(foto di ALEXANDER KLEIN/AFP/Getty Images)

Omar Visintin in azione (foto di ALEXANDER KLEIN/AFP/Getty Images)

Prendiamo ancora a prestito le parole del nostro amico Andrea Saule e del suo blog “Inviato sul divano”, per raccontare un’altra piccola delusione delle nostre Olimpiadi. A molti il suo nome forse non dice nulla, ma Omar Visintin è uno dei pochi italiani (anzi direi l’unico) che si è presentato a Sochi da favorito nella sua specialità, lo snowboard cross. Quattro podi nelle cinque gare di Coppa del Mondo e primo posto al momento nella classifica di Coppa. Di fatto, in attesa di un (improbabile) miracolo degli slalomisti, la nostra più concreta speranza di medaglia d’oro.

Purtroppo non è andata come ci si aspettava, Omar è stato bravissimo fino alle semifinali, dove non lui ma un avversario ha commesso un errore che l’ha fatto staccare male su un salto e cadere peggio sulla neve, vincendo un giro premio all’ospedale ma senza nessuna conseguenza. Lasciamo ad Andrea Saule, che lo conosce bene, raccontare questa giornata e un curioso retroscena, che suona beffardo e sinistramente preveggente.

Potrei parlare dell’incredibile bronzo di Arianna Fontana e delle compagne dello short track, una delle atlete più straordinarie della storia delle olimpiadi invernali azzurre. Sarebbero parole dolci, per quello che questa ragazza è riuscita a trasmettere alle compagne, brave ma certamente non all’altezza della campionessa dal caschetto biondo. Potrei parlare di Innerhofer, con cui ho passato una giornata intera ieri e su cui potrei scrivere pagine divertenti di aneddoti con la erre moscia. Voglio invece parlare di una storia triste, parlare di un grande campione, l’unico del SamsungGalaxyTeam a non essere andato a medaglia. Anche Omar Visintin è diventato un amico, in questi mesi. Serietà altoatesina e spigliatezza italiana, Omar è stato tirato giù involontariamente da un avversario quando si stava involando verso una finale in cui sarebbe stato tra i favoriti per le medaglie pregiate, visto tra l’altro che uno dopo l’altro erano usciti i pericoli numero 1, 2, 3 e 4. La tavola era lenta (si vedeva nelle parti dritte) ed è stato tamponato, come quando un camion ti centra mentre sei in tangenziale a 70 all’ora. Le possibilità di rimanere illeso sono minime. A Omar voglio un sacco di bene, e, lo dico senza voler sembrare ingeneroso verso gli altri, avrei barattato qualche medaglia degli altri con una sua. Non perché se la meriti di più,  quanto perché a parte i tecnici nessuno lo conosceva nonostante gli ottimi risultati delle ultime due stagioni. “Fidatevi, fa medaglia”, dicevo. L’ho ripetuto ieri al capo pagina della Gazzetta dello Sport Fausto Narducci, uno che di me stranamente ha ancora una buona considerazione. “Fidati”. Io non sono scaramantico e credo poco nel potere delle gufate, l’ho detto con la consapevolezza che se tutto fosse andato liscio almeno il bronzo sarebbe arrivato. Non tutto è andato liscio. Omar ha faticato forse un po’ più del previsto per quella maledetta tavola lenta nelle prime due run, anche per colpa dell’assenza di Perry, che lo ha privato di un fido scudiero che l’avrebbe protetto al costo della vita, metaforicamente parlando. Invece è andata così, Omar è in stampelle e grazie al cielo non ha nulla che non passi con un po’ di quel misto tremendo dopo una botta del genere fatto di antidolorifici e riposo, quando la cura migliore sarebbe scendere in pista subito. La copy che ha preparato il testo dello spot del SamsungGalaxyTeam è però forse più responsabile della mia gufata: “Se non cadi non saprai mai che sapore ha rialzarsi”. Omar avrebbe aspettato volentieri ancora un paio di settimane per assaporare quel gusto…