A due anni dalla celebre intervista, al tavolo della birreria Basquiat di Cantù, DailyBasket (re)incontra il Poeta Guerriero, campione di Germania. Questa volta a fianco di un cratere, nell’improvvisato e munifico dehor di un bar a Cremona. Tra birre, metodo classico, Ferrari Brut, salame autenicamente cremonese…

di Fabrizio Provera, con la collaborazione ideale ed enoica di Michele Gerevini ed Alessandro Rossi

Grazie al grande Ambrogio Bignami per le foto

“ll successo del gruppo non era importante. Tu hai elevato i loro orizzonti, hai alzato il livello delle loro aspettative. E questa non è musica. E’ poesia” (Alan Parker, The Commitments, 1991)

 “Quando si infrangono le regole, emergono nuovi mondi” (Tuli Kupferberg)

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CREMONA, VIA ESILDE SOLDI 1, DEHOR DELLO STREGATTO CAFFE’, AGOSTO 2015, 38 GRADI (e mezzo)– “E soprattutto, osserva con gli occhi lucenti il mondo intero che ti circonda, perché i più grandi segreti si nascondo nei posti più impensabili. Chi non crede  nella magia è destinato a non incontrarla mai”

Scende dal potente Suv-teutonico-aziendale, camicia, bermuda e sandali, e seppur nobili genere natus Andrea Trinchieri, il Poeta Guerriero, entra in empatia con tutti. L’anziana in partenza per Lourdes che scrocca un calice di Ferrari al Gere, la pelle d’ebano che urla al compagno appollaiato nella calura di una finestra frasi incomprensibili rompendo la barriere del suono, l’extracomunitario che fuma e ci guarda come fossimo tutti dei graziati della legge Basaglia (come dargli torto..), gli anziani che riscrivono allo Stregatto Cafè, ogni giorno, una nuova pagina di Bar Sport, a colpi di primiera, settebello e robuste dosi di Lambrusco o vino bianco.

Si comincia a fare sul serio con uno stupefacente Franciacorta non  dosato annata 2000 (!), portato da un altro trinchieriano ortodosso e pre scismatico, Alessandro Rossi. E il coach ha un’illuminazione: ‘Formaggio francese da scaldare al forno, spalmare su di una fetta di pane previo passaggio di aglio sulla stessa. Una goduria, con questo Franciacorta…’ Il basket, come ogni volta nella quale si discorre amabilmente con Andrea Trinchieri, è l’ultimo degli argomenti. Prima sovvengono ricordi, memorabilia, cene, episodi, soprattutto persone. E luoghi, istantanee, flashback. Siamo a Cremona perché cominciò qui, nel 2004, la cavalcata verso la grandezza di un allenatore che rinunciò ad Harvard per finire al San Pio X. Ci volle il fiuto di un geniale Sandokan di pianura, al secolo Secondo Triboldi, imprenditore nel ramo idrocarburi, divenuto ricco nel solco di quell’etica tutta strapaesana e lombarda secondo cui la ricchezza di un uomo è quella di un territorio. E non quella dei freddi, algidi e inumani banchieri della City, o alla Mario Monti.
Triboldi scopre il genio, ma persino qualche filosofo all’ombra del Torrazzo- la città rurale e conservatrice dove Roberto Farinacci applicò una delle forme di fascismo più radicali- non ne coglie la grandezza. Tutte braccia- belle muscolose, perché da queste parti si manda educatamente al diavolo la modella diafana e vegetariana a colpi di bollito e marubini- strappate alle stalle di Soresina, dove si produce del gran buon latte.
Triboldi finanzia il filosofeggiare ardito del Poeta, da John Ebeling a Rudy Valenti, intanto si forma la prima schiera di ortodossi pre scismastici: Michele Gerevini, Alessandro Rossi, Agostino Bolli, Ambrogio Bignami. Gli altri, molti, capisan poc o nagott da cal fioeu lì, cal parea un bauscia de Milan. Ma cal gheva dentar al fogh. E a colpi di radiocronache sotto l’effetto dei vini che il Poeta Guerriero fa scoprire a giovinastri innamorati della luna e di sicuro talento (ed altrettanta generosità), si radunano e si autonominano (tra bar, osteria e zanzare) a eletta schiera del trinchierismo primitivo. Intanto, l’uomo che di Zelimir Obradovic invidia la capacità di sussurrare ai cavalli incontra don Virginio Bernardi, che sussurra alle panchine e mette in scuderia un vero purosangue. Nihil fit fors.
Ma del resto, se ci pensate, se siete innamorati come noi della follia applicata al basket, è come quella volta che durante Billy Milano- Scavolini, al fu palazzone di san Siro nel 1983 o giù di lì, i radiocronisti arrivarono da Pesaro in numero brasiliano, e Federico Buffa- che spargeva già il verbo dalla radio- indicò a un certo Diotallevi, pesarese, l’opportunità di intervistare un 23enne collega, tale Flavio Tranquillo. Solo dopo, bastò qualche minuto, Buffa lesse negli occhi del Diotallevi tutto lo stupore derivante dall’essere stato colpito da un meteorite di cotanta grandezza.  E allora, 21 anni prima, Buffa pensò di Tranquillo quello che Secondo Triboldi pensò di Andrea Trinchieri, mentre dopo succulente libagioni di cibo da caccia e di vino con gli amici sedeva sui gradoni del palazzo cremonese: ‘Aqui naceu o fenomeno’.

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Prima, molto prima, c’era stato un altro ‘pari ruolo’ a scovare il talento primigenio di Andrea Trinchieri: Sua Maestà Toni Cappellari, nobile famiglia trevigiana con persino due Sommi Pontefici  nell’albo di famiglia. E’ Cappellari a intravedere il talento e chiamare il Poeta Guerriero alle giovanili dell’Olimpia, contribuendo a scrivere le prime pagine di una storia che dura parecchi anni, sino al 2004, per finire in modo… irrisolto. Ad oggi, almeno. Il primo a capire esattamente chi fosse Andrea Trinchieri è stato Michele Gerevini, al momento titolare dello Stregatto Caffè di Cremona, dieci e rotti anni fa cronista del cesto per la stampa cittadina. Basta d’altro canto riportare alcune righe del bellissimo ritratto che Michele ha dedicato al Nostro, per capire di che pasta sia sempre stato fatto:

“Sei troppo bravo, e sai che la B1 ti è stretta. Vali la serie A, vali l’NBA, cosa ci stai a fare tu a Cremona? Prendi e vai, in America, vai e scrivi di Lakers, di Celtics. E io penso di essere altrettanto bravo, e un giorno spero di poter allenare in Eurolega, perché è il massimo che un allenatore può pretendere: io pretendo il massimo da me stesso, io voglio arrivare in Europa. Magari non con Cremona, ma ci voglio arrivare”.

Game set and match: Andrea Trinchieri è alla terza stagione continentale, seconda campagna d’Eurolega consecutiva. A me, piuttosto che niente, hanno chiuso il giornale…

Un fenomeno, il Trinca. Lo capisci dopo un allenamento, dopo la prima intervista. Cura maniacale del particolare, “Oh, se sbagli di 5° l’angolo del blocco, Palombita te lo leva, il pick and roll”, “Ho detto che non gli devi mai lasciare la sinistra a Gamba, mai, piuttosto falcialo da dietro ma non mandarlo mai da quella parte”, e cose così. In B1. Figurati cosa è diventato con il salire delle categorie, e del livello medio dei contenders.

E le folgorazioni con la stampa, l’abilità di giostrarci come voleva, davanti a un bicchiere di Brunello, “Inizia a bere qualcosa di umano, su”, o al millesimato in barrique nel ristorante top di Cremona piuttosto che il biancaccio nel retro banco dei Tre Gradini, con la Rossana a svasare a getto continuo marubini, gallina, cotechino. Forchetta clamorosa, se qualcuno ancora non se ne fosse accorto; viveur di primissima; amante dei gatti; cultura fuori dal comune. Una volta, partendo da una cappella di Crespan brutalizzato in allenamento (“Io un potenziale campione ce l’ho. Lui, “the big white hope”; lui, che si è sciolto al primo sole”), arrivò all’affondamento della Bismarck passando per la resistenza palestinese a Gaza, attirandosi addosso le ire di parte dell‘intellighenzia sotto il Torrazzo perché certi argomenti non li può trattare uno sportivo, pagato per fare altro (trovato più cultura in tre minuti di una qualsiasi chiacchierata con Andrea che in tre tomi di questi personaggi). Nella stessa frase, in una risposta durata un’eternità.”

 Che altro aggiungere… Se Phil Jackson, citando Lao Tzu, pensa che ‘l’intagliatore migliore è quello che fa meno incisioni’, allora facciamo parlare Andrea-Trinchieri-il-Poeta-Guerriero. Sempre più calato nella dimensione europea. Sempre più lontano dall’Italia (dei canestri). Con lo sguardo che corre sempre veloce, ed adesso sembra puntare Oltreoceano. Da qualche parte, magari nel Texas..

Coach, dov’eravamo rimasti?

A questo vino eccezionale… Ma non ci devi mettere pressione. Mettere pressione è il mio lavoro, non il tuo.

Com’è passata l’estate del primo scudetto vinto, in termini emotivi?

Estremamente piacevole. Una sensazione appagante, però è già finito tutto. L’errore più grande, per uno sportivo, è pensare di ripartire dal punto di prima.

Phil Jackson disse che gli anni dopo i grandi successi erano sempre i più difficili..

Io non so quanto sarà difficile, so solo che partiamo da un punto diverso. Siamo arrivati all’apice con un gruppo che ha dato più di quanto potesse, con 8 giocatori di scuola americana, che non è la mia di tipo europea, scacchistica, dove fai gli arrocchi e gli altri svengono.

Un anno fa cosa pensavi del gruppo che avresti portato al titolo in Germania?

Che c’era molto da fare. Erano esuberanti, testardi, spaventati. A volte so di essere ingombrante sulle richieste, specie per chi non aveva mai avuto richieste di un certo tipo. Io ho alzato il livello delle loro abitudini, inizialmente uno shock.

Non partire favoriti aiuta..

Non partire favoriti è il segreto di Pulcinella. Ti faccio due nomi: Cska e Milano, che hanno il teschio di Voldemort che aleggia da anni..

Eppure devi sempre ripartire più affamato di vittoria, dopo una sconfitta.

E’ il segreto di ogni grande club. Nessuno, ripeto nessuno, può assicurarti il risultato sportivo.

 

Michele Gerevini e il Poeta Guerriero

Michele Gerevini e il Poeta GuerrierPerché?

E perché?

Le variabili sono sempre le stesse, il problema è che viviamo- penso all’Italia- pensando solo a se vinci o se perdi, eppure non c’è meritocrazia. Queste sono due cose che cozzano vistosamente. Fondamentalmente nessuno ti assicura il risultato sportivo, e poi passa un oceano tra il vincere e l’essere vincenti. Pensa ai giocatori Nba che si riducono lo stipendio, pur di andare in una franchigia vincente..

La sera che hai vinto, a giugno, hai detto che l’allenatore è solo anche quando esce trionfante dal campo.

Certo, perché la vittoria è una cosa effimera. Per fortuna. E’ vero che il buon Mourinho coniò lo zero tituli, però il giorno dopo devi già imbastire la nuova stagione. Se invece aspetti e gozzovigli per 15 giorni, sei già in ritardo.

E tu il giorno dopo il titolo eri già focalizzato al prossimo passo?

Assolutamente sì, perché ho una paura atavica di lasciarmi andare, perché ho fatto una fatica bestiale per arrivare dove sono. Un mio limite è non riuscire ad appagarmi e sedermi, anche perché se ti siedi e ti compiaci qualcuno ti ha già superato. Ad ampie falcate.

Stai così bene in Germania che sembra- ci sembra- tu corra il rischio di affezionartici troppo..

Trinchieri in Italia, intendi? Ma dove?

Quale aspetto del tuo modo di allenare si è smussato, in questi anni?

Comunicazione coi giocatori, tolleranze all’errore, ho depenalizzato alcune cose..

Come Meo Sacchetti?

No, lui in questo è un genio. Con lui il secondo arriva quinto. A volte un allenatore molto esigente pensa ci sia dolo nell’errore del giocatore. Se tu pensi così, sei destinato a fallire. Se i giocatori sbagliano, tu hai 1 anno per correggere quegli errori. Se alla fine di quell’anno capisci che lui non ha voglia di migliorare, le strade si separano. Buttare la croce addosso a un giocatore è un errore.

E’ anche un aspetto relazionale, insomma..

Sì, ormai siamo al 70% relazione e al 30% aspetto tecnico.

Però i giocatori a te affezionati ti sono molto affezionati..

E a quelli che non lo sono sto molto sulle palle..

Sul sito del Bamberg ti descrivi dicendo che il Noi conta più dell’Io, che sembra facile..

E’ una cosa trita e ritrita che vorrei togliere. E’ una frase che non ha senso se la confezioni solo per i giocatori. In quel Noi entrano allenatore e management. Questo è quello che ho cercato di fare, la comodità non aiuta a migliorarti.

A Bamberg hai uno staff di alto livello.

Sì, parliamo di una società e un club di altissimo livello. Quanto conta l’organizzazione? Senza supporto delle persone che hai attorno, non vincerai mai.

Hai cominciato a fare sul serio da queste parti, nel 2004. Da allora ad oggi, sei diventato un allenatore migliore. Ma anche un uomo migliore?

Sì, perché ho fatto una montagna di errori nella mia vita.

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E quanto ha contato ‘questo’ posto?

Se Secondo Triboldi non mi avesse dato quella opportunità, avrei avuto uno sviluppo totalmente diverso. Io posso solo lavorare per costruirmi l’opportunità. Toni Cappellari, per esempio, mi scelse quando ero uno senza arte né parte.

Chi ti vuole bene dice che ogni tanto costruisci dei muri per separarti da quello che non ti piace. E’ vero?

Assolutamente sì. Cerco di farlo sempre il meno possibile, però. Ricordo quando un noto personaggio del basket italiano mi disse ‘tu non sei in grado di far giocare una squadra con americani’. Quest’anno, forse…

Massimo Oriani ha parlato del defunto ‘basket dei ruoli’. E’ una tendenza inarrestabile?

Certo, perché conviene. La scuola che costruisce giocatori non esiste più. Ken Barlow era un professore di basket a 24 anni, se ne cerco uno oggi non lo trovo. Perché le regole dell’Ncaa hanno portato ad avere solo allenamenti di squadra e niente di individuale. Quindi i giocatori vengono usati. Boscia lo disse in un modo molto più crudo..

Quindi anche tu che sei progressista, culturalmente, in fondo sei anche un po’ conservatore..

Mah, non ci sono più i partiti… Il partito che vince è quello trasversale. Le idee ci sono ma sono un problema.

Ritrovi Nikos Zisis, che ha superato i 30 anni ed è ormai un tuo pretoriano. Cosa può dare, a te e a Bamberg?

Può insegnarci cosa vuol dire giocare a quei livelli, continuità perché ha un contratto pluriennale, è un giocatore che mette sempre davanti la squadra al suo ego. Una gran persona.

Due anni fa dicevi ‘Zisis da grande farà il presidente del Consiglio, in Grecia’..

La situazione della Grecia mi ha permesso di portare a Bamberg un giocatore dal grande pedigree.

Nel 2013 la Grecia di Trinchieri esprime il miglior basket degli Europei sino al match con l’Italia. E poi cosa succede?

Successe che l’infortunio di Spanoulis scoprì il bluff: senza di lui al top eravamo mediocri, non potevamo ambire a vincere. La Nazionale è uno sport diverso, non l’alleni. Hai almeno 5 giocatori che fanno il bello e il cattivo tempo nel suo club. Se questi non si accordano, salta tutto. Si fallisce.

Col senno di poi quella esperienza ti è servita?

Assolutamente sì, la rifarei pur con tutta la merda che avevo intorno.

Ma avevi carta bianca, con la Grecia?

Non avevo neanche la carta.

Perché Niccolò Melli non ha ancora espresso tutto il suo potenziale?

Melli è un giocatore italiano che gioca in Italia, hanno la loro riserva. Però questo incide a seconda delle responsabilità che hai: adesso a Bamberg arriva da straniero, con richieste totalmente diverse. E’ il modo più veloce e più difficile per crescere, lì le carte te le scoprono la prima partita.

Melli è un ragazzo interessante, figlio di una campionessa olimpica, particolarmente intelligente..

E’ stata opzione 1, opzione 1, opzione 1 nella posizione di 4, ruolo nevralgico e difficile.

Giocatore che vorresti allenare, in attività, e puoi ancora farlo..

(silenzio) Mi piacerebbe riprovare con Vassilis (Spanoulis), perché raramente ho trovato una persona così forte mentalmente.

Piccoli Trinchieri crescono… In quali giovani allenatori di oggi ti rivedi?

Poveretti, perché dobbiamo attaccargli questa etichetta da piccoli??

Gregg Popovich dopo gara 7 coi Clippers: ‘Sappiamo come si vince, sappiamo come si perde. Quindi adesso andiamo a cena’

Un genio… Assoluto. Io sono un grande ammiratore di Popovich, il fatto è che ogni cosa la puoi fare non sempre. Se la faccio io, una cosa del genere, mi tirano i pomodori. E hanno ragione.

Magari un giorno Pop dirà “è finita”, quel giorno magari Ettore Messina diventerà head coach degli Spurs. A te piacerebbe fargli da primo assistente?

Saltiamola, questa

Un altro che ti vuole bene ha associato la parola Nba- per Trinchieri- ad ‘ossessione’. Ma invece per te cos’è?

Un obiettivo, una motivazione. Quando nel 2004 Michele Gerevini mi chiese ‘che obiettivo hai’, risposi l’Eurolega. Adesso guardiamo a un altro target.

Le conferenze stampa degli allenatori sono sempre noiosissime..

Guarda, lo capisco. Chi ha qualcosa da dire, poi, diventa un problema.

Se avessi voluto fare il diplomatico, adesso a 47 anni saresti in rampa di lancio per una grande sede diplomatica..Ma ogni tanto ci pensi?

Sai, fare l’allenatore a volte è anche fare il diplomatico… Toni, modi e tempi sono diversi, però…

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E non sei pentito..

Di che cosa? Le cagate che ho fatto magari le rifarò, adesso cerco di farle diverse. L’educazione che ho avuto mi ha aiutato tantissimo. All’inizio un po’ di spocchia l’avevo, poi però ti fa vedere le cose da una prospettiva diversa. Sei già predisposto ad alcune cose.

Quindi anche l’Olimpia Milano ha smesso da tempo di essere una ossessione.. Bamberg è fuori dalle rotte della moda..

Assolutamente. Noi siamo troppo villici.

Cappellari fuori dal basket, Vacirca pensa alle scarpe, Buffa parla di calcio… Ma il basket può fare a meno di certe intelligenze?

No, ma non l’hanno ancora capito.

Quando ai Mondiali Brasiliani Buffa disse ‘la notte scorsa ho alzato il livello della mia conoscenza delle notti di Rio’, tu cosa pensi intendesse? (domanda di Michele Gerevini)

Che era tornato in albergo alle nove di mattina… L’Avvocato è un genio, mi emoziona, in certi momenti mi emoziona davvero. Lui ha la dote di prenderti dentro, quando racconta.

Quando l’hai conosciuto?

Alla fine degli anni Ottanta credo, a Salsomaggiore.

Era già cosi?

No, ma era già diverso. E per me diverso è un complimento.

Parliamo della Siena di Ferdinando Minucci: al di là delle indagini, che spettano alla Magistratura, c’era qualcosa di realmente vincente nello spirito di quella squadra?

Chi vuole togliere a Siena qualcosa sul campo fa un grave errore. Forse loro si sono macchiati di alcune colpe, non sta a me giudicare. Ma la mentalità che avevano loro non l’ha mai avuta nessun altro. E col doping finanziario non c’entra. Vincere così diventa un’abitudine.

Com’era affrontarli?

Era estremamente frustrante. Sapevi sempre di giocare contro i migliori, ed era stimolante. Non potevi fare quello che facevano loro, e parlo di durezza sul campo. Onestamente, forse un giorno qualcuno ci ridarà uno scudetto, ma io non lo riprenderò perché si vince sempre sul campo.

Nazionale italiana: ma se le stelle Nba si accordano per la squadra, l’Italia vale il podio?

Sì, lo vale. Con Francia, Grecia, Serbia, Spagna. Poi c’è sempre una sorpresa e sempre due, tre grandi deluse.

Zelimir Obradovic è sempre il migliore d’Europa?

Cosa gli ruberesti?

Il modo con cui sussurra ai cavalli.

Ma chi ha sangue balcanico, come lui e come te, cos’ha che gli altri non hanno?

Il modo con cui si rapporta ai giocatori non ha eguali. Lui chiede una cosa e i giocatori la fanno con amore. Poi è ovviamente esigente, pesante. Non ce la fa con una mano ad alzare gli anelli, gliene servono due.

Come vedi questo Paese, l’Italia?

E’ un Paese incredibile, però penso abbia ragione chi disse che tutto ha una scadenza, come il latte. Forse abbiamo dato il meglio con l’Impero Romano. Forse dobbiamo ricominciare. Ed è molto difficile. Non esiste nazione più individualista di questa. Stiamo lottando per un fazzoletto sempre più piccolo.

Che libri stai leggendo?

Il libro su Jasikevicius, perché i geni vanno ascoltati. Poi, siccome faceva caldo, siamo andati ad Oslo leggendo tutti i libri di Jo Nesbo. E’ stato defaticante

Trinchieri 2 B&W

Avevi promesso che un giorno saresti ritornato a Cantù..

Ci sono stato questa mattina, a Cantù. Ho cambiato gli occhiali, l’enoteca era chiusa, Fabio Borghi era al mare..Ogni promessa è debito.

Restano bei ricordi, di quella esperienza..

Belli, brutti, momenti esaltanti, tutto parte dalla grande cena..

Anche questo un giorno sarà bello ricordare, si legge nell’Eneide. Qual è stato il momento più difficile che hai passato da allenatore?

Purtroppo scopri quello che sei solo nei momenti peggiori, capisci allora chi ti sta veramente a fianco, capisci quello che vuoi fare. Chi pensa di risolvere i problemi da solo, ebbene è uno stolto.

Ma sei un uomo felice, adesso?

Parola troppo impegnativa. Io non salvo vite umane. Io do tutto me stesso per la pallacanestro, ogni giorno, e non basta mai quello che ho. E quello che do. Io faccio correre della gente in mutande, a volte anche bene. Ma ripeto, non salvo vite umane.

 

Finisce qui (per ora). Adesso avete capito perché siamo trinchieriani ortodossi e prescismatici? Perché potremmo stare per ore a discettare di qualsiasi cosa, col Poeta Guerriero. Che ha il potere, forse la missione, di far crescere qualsiasi persona che accetti con gioia le ferree regole del trinchierismo ortodosso. Talmente ortodosso… che non ha regole. Tranne una: è vietato NON osare. Perché osare significa perdere momentaneamente la propria stabilità. Non osare mai, però, significa perdere definitivamente se stessi.

Osare. Come fece Papa Hemingway, portandolo fino alle estreme conseguenze:

Oltre le dolcezze dell’Harry’s Bar

e le tenerezze di Zanzibar

c’era questra strada…

Oltre le illusioni di Timbuctù

e le gambe lunghe di Babalù

c’era questa strada…

…Quetsa strada zitta che vola via

come una farfalla, una nostalgia,

nostalgia al gusto di curaçao…

…Forse un giorno meglio mi spiegherò…

…Et alors, Monsieur Hemingway,

ça va?…

………

Et alors, Monsieur Hemingway,

ça va mieux?…