Abitualmente, quando si è reduci da un sconfitta, si invita a dimenticare, a superare il misfatto, a procedere senza rimpianti e rimorsi per ritrovare i binari della giusta reazione. Stavolta però non ci si può semplicemente rammaricare, stavolta non si possono non nutrire soltanto  rimorsi, perchè forse è e sarà giusto non dimenticare quanto accaduto non più tardi di quattro giorni fa a Castellanza, dove Napoli, chiamata a disputare le Final Four di Coppa Italia di DNA a cui si era qualificata con pieni meriti, si è presentata in forme e modi irriconoscibili rispetto a quel temperamento e a quella volontà di emergere che tutti noi fino ad oggi avevamo apprezzato, e senza esitazioni o critiche che la mettessero in dubbio.

IL CONTESTO PRE-PARTITA

Ci sforziamo, ci proviamo, ma frncamente non pensiamo che Napoli si sia davvero presentata nel varesotto, abbia davvero deciso di salire in Lombardia e giocare quantomeno, fare la sua partita, e anche se con stimoli che in toto potrebbero venir meno, con dignità soprattutto. Dignità che per esempio la sua giustiziera, la ZeroUno, ha comunque espresso in finale,  contro la vincitrice Omegna, rimontando da un infausto -26 a -5 e persino con la speranza del -2 a 30” dalla fine, quando la tripla di un certo Daniele Parente (autentico Cardinali del settentrione nel rendere Musso estraneo al campo, bloccato e vischioso nel suo gioco), si è infranta sul ferro, decretando una vittoria giusta ma non di dominio o di supremazia netta della formazione di Di Lorenzo, che però non collassa mai quando si sente il profumo della vittoria.

Cosa è accaduto? Alcune spie, e questo ahimè è stato negato, già si erano affacciate nella sfida interna contro San Severo, ed è inutile negare che l’appagamento non c’entri per nulla, e osservare che sia esclusivamente un calo atletico (oppure varie defezione) quello alla base di una crisi che in un certo senso ci si sta cercando nonostante gli ottimi risultati ottenuti in 30 giornate di stagione regolare.

Certo, Napoli vuole salire, in fondo vuole la promozione, e la stagione regolare, ormai coperta per oltre metà, evidenzia la legittimità di questa aspirazione: nessuno quindi ritiene che la Coppa Italia appena persa sia il nucleo di un dramma irreparabile, la radica di una crisi che i risultati raggiunti non possono e non devono permettere.

Tuttavia il fatto che soltanto tra un mese ritornino le sfide che contino non giustifica la totale assenza dal campo, e forse, istintivamente quasi, c’è stata una certa aria di supponenza verso quanto ruotava attorno al PalaBorsani: non molto appropriato per chi deve risalire, soprattutto se fino ad oggi lo si è fatto, e bene. Non si sale dal fondo alla superficie in un battibaleno, come qualcuno purtroppo inizia a credere, ma  bisogna continuare a vivere tutti i passaggi della risalita, tutti, senza eccezioni. Con quanto avvenuto sabato è invece sembrato, e non a pochi, che se ne volessero saltare alcuni, quasi come se la Napoli dei canestri appartenesse a una genia superiore, a un sangue blu destinato a pochi, e per questo non contaminabile con chi non ha la nostra tradizione.

Questo sorprende proprio perchè stona decisamente con il paradigma predicato da Salvatore Calise, che non ha mai posto credito nei privilegi (se non facendo leva, e giustamente, sulla wild card necessaria a ripartire), ma fiducia nel solo lavoro, e soprattutto in un lavoro graduale, fatto di un percorso a fasi che per noi, oltre le partite di regular season, poteva ben comprendere la Coppa Italia, vedendolo come traguardo simbolico e obiettivo morale di questo anno davvero inimmaginabile. Certo, non si sarebbe vinto l’Eurolega, lo Scudetto, o la Coppa Italia di A, ma perchè svalutare così tanto l’opportunità di far capire che il passato era definitivamente alle spalle, perchè far prevalere la concretezza (che pur serve) rispetto all’idea di un trofeo che, ottenuto o sfiorato, avrebbe invece ulteriormente rilanciato la squadra, anche in ottica campionato, dissipando ogni dubbio nato con San Severo? Ben figurare in questa rassegna avrebbe rappresentato una tappa di quel percorso che abbiamo richiamato, ed è sembrato che anche stavolta bruciare la tappa potesse essere possibile, sebbene con un approccio completamente diverso da quello con cui si è sempre voluto bruciare le tappe, e in meglio: superando i limiti, non fissandoseli.

Infine sottolineiamo: la BPMed di 30 giornate non può appiattirsi del tutto sull’immagine di quella di Castellanza, e non dobbiamo, non possiamo credere che d’ora in avanti, cosi come d’incanto, si manchi improvvisamente in tutte le armi tipiche: dal tiro da tre (1/18 – percentuale che ricorda una certa Climamio – Carpisa dei play-off scudetto 2006), alla predilezione della transizione (spesso naufragata in palle perse), dalla tenuta a rimbalzo (molto poco capitalizzata in azione offensiva), fino all’intensità difensiva, con grandi pecche sui piccoli piemontesi (Portannese, Giusto e Parente nello specifico).

Ma se è vero che tutto ciò è estremo, d’altra parte sarebbe sciocco negare che tutto questo una base non ce l’abbia, che sia tutto senza ragioni a monte, senza un rimando a quel cocktail di soddisfazione poco propulsiva, capacità di reagire alla marcatura limitativa di Musso (con varietà di soluzioni), infortuni  (Porfido e Rizzitiello) e scarsa motivazione che, siamo convinti, dirigenza e staff valuteranno e a dovere, mescolandolo con una diversa miscela, ripartendo semmai da quella che abbiamo identificata come unica nota positiva della debacle varesina, e cioè le prove offensive dei lunghi,forse troppo poco inclusi in un attacco che non ha saputo riconvertirsi rispetto alla scarsa perimetralità.

Utilissime quindi le prossime quattro giornate, dove si per altro incontreranno formazioni tra cui per esempio Trento e Casalpusterlengo, e che assieme a Trieste comporranno la terna da cui presumibilmente uscirà la nostra quarto-finalista per la post-season, una post-season che ora come ora non sappiamo se attendere con ansia oppure rinviare mentalmente il più possibile, sottolineandone come favorevole o sfavorevole il mese di distanza che ci separa da questo momento della verità.

Si sfruttino queste sfide per studiare al meglio l’avversarie, in vista del momento che conterà, e si sfrutti soprattutto la prossima sfida, per andare oltre la cura di quelle che certamente resteranno come ferite per qualche tempo. Il compito nostro, dei tifosi e della società è di evitare che vengano leccate per troppo tempo, con spirito di umiltà, autocritica, e unità di intenti.

L’AVVERSARIO: BARI

Analizziamo quindi il team prossimo ad ospitare i napoletani, e cioè la Liomatic Group Bari   guidato da un grande uomo di parquet come Giovanni Putignano, lo scorso anno protagonista nell’ottimo campionato di Ostuni, coadiuvato dagli assistenti Roberto Valenzano e Vito Console. Trattasi di una squadra che partecipa a questo campionato attraverso lo sfruttamento della wild card, proprio come Napoli, e che si è attrezzata sicuramente per consolidare, nel tempo, un progetto che mira ad una crescita graduale e a palcoscenici più consoni ad un bacino d’utenza come quello che la città di Bari è in grado di esprimere. Venendo quindi al campo, in cabina di regia troviamo un uomo dal sangue partenopeo come Antonio Ruggiero, play-guardia classe 81, con passato a Fidenza, Porto Torres e Ostuni, fido di Coach Putignano, impiegato per ben 31.0 minuti e realizzando 13.9 pt a gara, risultando 12° nella categoria assist (2.69) e l’86% ai tiri liberi, oltre che 2.1 recuperate. Alle sue spalle agisce Mario Chiusolo, under classe 91 bolognese, che calca il campo per 13.5 minuti scrivendo a referto 1.6 punti a gara e 1.2 assist a gara. Nel reparto esterni si è ben messo in evidenza Fabio Mian, under classe 92, guardia-ala natìa di Gorizia, che ne mette 7.0 in 20.6 di utilizzo. Da sottolineare il 80% ai liberi e l’high stagionale di 17 pt nella vittoria contro l’Acegas Aps Trieste. Altra guardia di considerevole valore è Marco Bona, cremonese con passato ad Ostuni, che ne mette 7.4 in 23.8 di impiego, risultando 23° nella categoria assist (2.08) e con il 75% dalla linea della carità. Un altro campano figura tra le fila dei galletti del basket, beneventano con esperienze a Ferentino, Agrigento, Sant’Antimo e Brindisi, e risponde al nome di Marco Cardillo. In questa prima metà di campionato si è contraddistinto per la pericolosità nel tiro da due (59%) con 11.4 di valutazione media, e 11.3 punti realizzati in 28.0 a segno per l’ala biancorossa. Domenico Barozzi, compagno di reparto anch’egli ala piccola, talvolta utilizzato da 4, è un 1989 di 200cm che in 17.6 minuti disputati a gara ne infila 4.7, con un high stagionale di 14 punti nella gara contro la SBS Castelletto Ticino. Sul perimetro un’altra arma di fuoco per i biancorossi è l’italo-argentino Silvio Gigena. Per chi l’avesse dimenticato, la sua esperienza nel gotha del basket italiano è pluriennale: Ostuni, Bologna Fortitudo, Pesaro, Bologna virtus, Olimpia Milano, Scafati, Livorno, sono alcune delle squadre in cui il classe 75 di Villa Del Rosario ha militato. Le sue cifre confermano la grande esperienza acquisita negli anni di importante carriera nel nostro paese: 10.2 punti in 22.5 minuti e moltissimi dei palloni giocati dal team pugliese passano per le sue mani. Pur priva di ali grandi pure il roster barese presenta sotto le plance un pivottone dalle misure d’oltreoceano: Samuel Deguara, classe 91 maltese, di 224 cm, impiegato per 10.2 minuti di gara e realizzando circa 5 punti a gara, con il 67% al tiro due. Sono 4.9 i rimbalzi catturati a gara e circa 1 palla recuperata ad allacciata di scarpe. Poi lui Mimmo Morena. Ne parliamo volutamente alla fine perché per noi napoletani è ancora LA BANDIERA. Gli esordi nella sua carriera ai massimi livelli sono sulle tavole del Mario Argento con la maglia della Fides Napoli. Poi l’esilio con tante altre maglie tra cui anche quella di Scafati. Il ritorno all’ombra del Vesuvio e la Coppa Italia alzata da capitano! Forse per molti napoletani (non ce ne voglia Simone Gatti) è ancora il nostro capitano, ma speriamo di essere smentiti, con risultati che confermino quanto di buono è stato fatto fino ad oggi.