La reazione che tutti si attendevano alla fine c’è stata. Golden State, dopo due pesanti sconfitte, riporta le Finals in parità, vincendo a Cleveland con un netto +21, maturato soprattutto grazie al pragmatismo e alle scelte adottate da Steve Kerr.

L'avvincente duello tra Andre Iguodala e LeBron James (Foto: heavy.com)

L’avvincente duello tra Andre Iguodala e LeBron James (Foto: heavy.com)

Sin dalle prime battute, infatti, gara 4 non si rivela certo come un mix di spettacolo puro e grandi giocate, bensì rappresenta una svolta tattica che potrebbe rivelarsi decisiva per il prosieguo della serie. Tre i principali accorgimenti apportati dal coach dei Warriors. Raddoppio pressoché costante su LeBron James ogniqualvolta si trovi in situazione di isolamento; utilizzo del quintetto piccolo con Green nel ruolo di “5” e Iguodala da “4” (come nello starting five); aggiustamento dei movimenti senza palla quando Curry gioca il pick’n’roll.
Il piano funziona, eccome. Cleveland, infatti, logorata da una rotazione ridotta all’osso ormai dall’inizio di queste finali, è incapace di reagire. Troppo elevato il ritmo imposto dai suoi avversari, i quali già a metà gara ottengono un vantaggio di 12 lunghezze (54-42). James, esausto e tra l’altro sfortunato nel procurarsi una ferita alla testa cadendo contro una telecamera durante il secondo periodo, prova a punire i raddoppi con scarichi spesso invitanti, raccolti però dal solo Mozgov, bravissimo a sfruttare la leggerezza di Golden State nel pitturato (Ezeli lasciato in panca per tutto l’incontro e Bogut in campo per 2 minuti scarsi). Dall’altra parte, Iguodala e Green imperversano, guidati da un Curry finalmente degno direttore d’orchestra.
L’unico momento in cui sembra che la musica possa cambiare è il terzo quarto, quando LeBron segna 10 punti, ai quali si aggiungono due triple di Dellavedova e 10 di un sontuoso Mozgov. Il parziale di 14-5 che ne scaturisce porta i Cavs a ricucire fino al 70-76 di fine periodo. Si tratta però soltanto di un fuoco di paglia. Nell’ultima frazione Golden State sale di livello nella metà campo difensiva, conducendo sempre James allo scarico sui disastrosi Smith e Shumpert (1/13 da tre punti in due) e mordendo con contropiedi fulminei. In più Curry, meno realizzatore del solito, ma in grado di mantenere efficacemente il timone dei suoi, riesce a rintuzzare il tutto con un paio di canestri chirurgici che chiudono il match.
Ora si torna con la serie in parità, fattore campo ristabilito, in casa degli Warriors, che hanno acquisito delle consapevolezze decisamente maggiori in seguito a questa gara 4.

Golden State Warriors @ Cleveland Cavaliers 103-82 (2-2)

MVP. Senza dubbio Andre Iguodala, ormai un fattore determinante di questa serie. 22 punti con 4 triple, non certo la sua specialità, 8 rimbalzi, ma soprattutto tanta sostanza e una difesa su LeBron James quasi sempre impeccabile. Un’arma in più che Golden State forse non si aspettava di avere.

LVP. Lo 0/8 al tiro dalla lunga distanza, per uno che invece ne fa la propria caratteristica peculiare, è già di per sé eloquente. Se poi aggiungiamo che Cleveland, nelle difficoltà causate dagli infortuni, avrebbe bisogno come il pane del suo talento, ecco che Jr Smith è il primo a finire sul banco degli imputati.

Timofey Mozgov ha sfruttato al meglio la leggerezza dei Warriors in area (Foto: scoopnest.com)

Timofey Mozgov ha sfruttato al meglio la leggerezza dei Warriors in area (Foto: scoopnest.com)

Losing Effort. È un vero peccato per i Cavs che Mozgov abbia prodotto ben 28 punti e 10 rimbalzi in una partita terminata così male. Bravo lui a farsi trovare pronto, sfruttando le scelte tattiche di Kerr, che ha accettato di pagare qualcosa nel pitturato pur di limitare The King. La sua presenza e concretezza serviranno come il pane a coach David Blatt a partire da domenica prossima.

The Unexpected. Dopo aver passato i primi turni dei playoffs a riscaldare la panchina e sventolare asciugamani (a 15 milioni di dollari a stagione…), David Lee è stato rispolverato a sorpresa in gara 3, rispondendo con un’ottima prova, e ripetendosi poi in gara 4, portando dalla panchina centimetri (vista la scelta di Kerr di escludere i due centri di ruolo), 9 punti, 5 rimbalzi e 3 assist in 15 minuti.

Stats of The Game. Due fra tutti i dati maggiormente rilevanti. Da un lato, i soli 20 punti di James, meno della metà dei 41 di media fatti registrare nei precedenti tre incontri. Del resto è umanamente impossibile che LBJ canti e porti la croce senza il supporto dei compagni, in particolare gli esterni. Ed è proprio quello l’altro dato: 19 punti in quattro tra Smith, Shumpert, Dellavedova e Jones. Non proprio un cast di primo livello, ma obbligato certamente a gettare ancora di più il cuore oltre l’ostacolo.

Emanuele Di Girolamo