ATLANTA HAWKS (21-13): La franchigia della Georgia torna lì dove la si aspettava: prima nella Division. Merito di una striscia di sette vittorie consecutive, che diventano otto totali nelle ultime nove gare disputate. L’unica sconfitta in casa dei Pacers per 87-93. Dazio accettabile.

Accelerazione figlia soprattutto di un calendario favorevole (nessuno squadrone nello schedule), senza nulla togliere ai meriti dei ragazzi di Budenholzer, finalmente un pizzico più vivaci ed efficaci. Su tutti, Paul Millsap, decisivo su entrambi i lati del campo e leader tecnico della squadra. Il gran momento dell’ex Jazz che fa il paio con la vena da improvvisato cecchino (anche se dietro c’è un lungo e tenace lavoro) di Horford e le sorprendenti, per continuità, prestazioni di un Kent Bazemore, ispirato anche dalla lunga distanza.

E così, contando anche sulla solita solidità di Teague, Atlanta è riuscita a ovviare anche al pessimo momento di Korver, ormai in lotta prolungata e ostinata con il canestro. Per quello che è da poco il nono miglior tiratore da tre nella storia della Lega, anche un match da 0/10 dall’arco. La sensazione è che il fisico scricchiolante lo limiti sensibilmente.

 

ORLANDO MAGIC (19-13): Nelle ultime due settimane, Orlando ha piazzato un 5-2 niente male. Nessuno scherza più con la banda di coach Skiles.

Blazers, Knicks, Rockets, Pelicans, Nets: queste le recenti “vittime” dei Magic. Entrambe le sconfitte, invece, sono arrivate contro compagne di Division: Atlanta e Miami. Un dato che deve far riflettere ma che preoccupa il giusto. L’obiettivo unico è arrivare ai playoff. La leadership nella Southeast sarebbe solo uno sfizio in più.

Il bilancio, infatti, rimane più che positivo. Le ultime gare hanno confermato la natura della squadra: attacco che viaggia senza grossi patemi sempre oltre quota 100 e difesa che riesce spesso a tenere gli avversari al di sotto della tripla cifra. In caso contrario, la L è quasi automatica.

Numeri che, comunque, ci dicono che Skiles è riuscito a disciplinare il roster, traendone il meglio, o quasi, in entrambe le fasi. Ci è voluto tempo, ma il lavoro sta dando i giusti dividendi. E i benefici si vedono anche sui singoli. Spicca, a proposito, Nikola Vucevic, punta di diamante e stella troppo spesso dimenticata: dal 18 dicembre è costantemente il miglior realizzatore della squadra (20 abbondanti di media) e vicinissimo alla doppia-doppia ogni volta che mette piede sul parquet.

 

MIAMI HEAT (18-13): Solo 3 W nelle ultime 7. Una leggera frenata che ha fatto perdere ai rossoneri posizioni nella Divisione e, ovviamente, anche nella Conference. In un’ipotetica griglia playoff, gli Heat sarebbero settimi. A Est, quest’anno, è proibito rilassarsi troppo.

Bosh continua a dominare, Whiteside stoppa tutto e Wade ci mette la classe. Non sempre, però, basta per salvare la pelle. Anche perché, spesso, sono solo loro tre a funzionare. Non a caso, il tabellino finale segna di frequente cifre attorno a quota 90. Troppo poco per pensare di sfangarla, anche se la difesa rimane una delle più incisive del lotto. Si spiegano perlopiù così i passaggi a vuoto contro Raptors, Pistons e Grizzlies. Non ha alibi invece, il 111-105 casalingo subito dai Nets.

Miami, in sostanza non si smentisce e conferma la propria identità: franchigia potenzialmente ottima ma troppo corta per poter davvero pensare in grande.

 

CHARLOTTE HORNETS (17-14): Il nuovo stop forzato per Al Jefferson, sei settimane a causa rottura della cartilagine del ginocchio destro, potrebbe turbare non poco gli animi dei tifosi del North Carolina.

E’ vero che negli ultimi tempi Big Al è stato più in infermeria che in campo e la squadra ne ha risentito il giusto, ma il suo ritorno sarebbe stato fondamentale per dare una decisa sferzata alla già incoraggiante crescita del gruppo. Il tassello decisivo per fare, forse, un definitivo salto di qualità.

La solidità del progetto, comunque, rimane visibile, nonostante i Calabroni non siano riusciti a tenere il ritmo di inizio dicembre. Gli ultimi quindici giorni portano in dote un saldo negativo di 2-4 che ha fatto scivolare la franchigia di Jordan fuori dalle prime otto della Conference. Sanguinose le tre cadute in serie con Wizards, Rockets e Celtics. Serve ribadire il concetto espresso sugli Heat: nella Eastern è lotta senza quartiere.

MVP di squadra, a mani basse, Kemba Walker, capace di infilare 22 punti con i Grizzlies, 38 con i Lakers e 29 con i Clippers. Bene, al solito, Batum. Da segnalare, e fa tanto piacere, l’exploit di Frank “The Tank” Kaminsky, per due volte oltre quota 20.

 

WASHINGTON WIZARDS (14-16): I capitolini rimangono gli unici della Division sotto il 50% di vittorie. Nonostante un discreto momento di forma, 4-2, rispetto alle delusioni d’inizio dicembre. Il tutto, e ormai è la normalità, senza Bradley Beal.

Quattro vittorie di seguito (Hornets, Kings, Grizzlies, Nets) piuttosto facile da spiegare: Gortat da 21+11 e quasi 2 stoppate di media (miglior giocatore della settimana a Est), Wall da oltre 10 assist e in forma All-Star, Temple che piazza tre partite in fila da 20+ punti (nella sua carriera non aveva mai toccato quota 20).

Il problema è che Temple è già tornato nei ranghi e il Martello Polacco può sì continuare a fare la differenza, ma non a certe cifre. Quindi si ritorna sempre al punto di partenza: John Wall e poi il nulla o quasi. Con rotazioni troppo corte per poter svoltare. Lo urlano le partite perse con Clippers e Raptors, concluse a soli 91 punti e con un apporto pressoché inesistente della second unit.