Stefhon Hannah ai tempi della D-League (fonte nba.com)

Stefhon Hannah ai tempi della D-League (fonte nba.com)

C’era una volta una squadra che, nonostante la passione della città, viveva costantemente sul filo del rasoio. I proclami di fallimento erano all’ordine del giorno, alcuni giocatori fuggivano via appena intuivano la “brutta piega” a livello finanziario e i rimanenti lottavano su ogni pallone per raggiungere una tranquilla salvezza, guidati da un allenatore che faceva proprio del carattere uno dei punti forti del roster. Parliamo della Juvecaserta fino alla scorsa stagione, ovviamente. La situazione è cambiata nell’ultima annata grazie al lavoro di Lello Iavazzi e Carlo Barbagallo, che hanno sistemato i conti (l’attivo di 150.000 euro dell’anno 2013 lo dimostra), costituendo una società seria partendo dalle basi, con un GM come Marco Atripaldi  che ha rinnovato l’immagine e gli obiettivi dei bianconeri con una squadra guidata da Lele Molin che combatte costantemente per un posto al sole, leggasi playoff. Arrivati alla pausa per le Final Eight a quota 16 punti la Pasta Reggia si trova in questo momento nel limbo, con la post-season ancora possibile, in molti però parlano di un cambio a roster per poter raggiungere l’obiettivo; ed il dito viene puntato, una settimana sì e l’altra pure, su Stefhon Hannah. Il playmaker di Chicago, dopo esperienze tra Lituania e Cipro, è al ritorno in Europa dopo quattro anni passate nelle leghe minori americane. Molto spesso Stefhon è stato criticato per scelte cervellotiche in regia e la malsana abitudine alle palle perse; analizziamo allora il campionato del regista.

Il numero 24, con 17 partite giocate (saltò la trasferta di Reggio Emilia per problemi disciplinari), ha medie di 9,5 punti e 4.4 assist, con percentuali un po’ deficitarie soprattutto dall’arco (solo il 26,4 da tre). Nelle otto vittorie bianconere il fatturato del playmaker sale vertiginosamente, con la media punti che arriva a 12.6 (con poco più di 10 tentativi a gara) e quasi 6 assist; nei ko il suo apporto quasi si dimezza, con 6.8 punti ( solo due volte in doppia cifra) e 3 assist ad allacciata di scarpe, con percentuali dal campo lontanissime dal 50% (32% da due, 14,4 con i piedi dietro l’arco). Come spiegare quest’altalena? Stefhon è un giocatore abbastanza volubile, come dimostra la partita di ritorno con Pesaro secondo le parole di Lele Molin: “i primi due quarti lo avresti mandato via immediatamente, nel secondo tempo gli avresti firmato un contratto di tre anni”. Il giocatore infatti passò il primo tempo ad essere l’ombra di se’ stesso; poi, punto nel vivo dai fischi del Palamaggiò, mise assieme una prestazione oltremodo convincente trascinando i bianconeri al successo, non solo con punti ed assist ma aggiungendo una grande difesa sui registi avversari. Quando trova la voglia giusta, e lo si vede a vista d’occhio, si trasforma in un playmaker capace anche di dare ordine, forzando meno del solito e distribuendo meglio i palloni ai suoi compagni. Compagni che hanno bisogno di un playmaker come lui, con una visione deliziosa in campo aperto che innesca alla perfezione le azioni spettacolari di questa Juve fatta di grande atletismo; quando ci provano gli altri i risultati sono invece rivedibili, per controllare basta riguardare i contropiedi buttati al Forum di Assago contro Milano. Se invece le cose non girano a dovere il giocatore si intestardisce e fa “di testa sua”, alla maniera della D-League dove, per strappare qualche contratto decadale in NBA, si gioca in costante 1 contro 1, e forza penetrazioni e tiri che si concludono non sempre in maniera ottimale. La sua impronta si è vista, sia nelle vittorie che nelle sconfitte, ma mai principalmente per colpa sua, se i tiri da fuori di Mordente e company piedi per terra e con un metro di spazio non entrano, uno dei grossi limiti dei bianconeri, non può farci nulla. Si è parlato molto di sostituirlo, con Napoli in LegaDue che gli ha fatto una corte spietata, ma in casa casertana si è sempre parlato di “cambiare per migliorare e non tanto per farlo”: trovare un regista con caratteristiche fantasiose simili alle sue, che inneschi i suoi esterni a suo modo, non è certo come trovare il bel mare sulle nostre coste, ossia una cosa facile. E poi, non si può mai sapere come può ambientarsi a febbraio un giocatore che arriva in un nuovo contesto come quello casertano, fatto di giovani che vogliono mettersi in mostra il più possibile e che hanno fame di costruirsi una solida carriera. Il progetto è bello che avviato in maniera positiva, e rischiare può sembrare eccessivo, mancano due vittorie (tre per Molin) per raggiungere la salvezza e togliersi qualche sfizio, sfizio che può arrivare anche con questo roster.