Dal nostro inviato

Diciamo la verità: non si è visto sempre un grande basket, nella prima giornata dell’Eurobasket di Slovenia, e il girone di Capodistria non ha fatto eccezione. Il che è proprio ciò che l’Italia deve sperare per fare strada in questa manifestazione.

Travis Diener con coraggio contro i lunghi russi (foto A. Bignami 2013)

Travis Diener con coraggio contro i lunghi russi (foto A. Bignami 2013)

Orfana di due giocatori NBA più Hackett, Polonara, Mancinelli e Gigli, la squadra di Simone Pianigiani non può certo vantare un tasso tecnico stellare ed una profondità di panchina tale da poter reggere i ritmi di un campionato stremante come un Europeo, ma finché il talento non verrà fuori, finché le doti dei singoli non troveranno la giusta armonia con il gioco delle rispettive nazionali, finché le partite le vincerà chi fa un tuffo in più, gli Azzurri avranno le proprie carte da giocare, senza nulla togliere al talento di Belinelli e compagni.

Il contributo più grande alle brutture della prima giornata l’ha dato la Turchia, avversario odierno: anche tra gli addetti ai lavori (quando non distratti dalle onnipresenti hostess slovene) serpeggiavano dubbi, o meglio stupore, sull’insolita inefficacia di Boscia Tanjevic nell’instillare nei suoi ordine tattico e voglia di lottare, nonostante i consueti strepiti a bordo campo. Dal presunto leader Hedo Turkoglu, atteso alla riscossa quest’oggi per non rischiare di vedersi appiccicare l’etichetta di bollito (di certo non lo crede il Fenerbahçe, pronto a ricoprirlo di quattrini), a buoni giocatori come Ilyasova e Preldzic, per non parlare della tanto abbondante quanto improduttiva batteria di lunghi, tutti i giocatori turchi, con poche eccezioni, hanno dato l’impressione di essere capitati per caso nello splendido complesso polisportivo Bonifika, come non venissero da settimane di preparazione ostacolata peraltro da molti meno guai fisici rispetto ad altre nazionali (ogni riferimento è casuale).

Alcuni tifosi "tricolori" alla Bonifika Arena (foto A. Bignami 2013)

Alcuni tifosi “tricolori” alla Bonifika Arena (foto A. Bignami 2013)

Non molto migliore la figura rimediata dalla Russia, la cui elaboratissima tattica “palla a Shved e che Dio ce la mandi buona” non è stata sufficiente per ostacolare l’ondata di entusiasmo e orgoglio degli Azzurri, spinta dagli almeno 3000 italiani presenti e dalle giocate da leader di Gigi Datome, ormai idolo assoluto dei nostri tifosi. È vero che anche i russi, abbandonati per vari motivi dai sicuri titolari Kirilenko, Khryapa, Mozgov e, in ultima battuta, Vorontsevich, non possono contare sulla miglior squadra che il movimento avrebbe potuto esprimere, ma se anche oggi dovesse andare storta sarà il caso che la federazione si chieda se cambiare tre commissari tecnici nel giro di pochi mesi, e a pochi mesi dall’inizio dell’Europeo, non sia stata una decisione piuttosto azzardata, pur se le vette di confusione e mancanza di comunicazione toccate dalla Turchia all’esordio rimarranno probabilmente irraggiungibili per generazioni.

Oggi si comincia con l’affascinante sfida nordica tra Finlandia e Svezia, con i finlandesi che si candidano ancora una volta a squadra simpatia della manifestazione, non foss’altro per la reputazione di “ammazzagrandi” che si sono costruiti negli ultimi anni e per l’imponente e chiassosa presenza di pubblico bianco-azzurro costantemente al seguito. Certo Mottola, Rannikko e Muurinen non sono eterni, ma anche tra le nuove leve qualche perla c’è, a cominciare dall’ex virtussino Koponen e dal killer Sasu Salin, il che fa ben sperare per il futuro della selezione finnica ma fa pensare che, per superare il turno, l’Italia non dovrà fare i conti solamente con Russia, Turchia e Grecia.

“Leonidas” Kaimakoglu (foto A. Bignami 2013)

“Leonidas” Kaimakoglu (foto A. Bignami 2013)

Alle 17.30 spazio agli Azzurri contro la rabbiosa (se non sarà così, per l’Italia sarà una passeggiata) Turchia, sperando che l’acido lattico si prenda mezza giornata di ferie, e si chiuderà con la Grecia di Andrea Trinchieri contro un’altrettanto arrabbiata Russia, big match di giornata in quel della laguna slovena. Sicuramente il “Trinka”, apparso raggiante ma con i piedi ben saldi a terra nel post-partita, sperava di affrontare una Russia un po’ meno con le spalle al muro, ma il suo gruppo, dal faro Spanoulis al mascherato “Leonidas” Kaimakoglu (soprannome affibiatogli proprio dal C.T.), ha tutto per “bersi” il girone D come un bicchier d’acqua e iniziare a pensare alle sfide di Lubiana nella seconda fase, che metteranno tra greci e zona medaglie avversarie più impegnative o, per lo meno, con meno problemi di formazione.

Ma Italia, Germania e Serbia, tanto per citare tre squadre che, nonostante le gravi assenze, hanno cominciato l’Europeo con il piede giusto, dimostrano che piangersi addosso, in questi casi, è l’ultima delle soluzioni, e che, visto che in campo si scende sempre in cinque (pur se per i live score della Fiba, a tratti, alcune squadre optavano per un inedito “quartetto” in luogo dell’anacronistico e abusato quintetto…), tanto vale dare fondo alle proprie risorse e, giocando con il cuore e con la testa, dare filo da torcere a qualunque avversario. Ne è un emblema Daniele Magro, utilizzato per un frangente da Pianigiani e apparso subito determinato a dare alla squadra tutto ciò che poteva anche solo per una manciata di azioni, tanto da indurre qualche tifoso ad aprire a tempo di record il gruppo Il minuto di qualità di Daniele Magro” su Facebook. Un ironico tributo ispirato – ne siamo certi – da una sincera simpatia nei confronti del lungo reyerino, richiamato in fretta e furia in seguito all’ultima delle sfortune di questa sciagurata Nazionale, l’infortunio di Angelo Gigli. Un “premio” bizzarro ma meritato per un giocatore ancora “da fare” che però, con impegno e umiltà, si è messo a disposizione della squadra fin dal primo giorno di ritiro e non risparmierà nemmeno una goccia di sudore se e quando sarà richiamato in causa nel prosieguo del torneo. Sperando che “Cusinuwon” continui a insegnare pallacanestro sui due lati dal campo dando agli Azzurri quel riferimento interno di cui hanno tanto bisogno per evitare che gli esterni, oberati di responsabilità, finiscano la “birra” prima della fine della prima fase.