Mancano davvero poche ore al via del campionato NBA. Una stagione lungamente attesa a causa del lockout, ma che ormai è pronta a decollare e viaggiare a ritmi molto intensi. DailyBasket non mancherà di seguirla con attenzione, garantendo una copertura totale e, come dice il nostro nome, quotidiana. Partiamo con le presentazioni delle 30 squadre, i nostri preview, suddivisi per division, che vi aiuteranno ad avere più chiaro il quadro completo della situazione. Andiamo ora con la Northwest

La Northwest Division si configura come una division di medio livello. L’anno scorso 3 delle sue 5 squadre andarono ai Playoff, quest’anno le cose sono leggermente cambiate. Portland, dopo la tegola Roy sembra avviata verso un ridimensionamento, mentre Utah continuerà a soffrire dopo la cessione di Deron Williams. In ascesa invece le quotazioni di Minnesota che dovrebbe abbandonare il ruolo di squadra materasso per tornare ad essere quantomeno rispettabile. Denver è un’incognita, è riuscita a trattenere Nenè e ha un buon gruppo di giocatori, ma le manca la star in grado di far fare il salto di qualità alla squadra. Sopra a tutte le altre però svetta Oklahoma City, dopo aver raggiunto la finale di conference, quest’anno ha cambiato pochissimo ed è tra le pretendenti al titolo.

DENVER NUGGETS  (Matteo Plazzi)

SITUAZIONE: La trade che lo scorso febbraio ha portato all’addio di ‘Melo Anthony e Chauncey Billups verso New York poteva essere la fine di un’era e l’inizio di una lenta e sofferente ricostruzione. Ma lo spostamento di Ty Lawson nello starting five, l’arrivo di due giocatori atletici e forti dal perimetro come Gallinari e Chandler e l’ottimo Felton a dare cambio e sostanza agli esterni, ha comunque consentito alla squadra del Colorado di vincere 18 gare sulle rimanenti 25 e di raggiungere la post season con il 5° posto nella competitiva Western Conference. L’epilogo è arrivato al primo turno, con i Nuggets ad arrendersi in sole 5 gare ai giovani e talentuosi Oklahoma City Thunder. Con l’arrivo del lockout vi è stato un vero e proprio esodo dei giocatori Nuggets, alcuni sono andati in Europa con NBA escape e altri in Cina senza NBA escape. Come ben sappiamo proprietari e giocatori han raggiunto un accordo di massima solo a fine novembre e ora Wilson Chandler, Kenyon Martin e J.R. Smith resteranno bloccati in Cina fino a marzo 2012, mese in cui finirà il campionato cinese. Una grossa perdita per la squadra del Colorado che nonostante questo si è mossa sul mercato e con una trade ha riportato alla corte di Karl il veterano Andre Miller cedendo Felton ai Blazers. Un ritorno importante che consentirà ai Nuggets di avere varietà in regia, tra la velocità di Lawson e l’esperienza a ritmi più bassi e contro difese schierate di Andre Miller. Ma avvenimento ancor più importante, sono stati rifirmati i due giocatori in scadenza di contratto: Nenè ed Afflalo. Il centro brasiliano, sogno del mercato per molte franchigie a corto di big men, ha rinnovato per altre 5 stagioni a 67 milioni di $ mentre il forte difensore americano sarà un Nuggets per altri 5 anni a 43 milioni di $.

QUINTETTO: Il roster giovane e atletico dei Nuggets ha nel piccolo Ty Lawson la punta di diamante; infatti è senza dubbio uno dei più rapidi giocatori da una parte all’altra del terreno di gioco e dopo la trade che ha privato Denver di Billups, è stato il faro del gioco di Karl aiutando i Nuggets a raggiungere la post season. Con la riconferma di Afflalo, Denver si è garantita il vero collante difensivo tra gli esterni, con buona mano da tre e capacità di penetrare. Per Gallinari è l’anno più importante, è uno dei giocatori più versatili dei Nuggets, è un buon tiratore da ogni zona del campo e molto preciso ai liberi, sa costruirsi il tiro ma anche crearlo per i compagni in caso di raddoppio. Nenè per altri 5 anni guiderà i lunghi del Colorado grazie alle sue capacità di giocare in post ma anche fronte a canestro, potendo garantire la consueta precisione dal campo, 61.5% lo scorso anno, il migliore in tutta la lega. Si aspettano da lui miglioramenti a rimbalzo, poiché i 7 rimbalzi arpionati a partita per un’ala grande/centro non sono tantissimi, ma il ruolo che ricopre in difesa grazie alla sua stazza e l’attenzione che gli avversari gli riservano in post, lo rendono fondamentale nello scacchiere di Karl. Mozgov invece deve ancora dimostrare tutto il suo potenziale e questo secondo anno di NBA in cui avrà sicuramente maggior spazio, servirà a fornirgli esperienza utile in futuro.

PANCHINAAndre Miller darà riposo alle guardie titolari e la sua esperienza mista alla buona capacità di giocare fronte e spalle a canestro consentiranno a Karl di variare il proprio gioco, alternando rapide giocate ad attacchi a ritmi più bassi contro difese schierate. Fernandez e Brewer sono stati presi dai Mavs e dovranno colmare il vuoto lasciato da Chandler e Smith. Lo spagnolo dovrà evolversi in un giocatore maturo e continuo, mentre l’ex Florida Gators dovrà superare il momento di difficoltà affrontato lo scorso anno, tornando a quanto di buono aveva fatto vedere nel 2009/10. Al Harrington, vista l’assenza di Kenyon Martin, dovrebbe trovare più spazio anche se le sue caratteristiche sono differenti rispetto all’ex Nets, in quanto predilige il gioco fronte a canestro, i tiri oltre l’arco, attaccando meno il canestro in post. Chris Andersen, se sano fisicamente, porterà come ogni anno atletismo e verticalità sotto canestro, con rimbalzi, schiacciate e stoppate. Faried, prima scelta Nuggets all’ultimo draft, è stato uno dei migliori rimbalzisti dell’ultimo anno in NCAA, nonostante i soli 2.03m di altezza e potrebbe essere molto importante quando Karl deciderà di puntare sul quintetto basso, viste le sue ottime capacità a rimbalzo e a correre in contropiede. Altro rookie che andrà ad infoltire il backcourt è Jordan Hamilton, arrivato nello scambio Miller; l’ex Texas ricorda molto Jr. Smith e al Pepsi center si augurano che siano solo somiglianze di gioco e non caratteriali.

COACHGeorge Karl è alla sesta stagione ai Nuggets e dal suo arrivo nel 2005 in Colorado hanno vissuto una delle ere migliori della loro storia.  328W come head coach di Denver con una percentuale di vittorie dello 0.618, nelle ultime 4 stagioni sempre almeno 50W in regular season e post season sempre centrata sin dal 2005. E tutto questo è solo la punta dell’iceberg di un personaggio leggendario che conta ben 1036 W in carriera da capo allenatore, il 7° nella storia a passare quota 1000 W, purtroppo senza alcuna vittoria finale, con il rammarico delle Finals 1996 con i Sonics, sconfitti in 6 gare dai Bulls di Jordan. I suoi Nuggets sono, cifre alla mano, il miglior attacco NBA con ben 107.5 punti di media a partita e hanno la miglior efficienza offensiva. Difensivamente concedono troppo e i quasi 103 punti subiti a partita lo testimoniano. Ma Karl, nonostante le proprie difficoltà fisiche e il cancro sconfitto più di una volta, è un maestro a sbrogliare e risolvere situazioni complicate.

PROSPETTIVE:  Grazie a giocatori rapidi e giovani, la squadra è costruita per correre e per punire da tre gli avversari sugli scarichi dei penetratori, ma la mancanza di esperienza sotto canestro, al di là dell’ottimo Nenè, potrebbe costare molto contro squadre abili in post e dominanti sotto i tabelloni. I Nuggets segneranno molti punti, come in ogni stagione da quando Karl li allena, ma senza un buon controllo dell’area tenderanno a concedere troppo agli avversari. Il talento resta tanto, così come le incognite legate allo sviluppo di molti giovani giocatori nei quali la dirigenza Nuggets ha investito. Se la scommessa sarà vincente, allora i Nuggets da maggio in poi saranno ai playoffs.

MINNESOTA TIMBERWOLVES (Edoardo Lavezzari)

SITUAZIONE: Dopo aver vinto 15 e 17 partite negli ultimi 2 anni, i T-Wolves sembrano intenzionati ad iniziare una vera ricostruzione. Quest’anno, per quanto possibile, la dirigenza ha fatto le cose in grande per ripartire con un nuovo e ambizioso progetto. La notizia forse più importante è l’ingaggio di Rick Adelman, un grandissimo allenatore, ma di questo parleremo in seguito. Dal draft, con la seconda scelta assoluta è arrivato Derrick Williams, giocatore di talento in grado di ricoprire sia il ruolo di ala grande sia quello di ala piccola. Dal mercato il colpo più importante è stata la firma di J.J. Barea, uno degli uomini chiave della cavalcata dei Mavs verso il titolo dello scorso anno.  Altro giocatore in arrivo, scelto al draft del 2009 è Ricky Rubio, talentuoso playmaker spagnoli di cui tutta la stampa ha parlato lungamente.

QUINTETTO: Indicare in questo momento il quintetto titolare dei T-Wolves è praticamente impossibile, la squadra è ancora un cantiere aperto e nelle due partite di preseason, due successi contro i modesti Bucks, Adelman ha sperimentato molto. Sicuramente in quintetto ci sarà Kevin Love, l’ex UCLA ormai è un All Star a tutti gli effetti e sarà lui a guidare la squadra. L’anno scorso ha chiuso a 20 punti e 15 rimbalzi di media, se riuscisse a ripetersi per Minnesota le cose si farebbero molto interessanti. Un altro punto fermo è Micheal Beasley, l’ex Miami ha tanti problemi caratteriali, ma quando scende in campo è un realizzatore micidiale. Nelle altre posizioni tutto è da decidere, per il ruolo di centro Darko Milicic sembrerebbe il favorito. Il serbo di certo non vale seconda chiamata assoluta al draft del 2003 (davanti a Carmelo Anthony e Dwyane Wade tanto per citare due nomi), ma ha buone mani ed è un discreto rimbalzista. Le incognite più grandi arrivano dal back court, per ora il veterano Luke Ridnour è sempre stato il play titolare, ma con Rubio e Barea che scalpitano alle sue spalle potrebbe perdere il posto. Nel ruolo di guardia, invece il titolare dovrebbe essere Wesley Johnson, giocatore al secondo anno da cui si aspettano grandi miglioramenti dopo un’annata da rookie caratterizzata da alti e bassi.

PANCHINA: Non conoscendo il quintetto anche parlare della panchina diventa difficile, in ogni caso gli elementi più importanti dovrebbero essere Brad Miller, centro di lunga esperienza che dovrebbe dare una mano specialmente in difesa, Derrick Williams, seconda scelta assoluta all’ultimo draft, alle spalle di Love e Beasley, avrà tempo di crescere. Tra i piccoli spiccano Wayne Ellington, una “combo guard” in grado di giocare sia play sia guardia, Bonzi Wells che con la guida di Adelman ha vissuto delle stagioni entusiasmanti e Martell Webster, un’atletica ala piccola dotata di un buon tiro da 3 punti. Resta da definire il ruolo di Rubio e Barea, due playmaker di tipo diverso, più fantasioso e generoso il primo, gran penetratore il secondo, che avranno sicuramente molti minuti a disposizione.

COACH: Rick Adelman  è una un grandissimo allenatore, pur non avendo mai vinto un titolo NBA, ha guidato i Blazers alla finale del ’92 e un decennio più tardi i Kings fino al tempo supplementare di gara 7 delle finali di Conference contro i Lakers i Shaq e Kobe. Con 945 partite vinte in carriera è nella Top 10 degli allenatori più vincenti ogni epoca che più di una volta a saputo portare in alto squadre buone, ma non eccezionali.

PROSPETTIVE: Parlare di Playoff per questa squadra, almeno per quest’anno, è sicuramente un azzardo, ma Minnesota, dopo troppi anni bui, ha finalmente iniziato un progetto coerente per risalire la china. Il talento di certo non manca, i giocatori chiave sono giovani e nessuno ha il contratto in scadenza, la piazza, non essendo tra le più prestigiose, è disposta ad accettare ancora qualche anno in purgatorio. Si prospetta quindi una stagione da lotteria, ma con molte più soddisfazioni delle ultime due annate per i tifosi dei T-Wolves.

OKLAHOMA CITY THUNDER  (Davide Bortoluzzi)

SITUAZIONE: La stagione 2010/2011 dei Thunder si è conclusa ad un passo dalle Finals, con la sconfitta 4-1 patita da Dallas nella finale della Western Conference. I Mavs dello scorso anno avevano le sinistre sembianze di un team in missione, per cui il risultato raggiunto da Durant è soci è da considerarsi soddisfacente, specie alla luce della giovane età del gruppo. Squadra che vince non si cambia e quindi il solo innesto è venuto dal draft, dove Presti ha selezionato Reggie Jackson, point guard atletica e dal buon potenziale, da far crescere dietro a Westbrook.

QUINTETTO: Kevin Durant è una delle stelle della lega, forte di una delle combinazioni fisico tecniche più letali mai viste su un campo di pallacanestro. Il suo mid range game è semplicemente immarcabile per i difensori, inoltre riesce a colpire con efficacia anche dalla lunga distanza. Talvolta soffre la fisicità dei difensori quando deve attaccare il canestro, inoltre non sfrutta adeguatamente i miss match che un giocatore con le sue braccia e la sua statura può avere sui pari ruolo avversari, non possedendo grosse abilità nel gioco in post. Nel complesso i punti di forza superano ampiamente le debolezze e Durant ha tutto per guidare i suoi compagni al titolo. Russell Westbrook è il secondo violino della squadra, point guard dal tremendo impatto fisico e difensivo. Il suo contributo è stato importantissimo durante tutta la stagione regolare scorsa, mentre nei playoff ha avuto alcuni giri a vuoto, denotando ancora limiti in termini di playmaking e al tiro, aspetti su cui dovrà lavorare molto e che hanno messo in dubbio la sua capacità di guidare una squadra da titolo. Thabo Sefolosha è lo specialista difensivo, lo stopper designato con compiti speciali e la licenza di colpire dall’arco quando servito. Sotto canestro Serge Ibaka (soprannominato Ibloker) fa valere le sue doti di intimidatore, garantendo una forte presenza difensiva, inoltre le ottime mani gli consentono di essere pericoloso dal gomito. A completare il reparto lunghi un Kendrick Perkins in grande spolvero: in estate ha perso quasi 15 chili presentandosi tirato a lucido al training camp. I chili persi hanno conferito all’ex Boston maggiore mobilità, consentendogli di ampliare e rendere più efficace il repertorio offensivo, oltre che maggiori possibilità negli accoppiamenti difensivi.

PANCHINA: James Harden è un titolare aggiunto al quintetto base, offrendo fosforo e punti dalla panchina è spesso e volentieri d’aiuto a Westbrook in fase di costruzione. Inoltre con la sua capacità di attaccare a canestro e colpire dall’arco garantisce spesso un cambio di ritmo fondamentale. Eric Maynor è il vice Westbrook, anche se talvolta, specie negli scorsi playoff, riesce ad essere più lucido ed efficace del titolare designato, coprendone i giri a vuoto. Nick Collison e Nazr Mohammed offrono profondità ed esperienza ad un reparto lunghi complessivamente competitivo, mentre Daequan Cook è il tiratore designato sugli scarichi. Completano il quadro il sophomore Aldrich, che lo scorso anno ha passato la maggior parte della stagione in NBDL, ed il rookie Jackson, su cui il management nutre aspettative importanti.

COACH: Scott Brooks è alla sua quarta stagione come capo allenatore (127-106 il record), dopo diversi anni di apprendistato tra Denver, Sacramento e Seattle. La crescita graduale della squadra nel corso di questi anni è anche merito suo, visto che ha saputo gestire efficacemente il talento portato a casa in sede di Draft e trade da parte di Presti. Durante gli scorsi playoff sono sorte alcune perplessità sulla gestione della squadra e di Westbrook, aspetto che avrà un’importanza fondamentale nell’economia di questa stagione e inevitabilmente nel suo futuro sulla panchina dei Thunder.

PROSPETTIVE: L’organico dei Thunder appare solido, profondo e ben attrezzato,  con l’obiettivo dichiarato di conquistare quantomeno la corona della Western Conference. Brooks ha a disposizione una squadra completa in ogni ruolo, con talento fisico e tecnico sufficiente ad arrivare al traguardo più ambito, il titolo. L’unico neo forse è la mancanza di un centro di peso, ma Ibaka, Perkins e Collison possono fornire sufficiente dose di intimidazione e una buona pericolosità offensiva.

PORTLAND TRAIL BLAZERS  (Matteo Plazzi)

SITUAZIONE: Non si può parlare dei Blazers senza un breve riferimento a Brandon Roy. Il suo ritiro a soli 27 anni è stato un fulmine a ciel sereno non solo per Portland ma per l’intera NBA, un giocatore magnifico e decisivo anche in precarie condizioni fisiche, vedi l’incredibile prestazione in gara4 di primo turno playoff contro i Mavs lo scorso aprile, gara indimenticabile per ogni spettatore del Rose Garden. In aggiunta al ritiro prematuro di Roy, le condizioni delle ginocchia di Oden non paiono delle migliori, infatti con ogni probabilità dovrà saltare tutta la stagione 2012, la terza da quando è diventato pro. Ma non è finita, nel 2007 a LaMarcus Aldridge fu diagnosticata la sindrome di Wolff-Parkinson-White (anomalia cardiaca che porta tachicardia) e ad inizio training camp ha avuto un riacutizzarsi di tale problematica, risolta con un piccolo intervento per verificare il sistema elettrico nel cuore. Niente preseason ma probabilmente sarà disponibile per l’esordio casalingo il 26 dicembre. Nonostante queste sventure Portland non è rimasta ferma sul mercato: con una trade si è liberata di Andre Miller in cambio di Raymond Felton, una solida e giovane point guard che potrà alzare il ritmo e rendere più rapido il gioco dei Blazers. Ma non è tutto, infatti l’ultima mossa sul mercato ha portato nuova linfa tra gli esterni con l’accentratore di gioco ma ottima macchina da punti Jamal Crawford.  Infine utile anche l’innesto di Kurt Thomas, seppur lento e acciaccato dal logorio degli anni, ha un bagaglio di esperienza e conoscenza del gioco che farà comodo al frontcourt di Portland.

QUINTETTO: L’accoppiata Felton-Matthews nel backcourt sarà elettrizzante. L’ex Nuggets ha prodotto lo scorso anno la miglior stagione in carriera conclusa con 15 punti e 8 assist di media a partita e lo stesso può dirsi di Matthews, il super acquisto della passata stagione in casa Blazers, simile per caratteristiche a Brandon Roy. Gerald Wallace dopo la trade dello scorso febbraio si è fin da subito ambientato, producendo punti e rimbalzi, anche se il suo carattere egocentrico può sempre regalare sorprese sgradevoli. Aldridge invece è la stella dei Blazers, una delle migliori power forward della NBA con un tiro in sospensione fronte e schiena a canestro instoppabile. La scorsa stagione la consacrazione con quasi 22 punti e 9 rimbalzi di media a partita. Camby è alla 16a stagione NBA, il fisico è logoro ma come in ogni stagione sarà importante a rimbalzo e sotto canestro con le sue stoppate, poiché il suo apporto offensivo è limitato.

PANCHINA:  Da Atlanta a Portland, questo il cammino di Jamal Crawford, sesto uomo di comprovata esperienza con tanti punti nelle mani e dotato di ottime doti atletiche. Il francesino Batum è un’ala rapida ed atletica, oltre ad essere uno degli idoli del Rose garden. L’arrivo di Wallace gli ha tolto alcuni minuti importanti, ma questo è l’anno per migliorare e diventare una star. Kurt Thomas è alla 18° stagione NBA, il suo apporto sarà numericamente limitato ma difensivamente fondamentale. Mills e Williams sono due giovani su cui costruire il futuro, mentre Craig Smith porterà un po’ di fisicità sotto canestro, vista la probabile assenza di Oden per tutta la stagione.

COACH: Nate McMillan. L’ex giocatore ed head coach dei Seattle SuperSonics ha preso le redini dei Blazers nel 2005. La situazione a Portland era sportivamente drammatica, vi erano problemi di cap, i giocatori avevano problemi dentro e fuori dal campo, la dirigenza era pronta a vendere, vista la scarsa affluenza di pubblico. Dopo una stagione da sole 21 vittorie, al draft 2006 vengono scelti due giocatori che cambieranno le sorti del team, LaMarcus Aldridge e Brandon Roy. La squadra migliora di anno in anno, fino al top di 54 vittorie nel 2009 e post season con il 4°record ad Ovest, salvo poi essere eliminati al 1°turno. La storia si ripeterà anche nel 2010 e 2011 con eliminazioni cocenti al 1°turno. Il computo attuale di McMillan alla guida dei Blazers conta 246W-246L.  Il gioco di McMillan è notoriamente sviluppato a ritmi molto bassi, lo scorso anno di media contava 88 possessi in 48 minuti, ultimi nella intera NBA, ma era un approccio sensato viste le attitudini di Andre Miller e Brandon Roy. Ora né Miller né Roy sono più in squadra e gli acquisti di Felton e Crawford, ben più rapidi ed abituati a correre in  contropiede, potrebbero snaturare il gioco di McMillan.

PROSPETTIVE:  Sarà difficile ripetere le gesta del passato, la perdita di Roy è incommensurabile, ma il talento nell’Oregon resta comunque tanto. Tutto verterà attorno alle condizioni fisiche dei giocatori fondamentali e se anche i nuovi acquisti riusciranno a portare energia e linfa al gioco di McMillan, allora la post season sarà alla portata.

UTAH JAZZ (Edoardo Lavezzari)

SITUAZIONE: La fine di un’era. Solo così si può definire la scorsa stagione dei Jazz. Dopo 23 anni e 1221 partite vinte (su 2024) coach Jerry Sloan ha lasciato, a metà febbraio, la panchina degli Utah Jazz, che rinunciavano anche a Deron Williams, giocatore simbolo della franchigia. Con queste due mosse e con la rinuncia a Kirilenko in estate la franchigia dello Utah ha deciso di voltare pagina completamente. Con un payroll ancora pesantemente azzoppato da alcuni contrati onerosi, c’è poco spazio per le rivoluzioni, per questo i Jazz dovranno fare il meglio con quello che rimane dallo scorso anno.

QUINTETTO: La front line dei Jazz vedrà a fianco di Al Jefferson, giocatore decisamente produttivo, ma che ha sempre militato in squadre perdenti, Paul Millsap, ragazzo che molti a Salt Lake City hanno visto come l’erede di Karl Malone, per una certa somiglianza nel modo di giocare. Anche se per ora la carriera di Millsap non è paragonabile a quella del mitico “Postino” l’ex Louisiana Tech è un ottimo giocatore, un vero guerriero e certamente il giocatore più importante della franchigia. In ala piccola ritroveremo CJ Miles, un giocatore con buoni mezzi atletici ma fin troppo incostante; Raja Bell, un veterano che si è costruito una solida carriera NBA sulla difesa e sul tiro da 3 punti, sarà la guardia titolare. Completa il quintetto Devin Harris, playmaker molto rapido, in grado di realizzare moltissimi punti. Il paragone rispetto al suo predecessore Williams è improponibile, ma parliamo pur sempre di un giocatore dagli ottimi numeri. I 5 assist di media con cui ha chiuso la stagione però sono pochi, in questo senso dovrà migliorare.

PANCHINA: il giovane Derrick Favors, arrivato nell’affare Deron, avrebbe tutto per sfondare ma ha ancora bisogno di esperienza per maturare, partendo dalla panchina avrà il giusto spazio per farsi le ossa. Per dare spazio a lui e alla prima scelta Enes Kanter, si è deciso di rinunciare a Memo Okur, passato ai Nets nelle ultime ore e guadagnando in cambio una buona dose di spazio salariale. Nel ruolo di ala piccola Gordon Hayward, dopo una prima annata confortante è chiamato a migliorare ulteriormente, mentre Josh Howard, dopo le difficoltà delle ultime stagioni è in cerca di riscatto, se la salute non dovesse tradirlo nuovamente potrebbe essere una delle sorprese della stagione. In cerca di riscatto anche Jamaal Tinsley, ma dopo le sue più che deludenti ultime annate, nel suo caso una redenzione sembra molto complicata.

COACH: Sostituire un allenatore del calibro di Sloan non sarebbe facile per nessuno, figuriamoci per Tyrone Corbin, che dopo esserne stato assistente, è stato chiamato dal front office dei Jazz per sostituire il maestro. Certamente la mancanza di esperienza potrà essere colmata dalla perfetta conoscenza dell’ambiente, ma il lavoro per l’head coach sarà durissimo.

PROSPETTIVE: Difficile fare un pronostico sui Jazz. In una division in cui l’unica certezza è la superiorità dei Thunder, Utah potrebbe anche arrivare al secondo posto, considerato che le altre tre avversarie non sembrano molto distanti, anzi. Tuttavia un approdo ai playoffs, ad oggi, sembra un ipotesi possibile ma certamente non probabile.


Dailybasket.it - Riproduzione riservata