EA7 Emporio Armani Milano: Se parti nemmeno con i favori del pronostico, ma addirittura con il tricolore già cucito sul petto per manifesta superiorità del roster, andar fuori in semifinale playoff con un mestissimo 4-1 spiega già tanto del voto in pagella delle scarpette rosse. Una squadra che, almeno sulla carta, doveva dominare il campionato, con qualità e profondità in ogni ruolo, con tante persone che si chiedevano se gli uomini di Repesa avrebbero perso una partita durante la stagione regolare. I primi scricchiolii sono arrivati presto ed il capro espiatorio è stato Alessandro Gentile, mandato via senza troppi complimenti; ma alla fine della fiera Repesa non è mai riuscito a gestire la situazione, con i giocatori che sono rimasti  dei personaggi a sé stanti invece di essere una squadra, una cosa sola. Il tutto si è rispecchiato in Eurolega: la campagna europea di Hickman e soci ha più volte rasentato l’imbarazzo. Unica scusante, la stagione lunga, lunghissima, con i biancorossi che hanno chiuso la loro annata con 75 partite sul groppone; ma con una profondità del genere e una squadra costruita con l’unico obiettivo di vincere, le scusanti crollano in fretta. Voto 4

Maarten Leunen (Foto R.Caruso 2015)

Sidigas Avellino: In molti vedevano gli uomini di Sacripanti come la possibile avversaria di Milano in finale scudetto, memori della Supercoppa Italiana di settembre dove i biancoverdi dimostrarono di aver costruito una squadra capace di mettere in apprensione chiunque. Gli irpini erano partiti con la voglia di fare un campionato di vertice e ci sono riusciti, stazionando nei primi quattro posti per tutta la stagione e facendo una gran bella campagna europea; mentre i mesi passavano i sogni di gloria prendevano sempre più forma e la dirigenza ha deciso di fare all in sul mercato, portando al PalaDelMauro un guru come David Logan ed un lungo interessante come Shawn Jones. Allora cosa è successo per far si che Avellino non si realizzasse? Semplice, ha trovato sulla sua strada la sua kryptonite, di nome Reyer Venezia. Le speranze biancoverdi si sono spente, sia in campionato che in Champions League, contro la squadra di De Raffaele, che ha saputo leggere i punti deboli del roster di Sacripanti e metterli a nudo, portandosi a casa sei degli otto confronti stagionali. Per Avellino la stagione rimane di livello assoluto, ma forse si mastica un po’ di amaro in bocca, perché poteva essere veramente l’anno buono in Irpinia. Voto 7

Craft sottomano (foto Pasquale Cotugno)

Dolomiti Energia Trento: Da gennaio in poi la squadra di Buscaglia ha vissuto un vero e proprio sogno. Dopo qualche errore nella costruzione del roster ad inizio anno la dirigenza trentina ha assecondato le idee del suo allenatore, passando allo small ball sacrificando Jefferson e Lighty in luogo del cavallo di ritorno Sutton e di Devyn Marble. La favola Trento inizia proprio da questi acquisti, con Buscaglia che trova finalmente la quadratura del cerchio con gli uomini in grigio che macinano vittorie su vittorie, come se gli dei della pallacanestro avessero deciso di premiare uno dei progetti più belli del nostro basket. Sutton ha portato quell’energia che mancava, Craft e Beto iniziano a girare alla perfezione ed Hogue giganteggia in area sembrando non uno, ma due metri e novantotto; al momento più bello però gli infortuni di Marble (Sostituito degnamente da Shavon Shields), Baldi Rossi e Morashini hanno letteralmente mozzato le rotazioni. Trento ci ha messo ancora qualcosa in più nei playoff, domando Milano e arrivando a giocarsela in ogni gara della finale scudetto con sette uomini a disposizione:  una favola che forse meritava una fine migliore, ma non si può rimanere affascinato dal lavoro della Dolomiti. Voto 8,5

Gioia incontenibile per Venezia ( Foto Alessandro Montanari 2017 )

Reyer Venezia: Dopo anni in cui si è grattata la superficie, in Laguna si festeggia. La Reyer ha sempre tentato, sin dal nuovo approdo in massima serie, di costruire anno dopo anno una squadra competitiva. Negli ultimi anni l’obiettivo di Brugnaro ha fatto dei passi decisivi, facendo diventare Venezia una squadra stabilmente da piani alti della classifica. A giugno 2016 però voleva essere ancor più protagonista. Buona parte della squadra caduta in semifinale con Milano, coach De Raffaele compreso, confermata in blocco, con alcune aggiunte di talento fra gli esterni come McGee e Haynes. La Reyer sembrava la solita squadra bella, costante ma incompiuta, ma il mercato di riparazione è stato preparato alla perfezione con due innesti dove serviva, con Stone in cabina di regia e Batista, oggetto misterioso per lungo tempo, fra i lunghi. Venezia si è così tramutata in una macchina ben oliata e pericolosissima in ogni reparto, riuscendo così ad arrivare fino all’atto finale; in una serie più tirata di quanto potesse sembrare la tripla di Bramos in gara 5 ed una panchina più lunga hanno fatto la differenza, portando lo scudetto in Laguna dopo 74 anni. Con il quarto posto in Champions League a fare da contorno. Complimenti che vanno a tutti, dalla dirigenza ai giocatori ed  a Walter De Raffaele, da molti considerato un ‘uomo fortunato’ che invece ha saputo plasmare le pedine a sua disposizione; ma come si dice in questi momenti, la cosa più difficile non è avere successo, ma confermarsi. Voto 10