Intanto grazie per essere stati presenti alla sconvenscion che spero non vi abbia deluso. Purtroppo è mancato il “terzo tempo” che avrebbe permesso di sviscerare meglio gli argomenti, tanti, che sono ora sul tavolo limitandoci solamente al basket. Si spera d’estate di poter rimediare. L’appuntamento comunque mi sembra abbia preso piede e non sapete quanto la cosa mi faccia piacere. Tutto sommato anche nello schizofrenico mondo moderno ci si può ancora ritrovare davanti a un buon bicchiere a chiacchierare a tu per tu come si faceva nei bei tempi antichi (passatista? Assolutamente sì).

Dicevo degli argomenti. Caro Franz, l’argomento sarà anche trito e ritrito (non ci possono essere dubbi in merito), ma ciò nondimeno siamo di fronte a un evento epocale che può significare la fine del basket per nazionali con tutto quello che ciò comporta, e cioè un disastro irreparabile. Andando proprio ab ovo uno degli assiomi più inoppugnabili del mondo dello sport afferma che uno sport è tanto popolare quanto forte e soprattutto visibile è la nazionale. Noi cestomani (calciomani, volleymani…) abbiamo sempre una visione distorta, quella appunto degli appassionati, mentre bisogna metterci nei panni del simpatizzante medio che apprezza un evento sportivo di qualsiasi genere, basta che abbia un interesse per seguirlo, e quale interesse migliore può essere se non quello di fare il tifo per i propri colori nazionali? Per cui noi tutti lo abbiamo detto milioni di volte: uno sport è popolare quanto è popolare, meglio ancora se vincente, la propria nazionale che però tutti devono poter vedere ovviamente in chiaro. Non si tratta di tirchieria. Si tratta di una questione di principio. Loro vorrebbero propagandare il loro sport? E allora perché cavolo dovrei anche pagare, fosse un solo centesimo, per vederlo? Se mai che mi paghino loro, non in termini di soldi, ma in termini di divertimento, di soddisfazione, di intrattenimento. Così, ad occhio, la nazionale femminile di pallavolo avrebbe riscosso un simile entusiasmo se fosse stata visibile solo a pagamento? La RAI ha messo la pallavolo sulle reti nazionali e il boom è stato inevitabile. Addirittura per la nazionale maschile che in effetti ha fatto una magra figura giocando anche in modo abbastanza inguardabile, ma nessuno se ne è accorto. Addirittura sua maestà il calcio ha come punto irremovibile il fatto che le partite della nazionale vanno obbligatoriamente in chiaro sulla rete nazionale. E allora il basket? Ci sono le partite della nazionale che gioca le qualificazioni per i Mondiali in finestre alla pene di segugio fissate a caso durante la stagione con formazioni ogni volta diverse e con giocatori che fanno viaggi in aereo all’ultimo momento per giocare una partita e poi sparire (Franz: Bertans ha avuto una licenza speciale da Milano per fare una toccata e fuga a Lubiana per prendere i due punti obbligatori per loro), ma soprattutto con formazioni composte da giocatori obiettivamente scarsi, visto che ovviamente tutti i forti giocano se non nell’NBA almeno in Eurolega. Nazionali dunque che sono bande raccogliticce sulle quali qualsiasi coach più che fare il notaio e vedere chi c’è, chi non c’è, chi ci sarà e quando per mettere insieme 12 di loro, come diciamo a Trieste, non può fare. Immaginarsi di trovare amalgama, gioco, ma soprattutto gruppo e spogliatoio. E questa sarebbe la punta di diamante di un intero movimento che deve mettersi in luce al mondo sportivo intero del proprio Paese per fare nuovi proseliti? Secondo me è esattamente il contrario. Dunque già da questo punto di vista questa profanazione stessa del concetto di nazionale, che dovrebbe essere sacra e intoccabile, punto di massimo vanto e orgoglio personale per un giocatore, è un colpo mortale per tutto il nostro mondo. E se in tutto questo le partite si vedono sulla massima TV a pagamento che fa sì un buonissimo lavoro di promozione, ma non è certamente la TV nazionale in chiaro e dunque già per principio raggiunge un numero limitato di persone, cioè tutti i già convinti, il che è in definitiva irrilevante per la promozione di un movimento, allora la degradazione dei valori della nazionale è ancora maggiore. Poi c’è la ciliegina sulla torta, l’ineffabile tocco finale raggiunto in questa ultima finestra, della partita della nazionale in contemporanea con un turno di Eurolega. Che per i già convinti di cui sopra, è immensamente più interessante della nazionale. Soprattutto per la ovvia ragione menzionata sopra che i forti giocano in Eurolega e non certamente in nazionale.

Senza voler troppo menare il torrone le nazionali con questa innovazione demenziale e suicida, tutte le nazionali, e essendo sloveno con il cuore che in questo momento sanguina per il totale sfacelo nel quale si trova la squadra del mio cuore so benissimo di cosa parlo, escono da questa sciagurata avventura totalmente sputtanate.

Questo è un aspetto, che è già da solo devastante, proprio perché brutalmente viola quella che dovrebbe essere la sacralità di ogni selezione nazionale, di quella squadra cioè che sul petto porta i tuoi simboli nazionali, la squadra per la quale ogni bambino sogna prima o poi di giocare. E poi ci sarebbe l’aspetto tecnico e mediatico. Come detto sopra le nazionali in queste finestre sono state ogni volta un’altra. Ciò è valso più o meno per tutti. Preparazione tecnica e amalgama di squadra, zero. Assimilazione di varianti tattiche, zero. E infatti il gioco che abbiamo visto è stato letteralmente penoso, o per meglio dire non c’è stata una nazionale di tutte quelle impegnate che abbia mostrato un qualsiasi tipo di idea di gioco. E come poteva farlo, viste le premesse? Dunque guardare questo tipo di basket o spararsi in bocca forse è meglio la seconda opzione, perché almeno si soffre di meno. E dunque che tipo di promozione abbiamo potuto offrire? Lo spettatore medio non cestomane si sarà subito detto: “Che c…(defecata) è ‘sta roba? Ma quale sarebbe lo scopo? Quello di buttare la palla nel cesto? E allora perché non lo fanno più spesso, invece di tirare fuori?” Oppure: “Ma non sono in cinque che giocano? E allora perché non si passano la palla? Perché non la danno a quello che è più solo e invece tira sempre uno che ha tre uomini addosso? E poi, non sarebbe forse più facile centrare il buco tirando da un po’ più vicino?”

E infine guardando più lontano, verso i Mondiali stessi, che tipo di messaggio diamo al mondo se a questa competizione non ci saranno tantissimi dei migliori giocatori al mondo, esclusi ovviamente gli USA (e anche loro, se è per quello, sono curioso di chi fra James, Curry, Durant, o chi per loro, sarà presente – forse mancheranno, si spera, anche Harden e Westbrook)? L’altro giorno giocavano Serbia e Grecia. Se la Serbia non vinceva poteva tranquillamente rimanere a casa e, per la prima volta nella storia, non ci sarebbe Jugoslavia ai Mondiali (Montenegro sì? Sarebbe la beffa suprema). Andando da Nord verso Sud non ci sarebbero Dončić e Dragić, Šarić, Bojan Bogdanović e gli altri centri croati, non ci sarebbero Jokić in primis e tanti altri, beh forse l’assenza di Marjanović non sarebbe tanto notata, insomma trovate voi gli assenti possibili. Se rimaneva a casa la Grecia non ci sarebbe Adetokunbo, insomma già la composizione tecnica della manifestazione sarebbe come minimo monca. Quello che voglio dire è che dovrebbe essere interesse primario di ogni Federazione non composta da dementi da ricovero fare in modo che la massima rassegna da essa organizzata, e cioè il Mondiale, anche nell’ottica di fare un tantino di concorrenza alle Olimpiadi, ospiti tutti i migliori giocatori al mondo. Che militano nelle nazionali che rischiano di non qualificarsi proprio a causa della loro assenza nelle qualificazioni. Insomma un suicidio assurdo e premeditato che non trova spiegazioni se non in una forma virulenta di demenza che ha colpito i maggiorenti del basket internazionale.

Quale sarebbe il rimedio? Maledizione, quello che facevano finora! Gli Europei sono ora sfalsati ogni quattro anni, due anni prima dei Mondiali (perché?). Quanti posti ha l’Europa? Non so, comunque palesemente troppo pochi, però sicuramente più di sette. E allora le prime sette dell’Europeo, manifestazione nella quale tutti si presentano nelle formazioni più pesanti possibili, sono qualificate di diritto (perché sette? per dare senso ai playout dal quinto all’ottavo posto) e le altre si qualificano attraverso un torneo che può essere organizzato con le modalità che si vogliono l’anno prima (perché per esempio non fare come il calcio con l’Europa League o la Nations’ Cup? – instaurare un circuito di Serie B, basta non dirlo esplicitamente, che dia alla vincitrice un titolo comunque prestigioso di migliore delle altre). Per le Olimpiadi, manifestazione del tutto avulsa dal circuito normale, le qualificazioni sarebbero disputate a parte, magari con un tot di squadre prequalificate grazie ai risultati ottenuti ai Mondiali e tutte le altre che disputano una qualificazione l’estate stessa prima delle Olimpiadi. Se vogliamo, in definitiva, un’altra idiota filosofia del sistema attuale è che vengono completamente ignorate le massime rassegne continentali che una sua qualche importanza dovrebbero averle.

Passando al basket giocato dovrei qui per prima cosa parlare di Dončić, visto che l’argomento lo avete introdotto voi nei vostri commenti, il che dimostra che la sua avventura nell’NBA vi interessa. In realtà non so cosa dire che non abbia già detto. Forse che la sua esplosione mediatica ha un po’ sorpreso anche me, nel senso che non riuscivo proprio a vedere, nell’imbecillità sconfortante che oggigiorno permea il mondo dell’NBA e dei suoi adoratori, gente che semplicemente non sa cosa sia il vero basket (fra l’altro mi sembra che la stessa cosa l’abbia detta Popovich, o se per quello Larry Brown nella sua intervista alla Gazzetta), come potesse essere accolto il fatto puro e semplice che il ragazzo sa giocare a basket, quello vero. Evidentemente la gente, non so in che modo, se ne è accorta. Spero soltanto che non sia un fuoco di paglia e che la Luka-mania (Halleluka, roba da non credere) non si spenga con il temuto effetto risacca quando durante la stagione il suo rendimento calerà inevitabilmente. Puoi essere maturo e avanti rispetto ai tuoi anni anagrafici quanto vuoi, ma il rendimento altalenante è inevitabile in un ragazzo di 19 anni. Per ora va benissimo così.

Eurolega e Milano. Chiaramente quanto ho scritto l’altra volta, che di partita in partita si rivela sempre più vero, almeno spero che me ne darete atto, non viene recepito da chi di dovere, dunque si continuano a vedere pervicaci tentativi di buttare via partite vincibili. Rendetevi conto che nelle prime partite di questa stagione, soprattutto le due vinte in casa all’ultimo tiro, Milano ha avuto un cul de Sac terribile, situazione che prima o poi gira in sfiga pura. E voglio proprio vedere quali armi avrà quando questo periodo prima o poi verrà.

Sempre per l’Eurolega però vorrei finire con una nota molto, molto lieta. Ho avuto modo di seguire affascinato Barcellona-Fenerbahce. Perdio, allora il basket non è ancora morto! Quello che ha fatto il Fener mi ha letteralmente esaltato. Hanno giocato una partita perfetta, sulla difesa non occorre spendere parole, quella è una fase di gioco che funziona sempre, basta saperla fare, e dunque è stato l’attacco a rendermi estasiato. Palla sempre e comunque in movimento, scelte sempre ponderate, palla all’uomo giusto al momento giusto, varietà di conclusioni, da sotto, dalla media, da tre, senza dare punti di riferimento, in ogni momento giocava chi doveva giocare, ognuno era al posto nel quale era più utile e faceva quello che sa fare, insomma ho visto un manuale di basket. Giocando così il Fenerbahce ha letteralmente destrutturato (come ho scritto nel commento per il TG) il Barcellona che ha mostrato tutte le sue pecche. D’altronde giocare contro una squadra che gioca un basket di questo livello è il modo migliore per far emergere i difetti strutturali di una squadra. Che sono per il Barcellona, almeno a mio avviso, la limitatezza che non pensavo così grande del “combo” Pangos-Kuric, giocatori che a questi livelli mi sembrano inadeguati. Il solo Heurtel, magari aiutato da Blažič, non può fare granché, per cui se il Barcellona vuole essere competitivo dietro dovrà avere molto di più dal duo nordamericano (interessante: Pangos è cognome sloveno-triestino del rione di San Giovanni e sull’origine di Kuric non credo possano esserci dubbi), e il problema è se sono capaci di darlo. Staremo a vedere. Comunque giocando così non vedo chi nel panorama attuale possa neanche fare il solletico al Fenerbahce.