foto di Fotoracconti.it-Norberto Maccagno

Per prima cosa devo scusarmi e vergognarmi per tutti coloro che hanno avuto la sventura cosmica di assistere in TV alla partita dell’Olimpija contro la Virtus. Se pensate di avere esagerato con le stroncature sul comico gioco della squadra ex famosa in tutta Europa e vincitrice di un’Eurocup e alle Final Four di Eurolega avreste dovuto leggere il giorno dopo i commenti sulla stampa slovena. Come ho avuto più volte modo di dire gli sloveni sono per indole uno dei popoli più disfattisti che esistano, per cui potete immaginare cosa abbiano potuto scrivere. Il commento più lucido e forse più esatto che ho avuto modo di leggere è stato quello per cui l’Olimpija fa talmente schifo per come è stata messa assieme, cioè un mix di americani da sbarco che tentano, via buone statistiche individuali, di trovare qualche ingaggio migliore da qualche altra parte che ha più soldi e di giovani promesse che giocano da sole per la stessa medesima ragione, senza curarsi di migliorare tecnicamente. In tutto questo il gioco di squadra non esiste proprio per mentalità base dei giocatori e in più il coach Zoran Martič, uno che è bravissimo tecnicamente, ma che ha sempre allenato squadre giovani nelle quali aveva carisma per via del suo ruolo e non certamente per la sua personalità, si trova di fronte a una sfida che non ha mai affrontato prima e semplicemente non sa come affrontarla né che mezzi usare. Per cui la vedo bruttissima. Tanto più che il pubblico di Lubiana, come più volte detto con piena convinzione a mio avviso per distacco il pubblico più competente di basket che ci sia in Europa non è per niente »fidelizzato« (si può dire? esiste?), per cui va a vedere le partite solo e esclusivamente se prevede che possa assistere a un bel gioco, cosa che l’Olimpija assolutamente non gli può offrire, per cui le Stožice sono un forno. Con ciò creando un circolo vizioso di cui non si vede la fine. A proposito, Boki: il tiratore migliore si chiama Lapornik e non Loparnik (“racchettaro” traducendolo in sloveno), cognome molto comune nella conca di Celje, e infatti c’è un altro Lapornik, Luka, fisicamente e tecnicamente molto forte, ma che definire pavido è usare un eufemismo molto spinto, che gioca nel Krka. E, attenzione: la guardia Miha Špan è uno molto bravo, veramente molto bravo, peccato che fisicamente sia una “s’cienza” (scheggia), come diciamo a Trieste, cioè uno fondamentalmente molto gracile. Della serie Ruzzier al suo confronto è Danny Ainge.

Ho avuto modo di guardare le due partite che Milano ha vinto in fotocopia sul Himkij e sull’Efes. La mia opinione, se vi interessa. Mai come stavolta, in due occasioni, che non sono una prova, ma sicuramente molto più di una coincidenza, le mie vecchie teorie sul bilanciamento dei ruoli in una squadra che pratica uno sport collettivo hanno avuto conferme clamorose. Vi prego, per una volta provate a darmi retta, se non altro per rispetto verso un vecchio suiveur e appassionato che sarà anche rimbambito, ma che di partite di basket in vita sua ne ha viste. Provate cioè per una volta a ragionare secondo i miei canoni e in questo modo provate a leggere le prossime partite di Milano provando anche, a seconda dei quintetti in quel momento in campo, a prevedere quanto succederà nei minuti immediatamente successivi. Vedrete che, sempre secondo i miei schemi, sarete di colpo tutti meglio di Tiresia.

Allora. Assunti. Primo assioma: una squadra funziona solo se si sa chi beve e chi paga, concretamente se ogni giocatore sa perfettamente quello che da lui si vuole. La mia assoluta certezza è che la cosa funzioni automaticamente da sola se in campo ci sono un 1, un 2 e così via fino al 5, ma vi lascio il beneficio del dubbio ammettendo che un fenomeno di coach possa riuscirci anche avendo in campo  giocatori con caratteristiche più spurie. In questo modo è tutto molto più difficile, ma un bravissimo coach e soprattutto giocatori molto intelligenti e dalle letture corrette e puntuali possono riuscirci, ve lo concedo. E’ però assolutamente necessario che ognuno sappia quello che si vuole da lui. Milano quest’anno ha fatto il colpo del secolo prendendo Nedović, non perché sia un fenomeno, tutt’altro, ma perché è il giocatore giusto per inserirsi in una squadra nella quale il vero cervello è serbo come lui (occorre dirne il nome?). E infatti non avevo mai visto Milano giocare tanto bene come quando nei primi minuti contro il Real (può essere? Ormai le partite non me le ricordo più – comunque era una forte contro la quale ha poi perso) con Nedović in play, James guardia, Micov da 3 tuttofare, Brooks in 4 e Gudaitis in 5. Poi ovviamente la panchina della quale a questo punto non so più cosa pensare ha pensato di rompere questi miracolosi equilibri trovati in modo quasi casuale mettendo in campo giocatori che facevano cose completamente fuori da ogni logica e il gioco è andato immediatamente a donne di malaffare. Poi Nedović si è fatto male e ogni panchina logica avrebbe tamponato l’assenza scegliendo il male minore, cioè mettendo in campo al suo posto un altro play, uno comunque che facesse meno danni possibili e che soprattutto riuscisse far giocare James per quello che sa fare, cioè Cinciarini per farla breve o addirittura, se si fosse alla canna del gas, catechizzandolo in modo radicale, Bertans. E invece le volpi alla guida di Milano hanno trovato il modo più sopraffino per mettere in scena un suicidio perfetto facendo giocare nello stesso tempo due giocatori che sono la fotocopia uno dell’altro, ma che soprattutto sul campo si pestano i piedi in modo clamoroso facendo a gara a chi tira di più e soprattutto a chi scaglia prima più tiri del piffero possibili, parlo cioè di James e Jerrells, due che qualsiasi essere umano, almeno dal mio punto di vista, su una panchina di una qualsiasi squadra di basket, non farebbe giocare assieme neanche sotto tortura da Inquisizione. Con ciò mandando totalmente nel pallone anche Micov che, poveretto, vorrebbe tamponare i buchi clamorosi aperti dai due funamboli, ma che, pur essendo un giocatore di grande intelligenza, non è sicuramente per doti tecniche cestistiche assolute né Kukoč né Dončić (ci tornerò), per cui va in crisi anche lui finendo come il povero bambino olandese che tentava di chiudere la falla nella diga mettendoci le dita. E in tutto questo con il povero centro che vaga come un’ombra per il campo sapendo benissimo che vedrà qualche palla ogni tanto, per cui perde la concentrazione e quando la palla gli arriva del tutto a caso ed a sorpresa, non è pronto e la becca in faccia. Per non dire che motivazione a difendere abbia in una situazione come questa. E il quattro, direte voi, cosa fa nel frattempo? Vattelapesca, non lo sa nessuno, men che meno lui che attende disperatamente che la panchina gli dica qualcosa, almeno dove mettersi. Con questi cinque in campo che la squadra non giochi più e che sparacchi tiri alla c.d.c. è l’ultima cosa che mi meravigli. Quando imperversa questa bagarre poi succede che vada in campo Kuzminskas, giocatore bravo, ma limitato da una mancanza di animo pugnace, diciamo così, ma soprattutto giocatore molto meccanico, assolutamente non capace di letture istantanee che gli dicano per istinto di mettersi dove possa essere più utile. Per cui anche lui vaga per il campo senza sapere cosa fare con ciò beccandosi insulti dai tifosi secondo me totalmente immeritati proprio perché è buttato nella mischia senza uno straccio di bussola. Poi ci sarebbe tutto il discorso Della Valle e Fontecchio, ma ve lo risparmio, tanto si sa come finirà. Vedere Melli, Gentile, Pascolo, Abass per sicure referenze.

In definitiva James è tutto, ripeto e sottolineo, tutto meno che un play. E’ un giocatore dai limiti enormi di lettura complessiva più che tattica direi quasi strategica della situazione nella quale si trova che ha doti comunque notevoli di realizzazione ed anche di passaggio al tagliante in situazioni molto circoscritte e dovrebbe essere usato, appunto, per quello che sa fare. Concretamente NON dovrebbe mai avere la palla in mano ad inizio azione, ma riceverla solo quando il play ritiene che sia il caso di dargliela per un tiro, una penetrazione con scarico, o comunque in generale per la creazione di una situazione di vantaggio che normalmente lo vede prendere decisioni giuste o se non altro condivisibili. Quando i geni alla guida della squadra lo capiranno e capiranno che Jerrells è semplicemente il cambio naturale di James e che dunque entrando non sposta alcun tipo di equilibrio di squadra, per cui può giocare i suoi minuti in modo produttivo, secondo me Milano potrà fare grandi risultati anche in Eurolega, in quanto di squadre fenomenali quest’anno proprio non ne vedo. Onestamente un roster così buono e bilanciato, sempre volendolo, come ha quest’anno è da tempo che non lo aveva.

Già che ci sono farò una profezia che mi farà ridere dietro fino alla fine dei miei giorni. In Eurolega vedo molto bene il Barcellona, squadra completamente nuova, ma che secondo me è stata composta molto, ma molto bene, con tutti giocatori giusti al posto giusto e che soprattutto possono completarsi molto bene anche con quintetti misti di giocatori diversi. I giocatori mi sembrano molto complementari uno con l’altro con la soluzione giusta in ogni momento per tamponare le mancanze di uno con le doti dell’altro, insomma quando Pešić troverà gli equilibri giusti potrà fare molto bene e soprattutto giocare a memoria. E’ la tipica squadra che nei miei sogni vorrei allenare io se fossi un allenatore di vertice, in quanto è una squadra nella quale il lavoro del coach è di fondamentale importanza e può dare enormi soddisfazioni.

Dicevo che sarei tornato su Luka Dončić. Da quanto visto finora penso che quanto ho scritto nel momento in cui ha firmato per Dallas si stia avverando in pieno. Ovviamente il ragazzo è un fenomeno, noi in Europa lo sapevamo da tempo, e sembra che anche in America se ne stiano rendendo conto, tanto che per esempio, posso testimoniarlo di persona proprio per il lavoro che svolgo, le agenzie hanno mandato finora in rete molti più resoconti di partite di Dallas di quanti non ne abbiano mandati in tutta la stagione scorsa. Non solo, ma normalmente questi highlights sono quasi esclusivamente dedicati alle giocate di “Luka”, come ormai lo chiamano lì. Il suo impiego in campo è esattamente quello previsto: è oltre due metri, per cui il suo compito sarebbe quello di tirare lasciando l’organizzazione del gioco ad altri. Dovrebbe insomma secondo loro limitare il suo smisurato talento a mansioni di realizzatore adattandosi al non gioco, o se proprio volete, al gioco scarno di tipo primitivo che si pratica da quelle parti. Tanto poi decide chi salta di più o chi è più bravo nel tiro a segno da distanze siderali (14 su 27 in una trentina minuti di gioco? Cioè praticamente un tiro al minuto. E gli altri in campo cosa fanno? Se non è tiro a segno da baraccone questo ditemi quale allora potrebbe essere). Vedendo solo qualche immagine è palpabile, addirittura stridente, la differenza di intelligenza cestistica e di comprensione del gioco che c’è fra lui e praticamente tutti quanti i compagni e gli avversari che si trova di fronte. Probabilmente non è per caso che l’unico dato negativo di questo suo inizio sia il numero di palle perse. Forse dovrà adattarsi al fatto che da quelle parti a certe idee di passaggio, ma soprattutto di tagli logici in spazi vuoti che sarebbero ovvi, non ci arrivano. Ecco, questa è una ragione che mi fa pensare che andando nell’NBA il suo gioco prima o poi si impoverirà drammaticamente e che mai potrà raggiungere le vette che avrebbe potuto raggiungere in un altro clima di basket. Pensate un po’ solo cosa sarebbe potuto accadere se Dončić fosse nato prima ed avesse avuto per esempio la fortuna di giocare come Divac assieme a Magic. Che basket avremmo visto? Non voglio neanche pensarci.

In tutto ciò però non posso non vedere note molto positive. Intanto è capitato in una squadra tendenzialmente di brocchi, diciamocela francamente (OK, DeAndre Jordan, ma è nuovo anche lui, e poi l’altra guardia, come si chiama, Smith o qualcosa di simile, però fuori di questi il resto è abbastanza deprimente), per cui, anche perché si sono subito resi conto che è di un’altra dimensione tecnica rispetto ai compagni, non passerà molto tempo che sarà lui l’incontrastato leader della squadra, per cui almeno si divertirà e, chissà, i compagni potrebbero anche da lui imparare qualcosa. E poi dietro a sé ha quale mentore Nowitzki, giocatore europeo che conosce il basket europeo, ovviamente oltre a quello NBA, che è nel momento giusto della carriera, agli sgoccioli e dunque senza velleità competitive, anzi con propensioni a fare da educatore, ed è inoltre una leggenda vivente della franchigia, per cui quello che dice lui è Verbo. Insomma, forse il diavolo non è poi tanto brutto quanto lo si dipinge.