(Foto Savino Paolella 2015)

Brian Sacchetti (Foto Savino Paolella 2015)

Ventinovesima puntata di “Pick’n’Pop”, trasmissione radiofonica di Radio Caserta Nuova (Frequenza 100.0 a Caserta; in streaming su radiocasertanuova.com; podcast ogni giovedì sulla pagina ufficiale Facebook) di pallacanestro e musica condotta da Alessandro Aita e Ruben Romitelli, in onda ogni mercoledì dalle 19 alle 20.30. Nella puntata del 30 marzo, con ospite il cofondatore di Starting Five Agency Camillo Anzoini, è intervenuto in diretta telefonica Brian Sacchetti, ala della Dinamo Sassari prossima avversaria della Pasta Reggia Caserta.

Sassari non riprende a volare: con Trento è arrivato un ko ai supplementari.

La sconfitta di sabato ha un sapore agrodolce. La squadra di Buscaglia ha acquisito fiducia dopo il successo con Milano in Eurocup, rimane il rammarico per averla buttata all’extratime dopo essere stati in vantaggio di nove lunghezze. Ma è l’unico che abbiamo: le cose stanno migliorando in mezzo al campo.

Ad inizio anno le prospettive per la vostra stagione erano ben altre…

Sulla carta siamo stati costruiti in maniera più che valida: un roster completo e coperto in ogni ruolo, con una buona esperienza europea. Ma rispetto all’anno dello scudetto abbiamo dovuto cambiare tanti volti per l’impossibilità di tenerci stretti molti dei nostri pezzi pregiati, vedi Lawal che ha uno stipendio milionario a Barcellona. E quando si cambia tanto può andar bene come può andar male. Gli errori sono condivisi da noi tutti, soprattutto da noi giocatori che siamo quelli che vanno sul parquet, non sfruttando il nostro potenziale. Non ci siamo riusciti con mio padre e Calvani, ora ci stiamo provando con Pasquini.

Qual è l’obiettivo di Sassari adesso?

L’obiettivo minimo è accedere ai playoff. Se finisse oggi saremmo già dentro, ma abbiamo ancora cinque battaglie da vincere, a partire da quella con Caserta di domenica. Poi avremo squadre che si giocano molto in questo finle: una Torino che sta provando a salvarsi in tutti i modi, Reggio Emilia che lotta per il primato, Pistoia che nonostante il momento di flessione sta disputando un campionato superbo e Milano che non ha bisogno di presentazioni. Vogliamo arrivare allo scontro con l’Olimpia con la qualificazione alla post season.

Cosa non ha funzionato con Tony Mitchell?

Quando è arrivato eravamo consapevoli a cosa si andava incontro, ma il gioco valeva la candela per l’immenso talento che ha messo sul piatto quando era a Trento lo scorso anno. La società ha pensato di prendere uno scorer come lui anche per poter alzare il livello di competizione interna durante gli allenamenti; purtroppo non ha funzionato e la dirigenza ha scelto di allontanarlo per darci ancora più responsabilità per conquistare i playoff.

La brutta stagione da voi vissuta non ha intaccato la passione dei vostri tifosi.

C’è da dire che li abbiamo abituati bene con tante vittorie. L’ambiente al di fuori dal campo è sanissimo, continuando ad incitarci per non farci mollare. Nella partita con Capo d’Orlando, successiva al tracollo avuto con Pesaro, ci hanno dedicato uno striscione proprio per galvanizzarci. È innegabile che qualcuno abbia pensato al fatto che non abbiamo dato il 100% in qualche gara, ma esistono dinamiche sia interne che esterne per questo fattore. Ma se diamo il massimo in ogni partita i nostri tifosi saranno lì ad applaudirci per aver sudato la maglia che indossiamo.

In una recente intervista tuo padre ed ex coach Meo ha detto che in alcuni momenti ti ha fatto scendere in campo anche meno di quanto tu meritassi…

Oramai convivo con lui da una vita, sia nel rapporto padre-figlio che di quello allenatore-giocatore, avendolo avuto già a Castelletto Ticino prima dell’avventura a Sassari. Quando sono arrivato qui sapevo cosa mi avrebbe aspettato, con qualcuno che mi avrebbe punzecchiato per questo. Sono però certo che tutto lo spazio che ho avuto in campo in questi anni  me lo sono meritato con il lavoro in campo ed in palestra, tenendo conto che nella mia carriera qui sono stato molto spesso il cambio di un giocatore molto difficile da mettere in panchina. Non credo che aver seguito mio padre a Sassari mi abbia penalizzato, anche se sull’aspetto personale è ovvio che ogni giocatore voglia sempre giocare più minuti possibile. Magari con lui accadrà, ma gli obiettivi personali vengono dopo il successo della squadra.