Altra tappa italiana per l‘NBA 3X Tour che si è disputata a Trieste lo scorso weekend. Tanti appassionati in Piazza dell’Unità con ben 108 squadre iscritte nella categoria Under 16 maschile. 

Parish2013

Parish2013


Il team vincitore, i Warriors di Enea Bordon, Gianmarco Gobbato, Enrico Gobbato e Andrea Mazzone, ha ricevuto anche la splendida sorpresa di poter assistere all’All Star Game di New Orleans in programma il prossimo febbraio. A nobilitare l’evento triestino la presenza del leggendario Robert Parish, soprannominato “The Chief”, il Capo. Carriera infinita per l’ex centro dei Celtics campione NBA per ben tre volte (1981,84-86) con la maglia biancoverde, oltre al successo del 1997 con i Bulls nella sua ultima stagione. Grande realizzatore, non solo in post basso, potenza, classe e tante sfide infinite che lo hanno visto attraversare almeno tre generazioni di centri Pro. Straordinarie ed indimenticabili le battaglie in particolare con Kareem Abdul Jabbar e Moses Malone.
Ecco il resoconto dell’intervista in esclusiva concessa a Dailybasket.

DB: Il soprannome che ha da sempre caratterizzato la sua carriera è stato  “The Chief“, quali sono le origini di questo nickname e chi glielo ha assegnato.

PARISH: “Il primo a darmi questo soprannome è stato Cedric Maxwell (ala grande dei Celtics dal ’77 all’85) perchè gli ricordavo il silenzioso Capo Indiano (The Chief) del film “Qualcuno volò sul nido del cuculo” che ha per protagonista Jack Nicholson. Questo nome poi mi è rimasto per tutta la carriera”.

DB: Quali sono i suoi ricordi delle prime stagioni NBA con i Warriors e qual’era il suo rapporto con il coach Al Atlles, allenatore del titolo di Golden State nel 1975.
PARISH: “La mia prima stagione in NBA è stata straordinariamente importante per il resto della mia carriera. Sapevo di essere pronto per la NBA ma non ero ancora cosciente di quale fosse il mio reale livello. I miei compagni del college erano tutti degli ottimi prospetti e io dovevo capire ancora di che pasta ero fatto. L’impatto da rookie è stato comunque duro, nei playoff venimmo eliminati dai Los Angeles Lakers e dovetti marcare Kareem Abdul Jabbar che mise in una gara anche la bellezza di 39 punti, un vero incubo! Un colpo durissimo che avrebbe potuto anche mettere a repentaglio anche la stima verso me stesso. Una lezione salutare che proprio coach Al Attles mi aiutò a superare con pazienza ed intelligenza. Mi ha aiutato a crescere sia come persona che come atleta, mi ha dato il coraggio per arrivare alla consapevolezza di essere un ottimo giocatore. Devo moltissimo a lui se sono diventato poi un centro con una storia importante nella NBA”.

DB: Dopo i Warriors arriva la straordinaria epopea con i Celtics. Ben 14 stagioni con 3 titoli NBA conquistati. Quali sono i suoi ricordi, le partite, la stagione ed i compagni che ricorda con maggiore piacere.

Parish-Bird-McHale, una delle front line più forti nella storia della NBA.

Parish-Bird-McHale, una delle front line più forti nella storia della NBA.

PARISH: “La squadra che ricordo con maggiore affetto è stata quella della stagione 1985/1986. Eravamo un grande gruppo, molto affiatato.Oltre a Larry Bird e Kevin McHale ( i compagni che ricordo sempre con grande affetto) ed al resto della squadra storica si aggiunse anche un centro straordinario come Bill Walton. Vincemmo grazie al miglior record della lega durante la regular season e fummo fantastici anche durante i playoffs sino alla finale con Houston vinta per 4-2. Ho avuto la possibilità di giocare con grandissimi protagonisti in un’annata che fu veramente splendida”.

DB: Lei è stato uno dei più grandi centri della storia, ha giocato contro decine di avversari straordinari del calibro di Kareem Abdul Jabbar, Moses Malone, Wes Unseld, Bob Lanier, Artis Gilmore e tanti altri. Qual’era il più pericoloso e difficile da sfidare e perchè?

PARISH: “Non ho dubbi a rispondere a questa domanda: Kareem Abdul Jabbar è il migliore. Lo ritengo il centro più forte  e più dominante della storia della lega. Ogni volta giocarci contro era veramente difficile e il suo gancio era totalmente indifendibile, un avversario che aveva un arsenale offensivo incredibile, spesso immarcabile“.

DB: I centri della NBA attuale sono, per caratteristiche tecniche, assai diversi da quelli degli anni ‘70-’80. Se potesse indicare dei giovani pivot da fare crescere e migliorare attraverso i suoi consigli ed insegnamenti quali sceglierebbe.

PARISH: “Mi piacerebbe molto lavorare con DeMarcus Cousins. E’ giovane e ha grandi margini di miglioramento. Dovrà lavorare ancora tanto ma in termini di futuribilità e talento è un giocatore assolutamente interessante. Inoltre mi piace molto Dwight Howard, penso che oggi sia il centro migliore della NBA. Vorrei lavorarci per insegnargli qualche movimento in post basso che credo lo renderebbe sicuramente più completo e potenzialmente devastante”.

DB: Lei ha avuto una lunghissima carriera, oltre 20 anni sempre in grande forma, esistono segreti per questa longevità agonistica e quali i consigli che si sente di dare alle nuove generazioni di centri NBA.

PARISH: “Parlando della mia esperienza personale posso dire di essere stato fortunato perchè non ho mai avuto infortuni  pesanti. In parte credo che abbia influito il mio modo di interpretare il ruolo di centro, sempre molto dinamico, attivo, mantenendo alto il ritmo in ogni gara cercando di sottopormi sempre a sforzi sia difensivi che offensivi. Cercavo sempre di ed allenanrmi con grande continuità ed intensità, non esistono ricette magiche ma il lavoro duro credo paghi sempre”.