finale quando in campo c’erano di fatto i “terzi quintetti”, ma l’ha vinta (122-119) in overtime quando gli stessi che l’avevano compromessa hanno tirato fuori le zampate vincenti.

Se la maggiore ovazione all’ingresso in campo è stata, ovviamente, per l’idolo di casa Anderson Varejao, molti sguardi si sono poi spostati su LeBron James, per scoprire la portata di una possibile rivalità con i suoi ex compagni, che le dichiarazioni di Chris Bosh avevano dato l’impressione di voler accendere. Invece, i toni sono rimasti bassi da entrambe le parti, i saluti in campo sono stati abbastanza distaccati, ma James ha precisato di non portare nessuna cattiva sensazione verso gli Heat ma solo i ricordi delle tante esperienze vissute con quella maglia, Wade ha sostanzialmente confermato le stesse cose e, come Spoelstra, ha riconosciuto la stranezza di trovare LBJ da avversario.

Il più determinato a voler guardare avanti è sembrato Bosh, che ha certamente beneficiato sul piano economico della partenza di James e alla vigilia non aveva evitato di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, manifestando una “convivenza” tecnica con il “King” che gli era costata parecchi sacrifici e, in un certo senso, avvisando Kevin Love di quello – di negativo – che potrebbe trovare. L’ala di Cleveland non ha fatto una piega, anzi per l’occasione ha risposto con una prova di grande solidità ed efficacia in attacco.

La partita era solo di preseason, la condizione fisica dei protagonisti è ancora migliorabile, dunque l’intensità e l’applicazione difensiva non sono state esattamente da playoffs. Ma qualche indicazione interessante è comunque emersa.

  1. L’attacco dei Cavaliers, sulla carta la favorita ad est, può essere davvero difficile da contenere. Un dimagrito James giocherà di più sul perimetro, dove la presenza di un giocatore come Kevin Love, in grado di tirare da fuori come di mettere la palla per terra, può aprire qualunque difesa. L’ex-Timberwolves ha piazzato una prova da 25 punti che dicono già molto del suo potenziale anche in questo contesto. Lasciati in uno contro uno, poi, anche attaccanti non eccezionali come Varejao possono fare male (16).
  2. LeBron James, vistosamente a corto di condizione (come dimostra il video, ha anche piazzato un blocco per l’ex compagno Norris Cole…), sta tirando male in preseason (6/19 dopo due gare) e continua a non trovare il ritmo. Lui dice, ovviamente, di non preoccuparsi, ma francamente alcuni errori non paiono proprio bellissimi. E’ il caso soprattutto dei tiri liberi: 3/7 contro gli Heat, con una meccanica in certi casi davvero discutibile. La sua visione di gioco rimane comunque impressionante (8 assist in 21’), con palloni fatti viaggiare alla velocità della luce da un lato all’altro del campo o fatti passare in spazi misteriosi sui giochi a due.
  3. In ottica davvero di alto livello, oltre a dover verificare gli equilibri con Irving in campo, e quindi non con una point-guard come l’ordinato Dellavedova che si limita a portare la palla nell’altra metà per consegnarla a LeBron, Cleveland deve lavorare per aumentare la tenuta difensiva di Love, davvero modesta, e la protezione del ferro.
  4. Miami ha una base solida e non crollerà, ma Deng non è James (nessuno lo è…) e Spoelstra deve riallenare questa squadra, cercando nuove soluzioni e nuovi equilibri. Contro la difesa schierata, per ora, fa molta fatica, sia per l’assenza di un play “ragionatore” (il pur promettente Napier ha una sola velocità, quella alta…) sia perché, con un Wade sempre vincolato dalle incertezze fisiche, non abbondano gli uomini in grado di risolvere i problemi in uno-contro-uno.