Quattro serie, otto partite, poco spettacolo e ancora meno sorprese. Potrebbe essere questo il riassunto dei quattro giorni di playoff Eurolega che ci lasciamo alle spalle. Abbiamo dovuto aspettare fino a ieri per assistere alle emozioni che spesso e volentieri abbiamo vissuto durante la stagione, con un Real-Efes da leccarsi i baffi e che ci ha riconciliato con il basket e con la massima competizione europea. Ma anche questa è Devotion!

Andiamo allora ad analizzare le quattro serie, per capire cosa hanno detto finora e cosa soprattutto ci aspetta a partire da lunedì.

CSKA MOSCA-PANATHINAIKOS 2-0

(Foto Savino Paolella 2014)

Teodosic e il CSKA sono in missione, direzione Madrid (Foto Savino Paolella 2014)

Era la serie che stuzzicava di più la fantasia, lo strapotere dei russi contro il nuovo corso dei greens, che la parola playoff ce l’hanno impressa nel DNA. In molti pensavano che i greci, trascinati da Diamantidis, dalla fisicità di Batista e dalla qualità degli esterni, potesse mettere in difficoltà il CSKA, giocando una serie a bassi ritmi per ingolfare il motore dei russi. Quello a cui abbiamo assistito, invece, è stata una parata del sistema di gioco di Itoudis, che ha attaccato alla giugulare i greci, con tantissima pressione sulla palla, soffocando sul nascere l’attacco di Ivanovic e producendo quei facili punti in contropiede che hanno spaccato le prime due gare sin dal primo quarto. Se a questo si aggiunge una ricerca ossessiva del miglior tiro (52% da 3 in entrambe le gare), supportato da spaziature sempre perfette a difesa schierata, e la capacità di passatore di tutti i giocatori del roster (27 assist di media nelle prime due partite), analizzare il facile 2-0 diventa quasi banale. La sensazione forte è che il CSKA sia in missione dall’inizio dell’anno e che la corsa possa continuare comodamente fino a Madrid. Per il Panathinaikos poco o niente da salvare, se non la bella gara-1 del ’97 Charalampopoulos e l’atteggiamento mentale di gara-2 in cui i greci, seppur a distanza, sono sempre rimasti nel match. Ivanovic spera che l’aria dell’OAKA cambi qualcosa, ma questa serie, probabilmente, non tornerà in Russia.

FENERBAHCE ULKER-MACCABI TEL AVIV 2-0

 (Foto Savino Paolella 2014)

Nemanja Bjelica è stato fondamentale nelle prime due gare (Foto Savino Paolella 2014)

La sensazione forte è che gli uomini di Obradovic, e tutto l’ambiente Fener, avessero bisogno di una scossa per togliersi di dosso la scimmia dei playoff e continuare a inseguire il sogno partito 4 anni fa e che finora ha regalato solo amarezze. Questa scossa c’è stata in gara-1 quando Jeremy Pargo e la difesa stavano mettendo in grossa difficoltà i turchi. E qui Obradovic non potrà che essere felice, perché la serie è cambiata su un paio di giocate difensive dei suoi, che improvvisamente hanno trovato fiducia, risalendo dal -9 e da una gara tutta dalla parte dei campioni in carica, andando a vincere la partita e poi in carrozza anche gara-2. Il Maccabi ci ha provato, giocando su ritmi alti spinta da Pargo e da tanta intensità difensiva, ma non appena ha abbassato i ritmi è venuta fuori la maggiore profondità del Fenerbahce oltre a qualche problema di troppo nella gestione dell’attacco (troppe palle perse come successo spesso in stagione),  e crediamo che abbia perso il treno per girare questa serie, anche perché la Nokia Arena quest’anno sembra un fortino meno inespugnabile degli altri anni, il Fener è, anche, squadra da trasferta (10 vittorie in stagione on the road, tra cui Mosca, Barcellona e Pireo) e le rotazioni di Goodes sembrano più corte e di qualità inferiore rispetto a quelle di Obradivic, e se non bastasse in gara-2 si è iscritto alla serie Goudelock, assente ingiustificato in gara-1. L’emotività potrà regalare un successo al Maccabi, ma il Fener chiuderà sul 3-1.

REAL MADRID-EFES ISTANBUL 2-0

 (Foto Savino Paolella 2014)

Sospiro di sollievo per Laso dopo gara-2 (Foto Savino Paolella 2014)

La serie sulla carta più scontata ci ha regalato finora le gare più belle ed equilibrate. Soprattutto gara-2 di venerdì sera, grazie soprattutto ad Ivkovic che dimostra ancora una volta, semmai ce ne fosse stato bisogno, che la sagacia tattica e la capacità di leggere le partite non si possono comprare al mercato. L’allenatore serbo ha letteralmente imbrigliato l’attacco del Real ma soprattutto ha mandato in confusione la difesa delle merengues, incapace di ruotare sulla circolazione di palla dei turchi, che hanno eseguito alla perfezione e spesso e volentieri preso tiri con metri di spazio. In gara-1 tutto questo è durato circa 25′, mentre in gara-2, grazie anche ad un Krstic (23 punti e 6 rimbalzi) rebus inspiegabile per i lunghi del Real e ad un Huertel irreale (16 punti e 15 assist), l’Efes aveva la partita in mano sul +7 a meno di 3′ minuti dalla fine, salvo subire un 15-3 che probabilmente ha deciso la serie. Il Real ha confermato ancora una volta due cose fondamentali: la prima è che gli basta giocare, con certi avversari, al 30% per portare a casa la partita; la seconda è che in 4 anni Pablo Laso non è riuscito a creare uno straccio di sistema di gioco che esuli dalle magie delle sue figurine. Sarà un caso ma sotto di lui il Real ha vinto un solo campionato e perso 2 finali europee. Nonostante tutto la serie sembra abbondantemente nelle mani dei blancos, ma fossimo in Fernandez e compagnia cantante non saremmo troppo felici, perché giocando così c’è il serio rischio, quest’anno, di non giocarla nemmeno la finale.

FC BARCELLONA-OLYMPIAKOS PIREO 1-1

(Foto Savino PAOLELLA 2015)

Spanoulis, uomo in più dell’Oly in gara-2 (Foto Savino PAOLELLA 2015)

La serie più equilibrata si sta dimostrando tale, oltre ad essere l’unica in cui il fattore campo è saltato. La cosa interessante, per un certo verso, è che sono state due gare molto simili, come interpretazione, ma con risultato diametralmente opposto. Il Barça ha giocato molto lungo in entrambe le gare, per far valere la sua maggiore fisicità, attaccando spesso e volentieri allo scadere dei 24″ e facendo un uso, anzi abuso, sistematico del pick&roll centrale. L’Olympiakos ha provato a giocare la sua pallacanestro fatta di tanta pressione difensiva, attacco che muove la difesa, tiro perimetrale e aggressività a rimbalzo. In gara-1 gli spagnoli sono volati via a cavallo della prima sirena e dopo hanno addormentato la gara, aiutati dal dominio a rimbalzo che gli ha permesso di avere tanti secondi tiri (ben 15 rimbalzi in attacco in gara-1) ma favoriti anche da una brutta serata al tiro dei greci (solo 27% da 3), a cui sono mancati come l’acqua Spanoulis e Printezis. In gara-2 l’Oly è partito meglio, sapendo già cosa si sarebbe trovato di fronte, Spanoulis, dopo una prima gara da 1 punto e 0 assist, è subito entrato nel match con 7 punti nei primi 11 minuti, dando fiducia ai compagni, soprattutto a Printezis (22 punti e 9 rimbalzi) anima del break nel secondo quarto che ha spaccato la gara. Una volta scappati sul +15 i greci hanno costretto il Barça a giocare una pallacanestro che non è nelle corde di Navarro e compagni, che si sono innervositi oltre misura non riuscendo più a rientrare nel match. Adesso dovrà essere Pascual a inventarsi qualcosa per cambiare l’inerzia che sembra tutta nelle mani dei greci, ma ad Atene sarà difficile vincerne una soprattutto con l’atteggiamento molle di gara-2.

MVP: Tanti protagonisti diversi nelle due gare. A Mosca Teodosic in gara-1 (con 18 punti, 8 rimbalzi e 4/5 da 3), Weems e De Colo in gara-2, ad Istanbul un Vesely signore degli anelli in gara-1, mentre in gara-2 si è rivisto Goudelock, a Madrid ottima gara-1 per Ayon (MVP di gara-1 con 14 punti e 10 rimbalzi) mentre nonostante la sconfitta sono protagonisti Huertel e Krstic in gara-2, a Barcellona si vede un ottimo Satoranski in gara-1 mentre Spanoulis e Printezis incidono a fuoco gara-2. Uno dei pochi a confermarsi sulle due gare è stato però Nemanja Bjelica. Giocatore discusso a volte per il suo atteggiamento molle in confronto al suo enorme bagaglio tecnico. In gara-1 è stato l’anima del Fenerbahce, soprattutto per la grande capacità di far valere le sue doti fisiche a rimbalzo d’attacco (5 in gara-1 e 6 in gara-2) a cui ha aggiunto anche una buona produzione di punti, soprattutto nel primo tempo di gara-1 quando i compagni facevano fatica a vedere il canestro.


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