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Si fatica sempre dopo un viaggio a tornare alla routine di tutti i giorni, soprattutto se la passione per il basket corre nelle tue vene e ti sposti negli States con un unico obiettivo. Siamo tornati con un po’ di ritardo, ma è stato difficile smaltire la sbornia o “hangover” come lo chiamano loro.

Siamo comunque in tempo per parlare dei tanto chiaccherati Los Angeles Lakers e degli ultimi episodi della serie. Li avevamo lasciati allo sbando e quasi rassegnati a una stagione mediocre ma, dopo la scomparsa dello storico proprietario Jerry Buss e la crisi dei Jazz, li ritroviamo a una vittoria dall’ottavo posto della Western Conference.

Se da un certo punto di vista possiamo capire i progressi di una squadra a cui non manca affatto il talento, possiamo notare la crescita fisica di Howard e Nash e possiamo accettare che uno come Kobe Bryant vada “in the zone” guidando la squadra verso la vittoria,  non riusciamo minimamente a capacitarci di come questi Lakers riescano a finire sotto di venti contro gli Hornets (prima di un ultimo quarto vinto 33 a 9) e poi riescano a recuperare miracolosamente contro i Raptors (grazie alle magie di Kobe), quasi a dimostrare che l’anima e il gioco della squadra emerge solo quando non ci sono più altre possibilità da percorrere.

Il maestro del Killer Instict, al secolo Michael Jordan, nonostante venga ricordato per tutti i tiri decisivi che hanno baciato la retina, per ognuno di essi ne ha sbagliati molti di più. Questi Lakers se continuano a giocare con il fuoco, prima o poi, rischiano di scottarsi.

Per il futuro prossimo le statistiche nelle nove gare dopo la morte di Mr. Buss ci aiutano ricordandoci che oltre a questo Kobe Bryant da 33,7 punti conditi da 6,2 rebs e 6,5 assistenze con il 53,9% dal campo e un 44% nelle “sue” triples, stanno migliorando Dwight Howard, che vanta 15.4 punti e 14,1 rebs con 2,4 stoppate e  Steve Nash (14+5.1 sfiorando il 54% da dietro l’arco), in versione più di tiratore che di direttore d’orchestra.

Nove partite sono un campione poco significativo per esprime giudizi, ma la squadra sembra in crescita (fatta eccezione per Clark) anche nei role players come Jamison e Meeks e, se la corsa ai playoff viene vinta, poi potrebbe succedere di tutto; dallo sweep subito con insulti tra gli attori protagonisti alla favola dei Knicks della stagione 1998-1999.

Questi Lakers sembrano un vecchio pugile in combattimento: barcollante e sfinito che se non lo colpisci con il gancio del K.O., rischia di farti finire al tappeto alla fine dell’ultimo round. Avete presente il film “Cindarella Man” con Russell Crowe? La storia ci insegna che è meglio non giocare contro il cuore dei campioni.

Lasciamo i Los Angeles e ci spostiamo in Texas, più precisamente a Houston, dato che i Rockets per flessibilità finanziaria, età media del roster e per la presenza di James Harden saranno protagonisti dei prossimi anni. Se da una parte i risultati e la squadra stanno andando oltre le più rosee aspettative, il riflesso negativo è il contratto in scadenza di Chandler Parsons. Trentottesima scelta del Draft 2k11, la small forward ex Florida Gators, sta guadagnando solamente 888.250 $ e il prossimo anno, forte dei 15.4 a sera accompagnati da 5.4 rimbalzi e 3.6 assistenze, vorrà battere cassa. Siamo certi che ci saranno parecchie squadre disposte a offrire un contratto ben oltre il reale valore del ragazzo che sta facendo bene, ma deve dimostrare ancora molto prima di valere certe cifre. Houston, abbiamo un problema, dopo aver scovato uno diamante nel sommerso delle seconde scelte sarà difficile trovare il giusto equilibrio tra domanda e offerta.

Scendiamo ora al piano di sotto, la March Madness è alle porte e la tensione sta salendo. Le squadre che ambiscono a uno dei quattro seed 1 nei Regionals usciranno da una ristretta cerchia che comprende Louisville, Gonzaga (certa), Duke, Kansas, Michigan, Indiana e Georgetown. La strada per tagliare la retina al Georgia Dome sarà lunga e dura ma unica.

Per chi non avesse la possibilità di vedere ESPN America vi suggeriamo un servizio che sostituisce il vecchio March Madness on Demand.

Apriamo una piccola parentesi per raccontarvi alcune vicende extra basket che si legano indirettamente al campo da gioco.

Robert Swift

Lo ricordate questo nella foto? Robert Swift scelto dai Sonics direttamente dall’High School nel Draft  del 2004, davanti a gente del calibro di Al Jefferson, Josh Smith, J.R. Smith, Jameer Nelson e Kevin Martin. Dopo aver fatto vedere davvero poco nella lega, a parte una parentesi al secondo anno prima del grave infortunio al ginocchio, Swift nel 2009 è stato tagliato dai Thunders e dopo alcune vicende nella lega di sviluppo ha provato, senza fortuna, un avventura in Giappone  ricongiungendosi con il suo mentore ai tempi dei Sonics, coach Bob Hill. Dopo aver guadagnato intorno agli 11.5 milioni di dollari in carriera, il giocatore deve aver gestito male i suoi averi e nel Gennaio di quest’anno è salito agli onori della cronaca per le condizioni della sua casa al momento dello sfratto.

 

Dopo queste immagini comprenderemo meglio perché una famiglia  di sportivi come quella di Klay Thompson ha scelto di gestire all’antica i guadagni del giovane giocatore dei Warriors.

Passiamo ora agli idoli della nostra redazione, Robert Sacre, che certamente si scorderà contratti alle cifre di Swift, ma che pùò vantarsi della frequentazione del complicato spogliatoio dei Lakers e lascerà nella nostra mente un indelebile ricordo con questa foto.

Zach Galifinakis e Robert Sacre

Peccato che la trilogia de “una Notte da Leoni” sia stata recentemente conclusa (a breve nelle sale italiane il terzo episodio), altrimenti si erano gettate tutte le basi per fare un provino a Sacre!

Ultimamente va molto di moda la Harlem Shake, anche gli indomabili Miami Heat di questi tempi ci hanno regalato la loro versione, molto gradita ai fans. Sono passati 28 anni e ci si dimentica che i veri professionisti del binomio musica e sport sono stati i Chicago Bears nel 1985.

Appena prima di vincere il Super Bowl XX, i Bears si sono iscritti nella storia della musica incidendo il loro singolo “The Super Bowl Shuffle”, che  ha venduto più di 500.000 copie ed è stata nominata ai Grammy Award sempre nel 1985. I Bears sono stati la prima squadra sportiva ad avere un proprio video rap; un altro livello di classe.

httpv://www.youtube.com/watch?v=2v0npNrQhrE

 

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