La domenica del Madison Square Garden di New York sarà ricordata per un evento storico. Per i critici, l’ironia sarebbe fin troppo facile, ma il riferimento non è alla vittoria dei Knicks, partiti 2-1 in questo inizio di stagione, su Charlotte.

Il protagonista dell’evento è Carmelo Anthony che, da trascinatore con i suoi 28 punti, è entrato nel ristretto club degli uomini da almeno 20 mila punti in carriera. E’ il 40esimo a riuscirci nella storia NBA, ma – a 30 anni e 157 giorni – il sesto più giovane per età (il più giovane in assoluto? LeBron James, 28 anni e 17 giorni).

Traguardo fin troppo facile da raggiungere in una serata iniziata a quota 19997, tanto che il risultato è diventato realtà già nel primo quarto. Infatti, dopo aver segnato nei secondi di apertura del match, con 7’42” sul cronometro del 1° quarto ‘Melo ha insaccato su assist di Larkin la tripla del 15-5 Knicks. Ed ha raggiunto quota 20002. Ha finito a 20025, grazie anche al canestro, a poco più di un minuto dalla fine, che ha dato il definitivo vantaggio ai Knicks.

“Non avrei mai pensato di trovarmi un giorno a parlare di questo risultato riferito a me” ha detto – emozionato – nel post-partita il giocatore, che in carriera ha insaccato 13970 punti nelle otto stagioni disputate a Denver e oltre 6000 dal momento del suo passaggio a New York, datato 2 febbraio 2011.

Spesso criticato per non essere un vincente, per non essere sufficientemente un giocatore di squadra, per avere limiti difensivi e in generale di approccio, Carmelo è sempre stato invece riconosciuto come uno dei migliori attaccanti in circolazione. Una qualità che non ha perso col passare degli anni, anzi se possibile l’ha ulteriormente raffinata, migliorando in termini di qualità delle scelte, come confermato da un’ultima stagione al 40.2% dall’arco (career-high) e oltre il 50% nella percentuale reale dal campo (seconda miglior annata).

In estate ha firmato un ricco quinquennale con i Knicks, che gli darà la possibilità certamente di perforare ancora parecchie volte le retine dei parquet NBA e gli offre la concreta chance di arrivare nella top 10 dei realizzatori ogni epoca (al momento Nowitzki è 10° con 26825, Olajuwon è 9° con 26946, ma può essere realistico puntare a Shaquille O’Neal, 6° con 28596) nel momento in cui deciderà di dire stop. Un istante che sembra ancora lontano perché, come ha detto coach Fisher, “non importa quale sistema d’attacco giochi, lui segna e segna tanto”.