Dailybasket intervista, ‘senza freni’, il procuratore più amato e odiato del basket italiano. Che parla senza riserve. Dice, dice, dice.. Attacca e difende, tra l’amore per il  clan Gentile e il suo prossimo sogno: ‘Vincerò uno scudetto in serie A. Probabilmente a Milano’. C’è da divertirsi.

di Fabrizio Provera

LUOGO IMPRECISATO DELLA SICILIA, AL MARE – Riccardo Sbezzi è dal parrucchiere. Anzi, da queste parti si usa dire ‘dal  barbiere’. ‘Fabbrì, chiamami tra 10 minuti, che rincaso’. 

Mentre lui si gode i caldi e il cicaleccio del mare, noi siamo chiusi al caldo di un’ufficio del centro di Milano, con la sola aria condizionata a lenire i dolori di chi non è al mare (come lui). Tipo interessante, Riccardo Sbezzi. L’antefatto di questa intervista risale ad aprile, il lunedì successivo alla vittoria dell’Armani a Desio contro Cantucky, 14 punti di un0 stratosferico Ale Gentile nel primo quarto. Gentile esce dal campo e fa un gesto di stizza  verso gli Eagles canturini.

Nella pagelle gli diedi 9 (per la prestazione sul campo) e 1 per il comportamento fuori dal parquet. Passano 12 minuti dalla pubblicazione del pezzo su Dailybasket. Sono le 15, circa, e sto scrivendo di tutt’altro (il basket, ahimé, copre solo il 15% delle mie giornate); squilla il cellulare.

‘Sono Riccardo Sbezzi’

‘Piacere’, dico. ‘Ma chi cazzo è questo??’, penso

‘Sono  l’agente di Nando e Alessandro Gentile. Ma che minchia di voto hai dato ad Alessandro?’

‘Ah, ho capito… Mi scusi, non l’avevo riconosciuta. Sono onorato che uno come lei chiami uno come me. Vede, il voto ad Ale…’

Quel pomeriggio fui travolto dal fuoco di Sbezzi. Perché Sbezzi ha il fuoco. Nativo di Ragusa, studi classici, Sbezzi è uno che incendia. Lo ami, oppure lo odi. Sempre se  non ne rimani incenerito… Ne è nato un rapporto sincero, di stima (mia nei suoi confronti), perché m’incuriosiva uno che si rivolge a Werther Pedrazzi con la stessa gentilezza rivolta al sottoscritto, che fondamentalmente non conta un cazzo. Gli avevo promesso un’intervista. Eccola. Eccovela. Secondo me c’è da divertirsi, c’è da capire chi è il personaggio (variopinto e barocco, come la sua terra) e da capire in che direzione va il basket italiano.

Sbezzi ricorda molto gli splendidi affreschi del suo conterraneo Pietrangelo Buttafuoco, la penna sicula più rilucente di grandezza, il Drazen Petrovic del giornalismo isolano/siciliano. Specie alcune pennellate sublimi, rivolte al compiano Umberto Scapagnini: “beato lui che seppe godersela quella vita come quando, titolare di cattedra, vedeva affollarsi di sorrisi le aule della Cittadella universitaria ai piedi di Etna. Gli studenti di Farmacia (le ragazze, ma i ragazzi, anche, così orgogliosi di quel professore in Lacoste) lo applaudivano ad ogni lezione, tanto era trascinante tra fitoterapia e chimica organica. E beato lui perché quando capiva l’approssimarsi del frangente, aveva la generosità di prestare la propria automobile ai ragazzi che si attardavano fuori dal laboratorio, purché dopo aver fatto l’amore preparassero l’esame.. Beato lui che ebbe accanto le donne tutte alte di calcagno e tutte sontuose nel respiro. Beato lui che se le ritrovò accanto – in foto, al tavolo del ristorante, nel letto – fino a farne il romanzo della sua vita. Beato lui che fece proprio il motto “chi è ricco di amici è scarso di guai”.

Ecco. La premessa è succosa. Adesso arrivano le domande…

D. Riccardo Sbezzi, ti ritieni più amato, temuto, odiato o rispettato?

R. Rispettato ed odiato credo, in modo piuttosto simile. Faccio un lavoro che genera molta invidia. Fondamentalmente, a me interessa il parere di quelli che stimo. E da quelli sono amato. Degli altri non me ne importa.

Linas Kleiza ha appena firmato con il Fenerbahçe

Linas Kleiza ha appena firmato con il Fenerbahçe

D. Al momento quanti giocatori ed allenatori rappresenta la tua agenzia, in Italia?

R. Tra giocatori ed allenatori poco più di 100. All’estero lavoro in esclusiva per una grande agenzia internazionale, tra le più importanti al  m0ndo, ossia la Bda di Rade Filipovic, che rappresenta giocatori come Steve Nash, Dragic, Danny Green, Kleiza e che un tempo rappresentava Rascio Nesterovic. Un’agenzia al top, insomma.

D. Cosa significa fare l’agente di giocatori di basket ai tempi della crisi?

R. Io lavoro sempre alla stessa maniera. La crisi non mi spaventa, è un finto problema. Devi capire che il mondo è cambiato, quindi anche il basket. Chi se rende conto non ha alcun problema.

D. Andrea Trinchieri commentava con noi che i valori di giocatori ed allenatori in Italia, nell’arco di 10 mesi, si sono dimezzati. E’ così?

R. Il  discorso economico è una conseguenza del tuo lavoro e del  mondo esterno. Quello che importa è vedere rispettato il tu0 valore. Ad un amico, di recente, ho confidato che se avessi avuto  gli stessi giocatori di oggi 10 anni fa, girerei con l’autista. Nel momento più duro economicamente, mi ritengo professionalmente molto soddisfatto: rappresento i fratelli Gentile, i fratelli Vitali e i fratelli Cinciarini, Aradori, Cavaliero, nell’Under 20 Chillo, Lombardi e Laganà.. Quindi la crisi mi tocca relativamente. Quello che conta è portare al top  i miei ragazzi.

D. Quasi tutti i giocatori che citi hanno già un contratto. E’ un caso?

R. No. Gli unici due giocatori che devono ancora trovare contratto sono Crosariol e Daniele Cinciarini, ma ci sarà tempo e non penso ci saranno problemi.

D. Al tuo assistito cosa consigli, l’offerta economicamente più vantaggiosa oppure altro?

R. Personalmente ho sempre fatto scelte tecniche e di prospettiva di crescita. Il discorso economico l’ho sempre messo in secondo piano. Dall’esterno può sembrare una stronzata, dall’interno veng0 criticato dai miei ragazzi perché scelgo sempre le proposte meno vantaggiose.. Ma poi mi danno ragione.

D. In quanto tempo si formeranno tutti i roster di serie A?

R. Credo entro 20-25 giorni. Purtroppo questo mercato segna l’ennesima sconfitta del basket italiano, ma chi dovrebbe capirlo non fa niente per invertire la tendenza.

D. Parliamo di crisi del basket: Dan Peterson, sulla Gazzetta, invita a ‘pensare fuori dagli schemi’. A tuo avviso quali sono i rimedi per uscire dal tunnel buio?

R. Il  problema nasce dagli allenatori, che tra  virgolette odiano i giocatori italiani e amano gli stranieri. Dei primi vedono solo i difetti, dei secondi solo i pregi. Arrivano perciò caterve di stranieri, poi però l’Mvp di campionato e coppa Italia è sempre un italiano. I migliori giocatori di quest’anno sono stati Datome, Hackett, Gentile, Pietro Aradori e se vogliamo Moss. Però, quando si fanno le squadre corriamo dietro agli stranieri.

D. Serve una politica più autarchica?

R. Non esageriamo.. Tuttavia, diamine, abbiamo  vinto l’Europeo Under 20 grazie a uno straordinario Pino Sacripanti, che ha saputo strutturare una squadra adatta a vincere. Vorrei ricordare che Pino non è un mio assistito. Tecnicamente è stato geniale: ha fatto la scelta di giocare senza lunghi, come fece Gaetano Gebbia, che vinse un campionato Cadetti a Livorno con una squadra  di nati nel 1978, senza pivot e solo con le guardie, battendo allora una fortissima Benetton. Dell’Under 20, ad avere un  futuro in serie A, sono Imbrò, Laganà  e Della Valle. Gli altri faranno fatica a giocare.

D. E Abass?

R. Non ha mai giocato, ad oggi.

D. Della Valle è un prospetto davvero interessante?

R. Ha fatto un campionato europeo straordinario, ma anche in Usa ha giocato poco. A livello di un’ipotetica serie maggiore deva ancora dare dei riscontri, soprattutto considerando che in Italia si tende a far giocare molti italiani nel garbage time. In Italia le squadre le fanno gli allenatori…

D. Uno dei paradossi estivi è Marco Calvani,  allenatore della finale scudetto e tuo assistito, ancora a spasso.

R. Di Marco vorrei non parlare, perché come dici è un mio assistito ed un mio amico. Roma ha fatto una scelta e Marco si è trovato in questa situazione. Il paradosso sono i tanti giocatori italiani che hanno giocato bene e non hanno offerte. Guarda Datome: fa 16 punti di media e gioca alla grande, e per la cronaca non è un mio assistito. Daniele Cinciarini ha fatto 15 punti di media e ad oggi non  ha avuto una sola richiesta da club di serie A. Il problema è che le società preferiscono prendere un americano a Las Vegas, poi al limite lo tagliano e ne prendono  un altro. Nel nostro basket gli allenatori non fanno più lavoro individuale con i giocatori, almeno nel 90% dei casi. L’anno scorso Laganà non è riuscito a fare un solo allenamento individuale tutto l’anno nonostante i miei solleciti: è il momento in cui vengo odiato…

D. Pietro Aradori è diventato un leader in via definitiva?

R. Guarda, nel basket ci sono sempre i figli di un Dio minore. Pensa alla Nazionale: purtroppo questi figli di un Dio minore sono tutti miei assistiti, ossia Aradori, Gentile, Luca Vitali e Cinciarini. Parlano di tutti tranne che di loro, ma Luca Vitali ha fatto 30 e più di valutazione per 4 volte. Aradori ha fatto 15 punti di media in Eurolega e un grandissimo campionato. Cinciarini ha condotto Reggio Emilia a un campionato straordinario. Alessandro Gentile, con un grave infortunio alla spalla, ha fatto 15 punti di media nel girone di ritorno,  nell’Armani Milano… Ecco, di loro non sento mai parlare. Parlano tutti degli  atleti NBA. Ma ricordiamoci che nel 2012 abbiamo vinto le qualificazioni con loro, i figli di un Dio minore, più Gallinari che ha giocato con grande umiltà.

D. Come vedi la Nazionale italiana a Slovenia 2013?

R. Premetto che son0 un grande tifoso della Nazionale. Così come nel 2012 ero veramente ottimista, quest’anno vedo troppi giocatori forti, il che paradossalmente può essere un limite. Se non faranno un passo indietro a beneficio della squadra, potrebbe essere un flop.  Se invece lo faranno, potrebbe essere una squadra straordinaria.

D. Quale sarà la Nazionale outsider di Slovenia 2013?

R. La logica dice Slovenia, ma i campionati Europei sono del tutto particolari. Quando giochi tutti i giorni, le variabili sono troppe. Il sistema che applichi in 15 giorni non puoi applicarlo a un campionato. Se fai cambio sistematico sui pick and roll e il tuo avversario se ne accorge e si prepara, alla fine il tuo gioco non funziona più. Ma se giochi in poco tempo puoi anche riuscire a spuntarla con delle continue trovate tecniche e tattiche, oltre che con la convinzione.

D. Il mercato di Milano: cosa puoi dirci a riguardo?

R. Se Milano prende David Moss, prende il giocatore più forte del campionato (Ndr, Milano ha appena ufficializzato l’ingaggio di David Moss). Milano, che puntava su Gentile, avrà  nei ruoli di 2 e 3 Langford e Moss. E questo potrebbe essere un problema.

D. Alessandro  Gentile che indossa la maglia numero 5 di Nando: cosa rappresenta, per te?

R. Personalmente mi commuove. E’ una scelta che ha fatto lui, una scelta che ha stupito tutti.

D. Qual è il legame tra Nando e Alessandro?

R. Qualcosa di più  che un legame speciale. Hanno molti punti caratteriali in Comune, eccetto che  Nando è un  vulcano che si quieta, Alessandro un vulcano che non si quieta. Alessandro è una persona di generosità e maturità impressionanti.

D. E quando dimostrerà queste doti sino in fondo, sul campo di gioco?

R. Il problema è che Ale vive in un  mondo che non fa per lui: gli altri sono  finti, lui è vero. Di questo soffriamo tutti. L’avversario è un avversario. Per gli altri è un business, per lui un avversario. Dopo aver perso contro Siena non voleva uscire di casa per due settimane. Qualcuno dei  suoi compagni, invece, stava preparando gli scatoloni già da gara 1 dei quarti playoff.

D. E infatti lui ha chiesto che l’Olimpia prendesse giocatori capaci di onorare la maglia…

R. Il fatto che lui sia vero, senza paraculaggini, dà spesso un’idea distorta. Lui gioca per vincere, sempre. Al campetto, in ciabatte contro il padre, quando giocherà la finale scudetto o la finale di Eurolega.

Un aggettivo per Nando? 'Nando è Nandokan. Non ha aggettivi'

Un aggettivo per Nando? ‘Nando è Nandokan. Non ha aggettivi’

D. Nando Gentile: il giocatore italiano più vincente degli ultimi 25 anni in Italia, come mentalità e carattere?

R.  Come mentalità sicuramente, l’unico che compete con lui è Dino Meneghin.

D. Un aggettivo per definirlo.

R. Mah… Nando è Nandokan. Punto.

D. Stefano Gentile ha fatto la scelta giusta?

R. Secondo me sì. Stefano purtroppo ha un grande padre e un grande fratello, quindi molti l’hanno sottovalutato. La gente poi si dimentica che Stefano Gentile, due anni fa, giocava alla pari con un certo Ricky Hickman. Quest’anno, a Caserta, ha dimostrato di essere un giocatore di primo livello. La scelta di Cantù è una scelta di natura tecnica molto valida. Con Gentile e Aradori, Cantù schiererà in campo due giocatori che pur di vincere sono disposti a morire.  Per me, che ho visto i giocatori ‘vecchio stampo’, è davvero emozionante poter lavorare ancora con persone così. Certo, una volta era più facile giocare con 2 stranieri. Una cosa che personalmente a me fa schifo, così com’è vergognoso  che persino nelle serie  minori i giocatori giovani italiani faranno fatica a  crescere. Il problema è che non si può continuare a fare pallacanestro con un’invasione di giocatori stranieri. Prendi la Nazionale: all’80% sono amici anche fuori dal parquet, ed è stata la forza della squadra. E’ un fattore da n0n tralasciare.

D. Andrea Trinchieri ha detto che ‘Spanoulis è la traduzione di un detto greco che significa nei miei coglioni: il  giocatore dalla più forte personalità in Europa in questo momento’. Sei d’accordo?

R. Sono perfettamente d’accordo. Se però in Italia hai un giocatore italiano con le palle, gli allenatori non lo vogliono. Questo è il problema.

D. Chi è il prossimo italiano che andrà a giocare in NBA?

R. Troppo facile…

D. E’ meglio cummannari o futtiri?

R. Comandare, nettamente. Del resto, se comandi fotti. E poi, nella vita, io ho sempre comandato.

D. Quali sono le doti di un buon procuratore?

R. Per come la vedo io, l’onestà.

D. Cosa farà Riccardo Sbezzi da grande?

R. Il general manager di una squadra che vincerà lo scudetto.

D. Al basket italiano manca un po’ di poesia?

R.  Assolutamente sì.

D. Quando da giovane eri ‘capo dei tifosi di Ragusa’, come dice la tua biografia, cosa sognavi?

R. Vincere uno scudetto di serie A, perché tutti gli altri campionati li ho vinti almeno tre volte. Prima o poi lo farò, magari a Milano. Che in fondo è la mia squadra del cuore.

L’intervista è finita. Ancora qualche riga di sublimazione, ancora Buttafuoco che parla di Carmelo Bene: “E siccome il vero scandalo della biografia di Carmelo Bene è il suo talento, l’arte sua perfetta, se tornasse in vita lui, che è il termine di paragone — anche da spettatore, anche silente — farebbe sgattaiolare nella buca dell’afasia perfino un Benigni. Ci vuole altro, infatti, che cavare il naso a Pinocchio e latrare su Dante. E tutta quella coprolalia del corpo sciolto, tutta la cacca nel suonar del «sì» toscano, serve a Benigni — straordinario professionista dell’italianitudine — a tenere mansueto il pubblico di Rai1, non certo a fare, finalmente, pipì dal palcoscenico. Carmelo Bene, l’ultimo dei maledetti, si sbottonò davvero: irrorò i critici e li battezzò «penne intinte nei buchi emorroidali» (erano gli stessi che oggi umettano di bacetti le terga al pensiero unico del birignao). E se tornasse in vita, Carmelo Bene, che fu ragazzo di paese formatosi al liceo, troverebbe adatta al proprio oblio la cerimoniosità formale del Segnale Orario o la televendita degli adesivi per dentiera, non certo cresimarsi col Tempo che fa, con Fabio Fazio”.

Bidda, femminara, maledetta e lucente. Come Sbezzi e il suo fuoco.

‘Perché con Sbezzi, si brinda sempre alla vita. E al basket…’