Pozzecco si strappa la camicia in versione wrestler in uno dei tanti fotomontaggi ispirati dal derby

Pozzecco si strappa la camicia in versione wrestler in uno dei tanti fotomontaggi ispirati dal derby

Come mi capita spesso vorrei partire da due piccole premesse, piccole ma fondamentali: ovviamente essendo un uomo di sport non posso essere né razzista né tantomeno contrario agli stranieri (oltre che per la mia formazione politica). Due: voglio un bene pazzesco a Giammarco Pozzecco, del quale negli anni di Tele+ sono stato buon amico.

Detto questo eccoci ai due argomenti che vorrei trattare questa settimana. Il primo mi fa tornare indietro di qualche anno rispetto ai miei 52: quando le squadre di pallacanestro italiane erano davvero italiane con qualche straniero a dar quella qualità che magari mancava. Poi tutti hanno pensato che la sentenza Bosman fosse la liberazione dello sport da chissà quali catene ed oggi ci troviamo con squadre nelle quali vedere un giocatore italiano è un’impresa simile all’identificazione della particella di Dio, cioè molto difficile.

Non mi importa nulla del fatto in sé quanto del fatto che non sono tutti bravi che non meritano tutti di togliere il posto a molti dei nostri giovani. La riprova? Reggio Emilia. Con Cinciarini, Della Valle, Taylor, Polonara e Cervi contemporaneamente in campo spesso e volentieri, ma anche con Mussini, vince, sei su sette, egioca bene a pallacanestro. Soprattutto questo :gioca una buonissima pallacanestro come direbbe Sandro Gamba. Dunque si può fare. A pensarci ed a volerlo fare. E che nessuno della Lega e della Federazione si azzardi a dire che è un risultato del buon lavoro della “pallacanestro italiana”. Sarebbe un’offesa ad una società che da sempre fa questo tipo di ragionamenti. Reggio Emilia vincerà qualcosa? Non lo so e non voglio saperlo. Per adesso ha tutte le possibilità di farlo con questo gruppo. E tanto mi basta. E sia chiaro che anche Bargnani, Belinelli, Gallinari e Datome sono dei casi isolati – benedetti e bravi che Dio li conservi a lungo – non certo il frutto di una programmazione. Per questa vedere il basket slavo, spagnolo, turco, ecc. ecc.

Eduardo Lubrano

Eduardo Lubrano

L’altro argomento della settimana è Pozzecco-Hulk. Il gesto con cui Giammarco si è strappato la camicia al 18° del derby tra la sua Varese e Milano non è commentabile. O meglio qualcosa si può dire. Prima di tutto: guai a chi dovesse anche solo pensare di imitarlo. Ci sono degli allenatori che delle proteste reiterate e da martello pneumatico contro gli arbitri, hanno fatto un corso di laurea. Per i più giovani, durante le partite più importanti Dan Peterson e Valerio Bianchini avevano sviluppato la strategia di farsi dare un tecnico nei primi dieci minuti della gara per poter poi continuare a protestare, certi che prima di arrivare al secondo tecnico – e quindi all’espulsione – gli arbitri ci avrebbero pensato un bel po’.

E per stare ai giorni nostri basta ricordare Zele Obradovic che contesta dalla palla a due, Svetislav Pesic sempre a braccia larghe ad ogni fischio contrario alla sua squadra, Ettore Messina, una pentola a pressione, Simone Pianigiani che negli anni di Siena sembrava lamentare sempre una sorta di lesa maestà. Ma a nessuno, ripeto a nessuno di loro ho visto fare la sceneggiata napoletana che ho visto fare al triestino Pozzecco. Ed io sono di origini napoletane. Scrivo senza sapere quale sanzione verrà affibbiata al Giammarco furioso. Mi auguro sia severa al punto giusto. Ma soprattutto mi voglio augurare che la molto moralistica – in altre occasioni – associazione degli allenatori questa volta scriva qualcosa, esprima un parere, batta un colpo insomma.