NAPOLI – In premessa a questa presentazione rinnoviamo il massimo cordoglio e la vicinanza più profonda a Leonardo Mariani, vittima nei giorni scorsi di una perdita gravissima, ma a cui siamo certi reagirà nel tempo con il contributo di tutti noi: il rispetto e l’affetto sono qualcosa che vanno oltre ogni valutazione tecnica, e rappresentano un qualcosa che, nella sua sincerità, è e sarà sempre indiscutibile da parte di ognuno di noi.

INTRODUZIONE 

L’espressione posta a titolo di questa preview sarebbe comparsa su carte geografiche dell’antica Roma e di età successiva in corrispondenza delle zone inesplorate dell’Africa e dell’Asia. E come per i Romani delle guerre puniche si stendeva il fascino di nuove scoperte e di nuovi domini, così per la BPMed Napoli si dispiega il terreno insidioso ma anche stimolante degli scontri che finalmente contano, che faranno la differenza, preparando un terreno arcigno, tutto da provare, e quanto mai pronto a scardinare il record di quattro vittorie consecutive che gli “NB men” di Maurizio Bartocci hanno ben innescato a cavallo tra girone d’andata e girone di ritorno, segnando nel contempo un distacco più tangibile con tutte le altre contendenti di sponda Sud. SPERIAMO SOLTANTO CHE NON CI SIA PIU’ IL FUOCO AMICO DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE, FINO AD OGGI RESTIA NEL CONCEDERE L’AUTORIZZAZIONE PER L’AGIBILITA’ DEL PALABARBUTO. L’AUTORIZZAZIONE INFATTI, PERVENUTA SOLTANTO OGGI  NONOSTANTE I MILLE E PIU’ INVITI DELLA SOCIETA’ PARTENOPEA, E’ QUANTO MAI DETERMINANTE PER RADUNARE IL GIUSTO PUBBLICO, SOPRATTUTTO ALLA VIGILIA DI UNA FASE COMPLESSA E DECISIVA DELLA STAGIONE. LA SCADENZA TUTTAVIA E’ A BREVE TERMINE (19 FEBBRAIO), E SPERIAMO CHE NON SI DEBBANO INGAGGIARE NUOVE LOTTE IN QUESTA DISPERATE CATENE DI PROROGHE VERSO IL NULLA.

IL CONTESTO PRE-PARTITA

Il ciclo infatti che si prospetta per i partenopei è quello da far tremare i polsi, con sfide casalinghe che di assoluto rilievo e trasferte di  alto lignaggio: da una parte gli scontri secchi contro Torino e Omegna, prossime concorrenti per la Coppa di Lega e rispettivamente prima e terza forza a Nord, quindi la successiva quanto “comoda” visita di Capo d’Orlando, attualmente unica inseguitrice a -4, e che non può risvegliarci i ricordi della prima sconfitta stagionale in trasferta; dall’altra, proprio in trasferta, Castelletto e Ferentino, con quest’ ultima mai doma fra le mura amiche, neanche contro quelle formazioni che Napoli, grazie alla benevolenza della sorte, affronterà in casa nelle prossime due settimane. Ci affacciamo quindi a 30 giorni che, contrariamente alle medie termiche, sarà rovente e decisivo per stabilire di che pasta sia fatto l’organico bianco-azzurro, sospeso tra l’umiltà delle dichiarazioni e l’altissimo profilo dei suoi risultati, secondi solo alla Paffoni di coach Di Lorenzo.

Cosa però permette di poter sanare questa contraddizione senza prova di smentita? Due dati, ormai organici a questo collettivo. Innanzitutto il coraggio che i ragazzi hanno sempre sfoggiato, ribadendo un qualcosa che da sempre è determinante per i suoi risultati e che in genere distingue qualsiasi squadra voglia emergere, quale che sia la categoria di riferimento.  Questo coraggio, visto per esempio a Ruvo domenica scorsa (e per l’ennesima volta), consiste nel credere che le partite siano sempre recuperabili, che i confronti siano sempre delle pagine da riscrivere,soprattutto se ci si sveglia in tempo da strafalcioni come quelli commessi in sequenza nel secondo quarto, permettendo così ad avversari già in odore di doccia di tornare a sperare. Nasce così un duello pericoloso, se in cattedra salgono la rabbia del rientrante Tomasiello, la straripante quanto alterna fisicità di Emejuru, accanto alla scaltrezza di Zanotti. Però alla distanza sono emerse le più profonde rotazioni, la leadership a rimbalzo, il contenimento difensivo (che manca sempre meno nei momenti di forcing), ma soprattutto il secondo asso che Napoli può sistematicamente calare con fiducia, tanto più se la posta si alza e le fiches in dotazione scarseggiano.

Si tratta naturalmente di Bernardo Musso, che artefice del primo allungo nei primi 10’, ha poi ripreso in mano la squadra nella ripresa, prima dimenticando un secondo quarto da incubi per sé e per i suoi, poi caratterizzandosi come leit motiv di una manovra offensiva a cui episodicamente si sono aggiunti Sabbatino, Rizzitiello e Lenardon. Il suo 12/19 dal campo con 7 rimbalzi, 5 recuperate e 2 assist confermano il suo ruolo di leader una spanna sopra gli altri, così come si consolida la solidità a rimbalzo che, evanescente nell’ormai noto secondo parziale, ha ritrovato smalto nel secondo tempo con un Iannilli più da lavoro sporco (14 rimbalzi, 5 falli subiti e 3 assist) , e un Rotondo lodevolmente coerente nello svolgere il suo compito settimanale (5+6 rimbalzi con 2 falli subiti).

Nonostante però i 2 punti, fa tremare quel secondo quarto, e se ci fosse stato un avversario di tutt’altra classifica e con tutt’altri stimoli (oltre il mero orgoglio), la partita avrebbe agevolato la loro inerzia, dato il recupero, senza garantire alla BPMed una seconda chance di fuga,poi opportunamente colta nei fatti del PalaColombo.

Servirà quindi un discorso diverso, e di costanza soprattutto in quella che possiamo definire la prova generale della semifinale di Coppa Italia del marzo prossimo. Infatti di scena è la ZeroUno Torino (Domenica, ore 18), unica compagine a Nord con Trento impegnata alla disperata rincorsa della “cannibale” Omegna, e che arriva all’ombra di Fuorigrotta con quattro vittorie di fila inanellate nell’ultimo periodo (l’ultima di queste, convincente, contro Firenze due settimane fa), ma sporcate però dallo scivolone di sette giorni fa al Chiarbola di Trieste, dove i giuliani, sospinti dall’eccellente resa dei soliti Carra e Zaccariello nel terzo quarto, hanno ripreso la marcia con il dodicesimo successo stagionale (70-64).

Passo falso che può starci per tante in questa lega, ma non per il collettivo di Pippo Faina, che, quest’anno più che mai deve offrire concretezza alla diffuse promesse lanciate già l’anno scorso, ma poi sfociate in un sesto posto assai misero rispetto agli investimenti prodotti, soprattutto se in una città che, con la rinascita olimpica, è diventata palcoscenico ideale per tante manifestazioni, soprattutto cestistiche, con gli All Star Game 2004 e 2006, le Final Eight di Coppa Italia (al secondo anno consecutivo) e il sogno Final Four di Eurolega svanito lo scorso anno per scarsa collaborazione tra le istituzioni locali. Sforzi comunque lodevoli per un centro la cui storia cestistica non è soltanto di grande importanza, ma si è spesso intrecciata con le vicende di Napoli, ed è con questo criterio che ripercorreremo le fasi salienti della pallacanestro torinese.

TORINO: LA STORIA ATTRAVERSO I CONFRONTI CON NAPOLI

Gli annali post-bellici ci parlano di un prima sfida fra Napoli e Torino nella Serie A 1949/50, in cui l’Associazione Pallacanestro Napoli e la Ginnastica Torino giunsero prima ad un pareggio in Campania (35-35 – ricordiamo che il pareggio nel basket è stato abolito nel campionato italiano a partire dalla stagione 1956/57), poi ad una vittoria dei “ginnici” al ritorno per 38-31: due punti che però non serviranno ad evitare la retrocessione di entrambi, e con Napoli che risalirà solo nel 1962 grazie le gloriose insegne della Partenope, fondata cinque anni prima. Per la nascita dell’Auxilum occorreranno invece altri quattro anni (1966).

Si pregusta il ritorno al confronto tra il ’72 e il ’74: già fase discendente per la creatura di Amedeo Salerno, che con la gestione Ajken – Pentussaglia si imbatte nella Saclà Asti di un certo Lajos Toth, noto per chi ci leggerà da Udine, Siena e Pesaro: ex giocatore che, arrivato in Italia dopo la repressione sovietica del ’56, si distinguerà proprio in terra astigiana, prima firmando due promozioni consecutive (dalla C alla A), oltre ad una salvezza nella massima serie, quindi conducendo alla promozione la stessa Torino, targata Saclà, e nata proprio grazie al trasferimento della compagine astigiana nel capoluogo piemontese (89-58 e 121-81 in Piemonte , 80-69 e 81-71 a Fuorigrotta).

Napoli e Torino si sfiorano ancora fra il ’74 e il ’75, quando l’Auxilium, targata China Martini e guidata da Augusto Giomo, raggiunge per la prima volta la serie A, mentre la Napoli di Pentussaglia e Di Falco chiude tre lustri di grande serie A, retrocedendo con sole 2 vittorie in 26 giornate di regular season.

Nel 1976 arriva poi la finale di Coppa Korać all’ombra della Mole, persa contro la Jugoplastika Spalato. Memorabile è la partita di ritorno al Palasport Ruffini di Torino, stracolmo oltre ogni limite, in cui 10.000 tifosi di casa sospinsero la squadra ma il risultato di parità al 40′ fu insufficiente per vincere la coppa per differenza canestri.

Gli incroci veri inizieranno quindi solo a partire dalla stagione 1976/77, in A2, ma terminano nella stagione seguente con un bilancio di una vinta e tre perse. Dalla stagione successiva inizia però l’era d’oro dei giallo-blu, che inizia con Sandro Gamba in panchina e proseguirà come detto fino alla metà degli anni ’80, con ben tre semifinali scudetto e tre quarti di finale.

In questi anni giocano a Torino Pino Brumatti, Alberto Marietta, John Grochowalski, Merlatti, Giampiero Savio, Scott May, Riccardo Morandotti, Davide Pessina, Carlo Della Valle, Joe Kopicki, Darryl Dawkins, Kevin Magee, Jay Vincent oltre ai 3 campioni europei Romeo Sacchetti, Carlo Caglieris e Renzo Vecchiato. Ultima stella del basket torinese è stato Alessandro Abbio, prima di trovar fortuna a Bologna.

In questa fase, che poi si protrarrà fino al 1991 (anno della retrocessione degli azzurri in maglia Filodoro), la vittoria dell’Auxilium giunge in ben 9 di 12 confronti, sebbene poi negli ultimi quattro (stagioni 1988/89 e 1990/91), gli azzurri conquistino tre confronti.

Spie di crisi che contagiano presto anche la sponda torinese: l’ultima stagione in A1 risale infatti al 1992-93: nel 1993-94, pur disputando un ottimo campionato in serie A2 la società si auto-retrocede in B eccellenza e da allora i giallo blu hanno disputato i campionati di serie minori con alterne vicende. Dal 2000 rinasce il tifo torinese, i vecchi tifosi si riuniscono sotto il simbolo dei Rude Boys per riportare un segnale nella città di Torino. Attualmente i Rude Boys seguono la PMS Pallacanestro nella quale rivedono una possibilità di crescita del basket cittadino nel ricordo Auxilium.

Nell’estate del 2007, l’Auxilium passa nelle mani della ex Reale Ginnastica e sotto la direzione del coach Marco Spanu disputa il suo ultimo campionato nazionale. Il 19 giugno 2008 con un conciso comunicato stampa la neonata società Torino Basket nata dalla fusione tra Ginnastica e Crocetta, dichiara di rilevare il diritto sportivo dell’Auxilium decretandone l’uscita effettiva dai campionati. Attualmente la storica società torinese dell’Auxilium disputa solamente i campionati giovanili under 14. Nell’estate del 2008 viene predisposta una raccolta firme (2000 firme raggiunte) e una sensibilizzazione cittadina alla scomparsa della storica società torinese: l’iniziativa nell’immediato non produce effetti, ma occorrono pochi mesi per la nascita della PMS Basketball, frutto dell’unione della Pallacanestro Moncalieri e Pallacanestro San Mauro.

Nel suo primo campionato di Serie B Dilettanti 2009-10 la PMS ha centrato l’obiettivo della promozione in Serie A Dilettanti, ed ha anche vinto il suo primo trofeo: la Coppa Italia di Serie B Dilettanti. Nella stagione 2010-2011 la PMS basketball ottiene il sesto posto nel girone A della serie A dilettanti, raggiungendo la salvezza in seguito all’arrivo in panchina di Filippo Faina al posto dell’esonerato Antonello Arioli.

TORINO – IL ROSTER

Come già detto mediocre sesto posto nella scorsa stagione, con il dieci su unidici della gestione Faina che compensa solo parzialmente le appena nove vinte in venti giornate. Quest’anno però si è cercato di tappare la vera falla che ha fatto sempre dubitare sui destini dei piemontesi, e cioé la profondità di una panchina oggi davvero competitiva grazie alle aggiunte di Simone Portannese (15,4 punti lo scorso anno a Siena), Luca Fontecchio (15° rimbalzista del girone A ad Ozzano) e Max Defant, 3/4 attivissimo a Matera . Se poi questo coniuga con la conferma in blocco di un quintetto di lusso, salvo l’esclusione di Cotani (Tassinari,Parente,Conti e Masper), le ambizioni promozione non sembrano così illegittime, provando a sancire l’apice della gestione Paolo Terzolo- Paolo Boella – Julio Trovato, votata a riportare il nome della Città della Mole nei palcoscenici più prestigiosi della pallacanestro nostrana. Ma analizziamo nel dettaglio i protagonisti di questo nuovo tentativo di ascesa.

Non si può non partire dall’allenatore, Pippo Faina, e per il tecnico romano il curriculum da sfogliare è ricchissimo. Classe 1944, un vero veterano, Faina ha allenato in serie A per parecchi anni, quasi tutti in casa Olimpia Milano (1973-78;1988-93;2001-02), sia come assistant coach di tecnici come Franco Casalini e Mike D’Antoni, sia come traghettatore nei momenti più critici della storia meneghina recente: innanzitutto quelli della lenta agonia con retrocessione in A2 (1977), e della risalita che poi lanciò la grande era Billy-Simac firmata Dan Peterson; quindi l’arrivo nella stagione targata Adecco, la più nera della storia bianco-rossa (2002), con la salvezza in A strappata soltanto all’ultima giornata contro la Fillattice Imola di Andrea Mazzon. Tanti quindi i campioni sotto le sue mani, ma in mezzo e oltre al pianeta milanese c’è tanta A2 (Rimini, Padova), ma in particolare Verona (1999-2001),  che con lui in panchina ritrova lo smalto dei primi anni ’90: arriva infatti un’inattesa semifinale contro la Fortitudo di Carlo Recalcati (nonostante il 12° posto in stagione regolare), quindi l’anno seguente viene disputata l’ Eurolega del Grande Slam Kinder, arrivando agli ottavi di finale (persi contro l’Olympiacos di Rivers e Vukcevic). Il piazzamento però è gramo, come quello in campionato (10° posto), manca quindi la riconferma, e forse per la Scaligera l’anteprima del buio inizia lì, dato che nel 2002 arriva il fallimento. Ma di quell’errore non si dimenticherà Giuseppe Vincenzi, che sei anni dopo, e proprio con il ritorno di Faina in panchina, segna la continuità storica del suono nuovo progetto per Verona, affiancandogli non a caso lo scudiero Andrea Fadini, già GM di Napoli nella prima fase ascendente dell’era Maione. Il gruppo del neonato Basket Scaligero conta su giocatori importanti, fra cui Losi, Gueye, Soave e Silvestrucci ai quali si aggiunge, prima della pausa natalizia, Matteo Nobile, già a Verona ai tempi della A1. La Tezenis termina la regular season al secondo posto, e sconfiggendo Albisegnago arriva la promozione in Serie A Dilettanti. Al piano di sopra è subito sesto posto, ma la cavalcata play-off si interrompe con Ozzano, eppure grazie allo scambio di titoli con Pavia,  Verona torna tra i professionisti, anche grazie a Faina, oggi chiamato a risollevare un altr grande decaduta, che però non può avere giocatori di stoffa per provare la risalita, e già in cabina di regia, con Pippo Giusto e Daniele Parente.

Il primo, nato e cresciuto cestisticamente a Moncalieri, è un veterano della società, nonostante la giovanissima età, e gradualmente ha conquistato un valido spazio nelle rotazioni piemontesi, con ben 5 presenze in quintetto consecutive, una media punti doppia rispetto agli attuali 3,8 stagionali (65% da 2), e brillando in valori statistici quali palle recuperate e falli subiti, dove anche sul tren stagionale vanta ottime indicazioni (rispettivamente 1,7 e 2,4).

Così diventa sesto di rottura un nome di lusso come Daniele Parente, arrivato alla sua terza stagione sotto le insegne PMS, 10° assist man della lega con 2,8 “piatti d’argento” ad uscita (in 19 partite 6,3 punti, 51% da 2, 39% da 3, 3,2 rimbalzi e 2,2 palle recuperate), e altro giocatore di ormai lunga esperienza. Iniziata la carriera cestistica nelle giovanili della Vasto Basket, successivamente è stato ceduto al Don Bosco Livorno (società dal 1999 denominata “Basket Livorno”), dove dopo le giovanili ha disputato 8 campionati tra Serie A e Serie A2. Nel 2004-2005 è passato alla Virtus Bologna/Castelmaggiore in Legadue, dove  ha conquistato la promozione in Serie A dopo i play off. L’anno successivo è ancora a Bologna, ma subisce un grave infortunio al tendine d’achille. Parente quindi rimane fermo oltre un anno e rientra solo nel marzo 2006 nella Scavolini Pesaro, che per il fallimento è costretta a ripartire dalla terza serie nazionale: giocherà pochi minuti, ma di qualità, contribuendo alla prima delle due promozioni consecutive a firma Vuelle. In seguito gioca a Brindisi e Pavia, sempre in Legadue, per poi abbracciare la causa dei piemontesi.

Così come scudo e spada della causa torna ad esserlo il totem Cristiano Masper, vero e proprio guerriero dell’area pitturata col “vizio” di avere parecchi punti nelle mani. Ala bergamasca classe ’73 che, vantando un’esperienza preziosissima consumatasi tra A1 (Biella e Roma) e A2 (promozione con Biella nel 2001, oltre a Pozzuoli,Ragusa,Rida Scafati,e più di recente Casale Monferrato e Pavia), è ritornata a Torino rievocando i tempi della sua prima presenza giallo-blu, che si svolse dal ’91 al ’94 sotto le nobili insegne della Auxilium.E’ il capitano, la bandiera della rifondazione, e questo lo si nota sia dal suo profilo di giocatore completo, testimoniato a sua volta da cifre d’alto bordo che confermano il suo ruolo di salda leadership all’interno dell’organico di coach Faina  (13 punti col 55% da 2, 90% ai liberi, 4,3 rimbalzi e 2,6 falli subiti), benchè nelle ultime partite ci sia stato un leggero calo di prestazioni. Su Masper quindi chiudiamo ricordando alcune sue parole, rilasciate alla prima conferenza stampa nella nuova PMS appena lasciata Trapani, sua ultima squadra a precedere la seconda esperienza in giallo-blu:  “Per me Torino ha un sapore particolare, infatti fu proprio da qui che ben vent’anni fa iniziai il mio ancora attivo percorso di giocatore di basket. E’ un trionfo in tutti i sensi, partita dopo partita maciniamo punti e vittorie e questo mi aiuta ad anestetizzare quello che ho vissuto qualche periodo prima, che ormai sta diventando un dolore sopito e sempre più lontano nei ricordi.”

Proseguiamo ancora nei pressi delle plance, dove troviamo l’ala/pivot ventottenne Francesco Conti, arrivato la scorsa stagione reduce dalla trionfale stagione con il Banco di Sardegna Sassari di Meo Sacchetti promosso in Serie A. Nato a Brescia, e cresciuto nel settore giovanile di Varese prima di giocare a Castelletto Ticino con Meo Sacchetti (che ritroverà a Sassari, ma con cui già alla prima esperienza con il Basket Draghi centra una promozione in Legadue), milita poi per due anni in cadetteria, e nello specifico a  Casale Monferrato e Novara, riscendendo quindi a Lumezzane. Al momento offre un apporto di sostanza (8,3 punti di media in 24′), con un buon  mix di atletismo (buona copertura delle transizioni, 61 % da 2, 3,8 rimbalzi) e tecnica (31% da 3) , tuttavia limitato da difetti quali le palle perse (2,7) e i falli subiti (appena 1,6): un varco di cui approfittare?

Intanto non ci allontaniamo troppo dal ferro, dedicandoci all’ala piccola confermata Federico Tassinari: classe ’77, riminese di nascita ma forlivese di adozione (al Palafiera dal 2006 al 2009), è un altro dei pilastri su cui si reggono i destini della Zerouno, con un fatturato di 10.9 punti e 4,2 rimbalzi di media, accanto al 44% da 2 e il 38% da 3. Letale dunque dal perimetro se in giornata di grazia, le statistiche attuali forse nascondono il vero valore di questo giocatore, che pur vantando una doppia cifra di media, l’ha raggiunta soltanto due volte  nelle ultime sette partite (contro Siena e Firenze) . Il suo contenimento, in ogni caso, può rappresentare un vero scacco matto all’assetto ospite, e dovrà sicuramente passare da un maggiore impegno difensivo di Simone Gatti.

Chiudiamo quindi l’analisi dei senior parlando di un possibile valore aggiunto dalla panca, e cioè di Maurizio Giadini. Altro perno della nuova Torino, al momento offre un contributo modesto (3,3 punti + 3,2 rimbalzi in 17′), complice l’estrema competitività nel reparto esterni, ciononostante può sempre far leva del suo profilo di “Vitali d’altri tempi”, essendo guardia di due metri capace di coprire ben quattro ruoli. Cresciuto nelle file della Pallacanestro Varese, dove parteciperà alla vittoria dello scudetto della stella per varese,nel 1999-2000 si trasferisce a Roseto in LegaDue, l’anno successivo passa a Novara, per poi finire a Casale nella stagione 2003-2004. dal 2004 al 2008 si stabilisce a Soresina dove avrà un ruolo fondamentale nella promozione in LegaDue. nel 2008 passa in serie A Dilettanti con Castelletto Ticino, al termine del contratto si accasa alla neo-nata PMS, nel campionato di B dilettanti, e con la quale ottiene la promozione in A-Dilettanti, oggi DNA.

Il nome della categoria non è per cambiato per caso, e Torino ha onorato la transizione con tre giovani, assicurandosi alcuni giovani eccellenti da schierare sul parquet.

Il  primo di questi non può che essere il topscorer dei giallo-blu Torino, il gioiellino siciliano Marco Portannese. Classe ’89, cresciuto nel settore giovanile del Don Bosco Livorno prima di approdare alla Mens Sana Siena, Portannese ha vestito la maglia della Premiata Montegranaro, quindi quella della Virtus Siena nella stagione 2009/2010, divisa che ha indossato nuovamente nella scorsa stagione, iniziata però a Scafati in LegaDue. Il suo profilo rappresenta uno dei migliori talenti del panorama nostrano: agonista, gli piace penetrare nelle aree avversarie, andare a rimbalzo, e recuperare palloni. C’è da migliorare in difesa, ci si può attendere di più nella concentrazione, ma il minutaggio lo giustifica (30,8 a partita), e al momento le cifre sono quanto mai sfavillanti: 16,8 punti a partita (terzo miglior marcatore di categoria), 3,1 palle recuperate, 4,9 falli subiti, e ben 6,3 rimbalzi fanno una valutazione di ben 21,2 per match (quarta di lega), a cui poi in aggiunta si lega una qualità raramente sbiadita (53% al tiro e un eccellente 90% ai liberi). Probabilmente la marcatura del talentuoso  agrigentino verrà affidata a Musso, se la giovane guardia torinese imposterà il proprio gioco dall’arco, mentre in penetrazione potrebbe rappresentare l’ennesimo test per Gabriele Guastaferro, che con la sue buone gambe potrebbe tamponare le penetrazioni dell’under torinese.

Salendo di centimetri, ottime indicazioni arrivano anche da Luca Fontecchio, un ’91 che, con un rendimento in progressiva crescita (premiato dall’ex allenatore di Roma e Milano), sta facendo vedere cose più che discrete fronte a canestro, nonostante manchi ancora qualcosa nel possesso palla e nei falli subiti. 10,4 punti e 3,8 rimbalzi di norma (col 56% da 2), Fontecchio è un 4 molto interno, e arriva in Piemonte dopo aver vestito lo scorso anno la maglia del Gira di Ozzano. Figlio d’arte (la madre è Malì Pomilio, che ha vinto diversi titoli nazionali con la maglia di Vicenza prima di diventare team manager della Nazionale femminile), è cresciuto nelle giovanili della Virtus Bologna, con cui ha vinto il titolo di Campione d’Italia Under 19 nel 2010 esordendo anche in serie A. Nella scorsa stagione l’ala nativa di Pescara ha chiuso in Emilia con 10.6 punti di media a partita, classificandosi al 15° posto per rimbalzi catturati con 6 di media.

Chiudiamo quindi con il 3/4 tridentino Massimiliano Defant, cresciuto all’Aquila Basket ma sbocciato a livello nazionale nella Pallacanestro Reggiana.

Nella scorsa stagione in serie A Dilettanti, disputata con la maglia della Bawer Matera con la quale ha conquistato la salvezza ai playout, Defant, ha prodotto 5 punti di media a partita in oltre 19 minuti, chiudendo al 15° posto nella categoria delle stoppate. Ala dotata di grande atletismo, Defant è stato uno dei trascinatori della Pallacanestro Reggiana al titolo di Campione d’Italia Under 18 e Under 21, per poi essere inserito nel roster di Reggio Emilia nel campionato di LegaDue. Nato a Trento il 1° novembre 1989, Defant ha militato anche nel Perugia Basket, e con questa stagione esaurisce il suo periodo da under, in cui partito come “4 classico”, ha allungato il raggio d’azione e diventando pericoloso anche perimetralmente. Al momento rappresenta il vero e proprio “Guastaferro” sponda ospite, avendo dato il meglio contro le formazioni più underizzate: note liete nelle sue medie le percentuali dal campo (60% da 2 e 44% da 3), anche se il contributo, benchè limitatissimo (appena 10,2 minuti), è piuttosto misero, tanto a rimbalzo (1,5 carambole) quanto nelle iniziative personali.