È rimasto nel cuore dei tifosi friulani della scomparsa Snaidero Udine, ma in tre anni nella nostra Serie A ha lasciato un segno in diverse piazze, con quel suo stile di gioco un po’ frenetico ma efficace, caratterizzato da “siluri” dalla lunga, grande astuzia e comprensione del gioco. Qualità, queste ultime, che ne hanno fatto prevedibilmente un buon allenatore. Stiamo parlando del greco Nikos Vetoulas, 41 anni, ex playmaker arancione, che a fine carriera ha preso le redini della squadra della sua città, l’Apollon Patrasso, e l’ha portata ad essere una delle protagoniste dell’A1 greca partendo dalle serie minori. L’abbiamo rintracciato per un’intervista esclusiva.
Cosa fa Nikos Vetoulas oggi?
Sono il capo allenatore dell’Apollon Patrasso, squadra della massima serie greca di cui sono stato anche giocatore. Quando giocavo sapevo che avrei voluto fare l’allenatore, e la cosa più importante per me è fare quello che mi piace, quello che amo.
Come sei arrivato sulla panchina dell’Apollon?
Sono nativo di Patrasso, ho giocato qui per anni e avevo già contatti con la dirigenza. La mia carriera da allenatore è iniziata come vice di Andrea Mazzon all’Aris Salonicco dopo l’ultimo anno da giocatore a Udine. Era il 2008/2009. A dicembre 2009 ho assunto la guida dell’Apollon e in tre anni siamo saliti dalla serie B all’A1.
Contento della stagione finora?
Direi di sì. Ci siamo qualificati per la finale della Coppa di Grecia (battendo in semifinale il Nea Kifisia, ndr), e il prossimo mese giocheremo la finale contro Panathinaikos o PAOK Salonicco. L’Apollon aveva raggiunto questo traguardo solo una volta nella sua storia, nel 1997, e allora partecipai come giocatore.
Che tipo di società è l’Apollon? Chi è il proprietario?
Non c’è un singolo proprietario ma un consorzio di persone che danno il proprio contributo. L’anno scorso è venuto a mancare il nostro presidente, ma il club continua ad andare avanti.
Cinque anni, per gli standard dello sport odierno, sono molti anche per un allenatore che fa risultati. C’è comunione di intenti con la dirigenza?
Sì. Come detto sono nato a Patrasso, ho giocato cinque o sei anni qui… Posso dire che Apollon e Snaidero Udine, per cui ho giocato tre stagioni, sono le due principali squadre della mia carriera agonistica.
Progetti nel medio-lungo termine?
Per quest’anno vogliamo confermare e migliorare l’ottava posizione della scorsa stagione regolare. Ovviamente mi piacerebbe vincere la finale della Coppa di Grecia, ma guardando al futuro mi piacerebbe continuare la mia carriera in altri Paesi. Da giocatore l’ho fatto per poche stagioni, da allenatore mi piacerebbe farlo più a lungo.
Meglio coach o giocatore?
Essere un coach è più difficile, perché ci sono più responsabilità. Da giocatori bisogna essere professionali, allenarsi e cercare di giocare bene. Da coach bisogna essere equi nei confronti di tutti e pensare a come vincere le partite. C’è molta più pressione.
Quali sono le prime cose che ti vengono in mente se pensi all’Italia?
Ho splendidi ricordi dell’Italia, sono molto felice di aver giocato a Udine. In Friuli ho vissuto tre anni, è nata mia figlia. Porto sempre nel cuore la città, la gente, la famiglia Snaidero, l’amico Davide Micalich e tutti gli altri collaboratori della società. Allora mi resi conto che avrei dovuto venire in Italia prima. Spero di rivedere presto Udine in Serie A.
Sei ancora in contatto con alcuni membri di quella società?
Due anni fa ho incontrato l’ex dg Paolo D’Angelo, che era a Patrasso per conto della Snaidero Cucine, per il resto sento qualcuno degli ex compagni, soprattutto gli americani. Ma quando torno a Udine ho sempre molti amici da incontrare, come Jovo, il fisioterapista. L’ultima volta è stato l’anno scorso, quand’ero a Treviso per l’Eurocamp.
Sai che fine hanno fatto alcuni degli ex compagni?
So che Jerome Allen fa l’allenatore a Penn State, che Christian Di Giuliomaria gioca a Roseto. Mike Penberthy è shooting coach di una franchigia NBA, e so che Michele Antonutti gioca a Caserta.
Quali sono i compagni con cui ti sei trovato meglio a Udine?
Nel secondo anno a Udine, quando siamo arrivati sesti in stagione regolare, c’era una bella alchimia nel gruppo. Avevo un ottimo rapporto con Jerome Allen, anche se giocavano nello stesso ruolo.
Gli avversari più difficili da affrontare?
Uno dei giocatori più difficili da marcare era David Rivers, che ha giocato a Bologna e all’Olympiacos.
E il giocatore più forte con cui hai giocato?
Jerome Allen è stato il migliore con cui ho giocato in Italia, ma considerando tutta la mia carriera devo fare altri due nomi: Buck Johnson, ex NBA, compagno a Patrasso; e Goran Dragic, compagno nella mia unica stagione a Murcia. Se devo guardare i numeri in carriera, lo sloveno è certamente il più grande con cui abbia giocato.
Segui ancora il campionato italiano? Cosa ne pensi?
La seguo ancora. Rispetto al campionato greco si segna di più, è una pallacanestro più divertente. Qui è molto più fisica, tattica, si corre di meno, si gioca più a metà campo. Qui è difficile vedere partite ai 90 punti, c’è più battaglia.
E qual è attualmente la situazione economica della lega greca?
È migliorata. Negli ultimi anni si sa qual è il budget, quali giocatori ci si può permettere, i giocatori sanno quanto guadagneranno e vengono pagati puntualmente. Alcuni vengono in Grecia, anche per meno soldi, perché sanno che se uno ha giocato in Grecia può giocare ovunque.
Il basket è cambiato da quando giocavi?
Assolutamente. Oggi la cosa più importante per giocare ad alto livello è l’atletismo. Tutti gli allenatori o quasi cercano giocatori che possano correre, saltare, essere aggressivi in difesa. Senza l’atletismo non si può competere ad alto livello.
Segui la nuova società udinese, la GSA, attualmente in serie B?
No, da quando la vecchia società è scomparsa ne ho perse le tracce, ma spero che il prossimo anno possano giocare in A2. Magari potremmo organizzare un’amichevole con l’Apollon!