oscarLe storie d’amore più belle non si spengono mai. Ci possono essere alti e bassi, possono nascere degli screzi che portano ad allontanarsi per anni e anni, ma quando ci si guarda occhi negli occhi quella fiamma riprende ad incendiarti il cuore come se si ritornasse al primo giorno. Il 18 dicembre è avvenuto proprio questo tra Caserta ed Oscar Daniel Bezerra Schmidt, per tutti semplicemente Oscar. Il Palamaggiò ha venerato colui che per otto anni è stato il suo re, costruendo con le sue braccia forti un impero situato in una città di ottantamila abitanti, ovviamente nel suo stile, nello stile del ‘Camione’. Un ritorno romantico iniziato giovedì 15 dicembre, al suo arrivo all’aeroporto di Fiumicino con la moglie Cristina ed il figlio Felipe, diventato ormai uomo dalla sua ultima apparizione all’Oscar Game di tredici anni fa. Già dal giorno dopo, in occasione della sua premiazione all’Hotel Vanvitelli durante la cena di Natale del Panathlon, tutti i presenti si sono accalcati a lui come fosse la discesa di un dio, i cui doni al popolo, dopo i miracoli del passato, erano diventati autografi e fotografie. Nonostante i cinquantotto anni segnati da una lotta andata a buon fine contro un tumore al cervello, la sua figura è rimasta comunque regale: qualche capello in meno, ma la sua caratteristica andatura e la risata contagiosa, quasi sfiatata e proveniente dalla gola, è rimasta la stessa di tanti anni fa. Le emozioni più grandi arrivano però la domenica mattina, sul parquet di Pezza delle Noci, con gli arrivi di Boscia Tanjevic e di Gianfranco Maggiò a celebrare il loro amico. Entrambi, come Oscar, rimasti sempre gli stessi nonostante il filo di emozione che pervadeva il loro volto: uomo di cuore il serbo, che non nasconde la sua essenza e che manda al diavolo i suoi due tumori con una boccata del suo sigaro; il figlio del Cavaliere, a cui Oscar resterà sempre legato, ha conservato invece la sua innata classe, qualcosa che non si può acquistare con il tempo. Un terzetto che ha fatto scappare qualche lacrima, ma che sentiva la mancanza di un altro uomo storico, quel Mimmo Mingione che ha commentato tutte le imprese storiche di quella Juve scomparso, per uno scherzo del destino, esattamente cinque anni prima del ritorno di Mao Santa. Sarebbe scontato raccontare le imprese che la Juvecaserta ha compiuto con il cannoniere, della sua capacità di segnare in qualunque maniera. Ma nel suo ritorno a Caserta Oscar non ha voluto risparmiarsi una piccola polemica: ha ribadito più volte, nonostante le parole di Gianfranco Maggiò, di non sentire suo lo Scudetto arrivato nel 1991 e che lui non sarebbe mai andato via dalla città, ma che anzi è stato letteralmente ‘cacciato via’ da Terra di Lavoro. Parole tenute dentro per ventisei anni, ma che forse non volevano essere un attacco: le frasi del brasiliano erano dettate, molto probabilmente, dal dispiacere di essere andato via da una città che ha amato con tutto il cuore e che lo ha amato alla stessa identica maniera, per cui ha rifiutato le sirene del Real Madrid e della NBA. Una ferita che è rimasta aperta, che sovrasta quelle dei trofei solamente sfiorati con la maglia bianconera, a volte per inesperienza, a volte per sfortuna, altre per qualche punizione esagerata nei confronti dei bianconeri. Caserta ha voluto farsi perdonare creando una festa in suo onore, casualmente nel giorno del suo numero 18. Un 18 bianconero vestito per un’altra volta durante il prepartita con Pesaro, con più di una persona che avrebbe voluto rivederlo in mezzo al campo negli ultimi minuti per cambiare il destino della gara. Ma ci si è accontentato di vedere il brasiliano diventare ufficialmente casertano grazie alla concessione del Comune. Ma forse non c’era bisogno: Oscar Daniel Bezerra Schmidt è un cittadino di Caserta sin da quando ha messo piede in città nel lontano 1982.

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