Ieri abbiamo trattato le squadre che si sono mosse meglio in questa sessione estiva del mercato, oggi invece analizzeremo le squadre che a nostro avviso non hanno tratto immediati benefici dall’apertura del 1° luglio, escludendo però da questa Flop 5 le franchigie che hanno agito negativamente con uno scopo. Da chi ha deliberatamente deciso di rifondare sacrificando vittorie per avere scelte alte ai prossimi draft, vedi i Boston Celtics che prima si sono separati dal coach che li ha portati al 17° anello e poi hanno addirittura ceduto due giocatori simbolo (Paul Pierce e Kevin Garnett), a chi ha deciso di ripartire da un nucleo giovane, vedi gli Utah Jazz, che non hanno rifirmato le due stelle Paul Millsap e Al Jefferson e hanno acquistato tramite trade 3 giocatori in scadenza l’estate prossima (Andris Biedrins, Richard Jefferson e Brandon Rush) puntando forte alle prossime free agency. Quindi il nostro occhio sarà volto invece a quelle franchigie che erano nelle condizioni giuste per operare acquisti mirati e lo hanno fatto in maniera poco convincente.

 

Brandon Jennings e Monta Ellis, i due trascinatori dei Bucks nella passata stagione (Photo-via-blogs.thescore.com)

Brandon Jennings e Monta Ellis, i due trascinatori dei Bucks nella passata stagione (Photo-via-blogs.thescore.com)

1) Milwaukee Bucks: la passata stagione era stata ultimata con un record negativo (38-44) utile comunque per l’ottava moneta ad ovest, ma anche per andare a sbattere contro il netto 4-0 subito contro i Miami Heat. Ne era seguito anche il licenziamento di coach Jim Boylan (subentrato a gennaio dopo l’addio di Scott Skiles) sostituito qualche mese dopo da Larry Drew in uscita dagli Atlanta Hawks. Il mercato però è stato alquanto interrogativo, infatti il general manager John Hammond dopo aver prontamente usato l’amnesty sul super contratto di Drew Gooden, ha ceduto prima il tiratore e punto di forza della second unit JJ Redick ai Clippers poi il difensore Luc Mbah a Moute ai Kings, il tutto in cambio di seconde scelte future. Ma non è tutto, infatti i Bucks non sono riusciti a trattenere il miglior marcatore di squadra Monta Ellis (19.2 punti e 6 assist l’ultimo anno) che ha rinunciato alla player option e ha rifiutato più volte le proposte di rinnovo e inoltre hanno tentato di proporre una offerta al RFA Jeff Teague (offerta poi pareggiata dagli Hawks) ben prima di aver trattato un rinnovo con Brandon Jennings, secondo marcatore e miglior assistman di squadra (17.5 punti e 6.5 assist) che pare non aver preso bene la cosa, non volendo più rimanere nel Wisconsin. Per quanto riguarda il mercato d’entrata hanno trovato un accordo triennale con OJ Mayo, giocatore controverso e forse pagato leggermente troppo ma autore di una più che discreta stagione (15.3 punti con il 41% da 3, 4.4 assist) e comunque necessario nel ruolo. Poi hanno riportato a Milwaukee sia Luke Ridnour che Carlos Delfino, il primo ottenuto dai Wolves in cambio di seconde scelte, il secondo firmando un triennale con soli i primi due anni garantiti. Infine le ultime firma che hanno completato il mercato, il triennale con il 29enne Zaza Pachulia, un lungo di esperienza che va però ad aggiungersi ad un frontcourt estremamente sovraffollato (John Henson e Larry Sanders su tutti) e l’accordo con Gary Neal, guardia in uscita dagli Spurs con buone doti realizzative. In poche parole i Bucks si trovano con tanti, troppi centri e ali forti, ma sono contati in cabina di regia e tra le ali piccole.

Starting five: Luke Ridnour, OJ Mayo, Carlos Delfino, Ersan Ilyasova, Larry Sanders.
Panchina: Ish Smith, Gary Neal, Giannis Antetokounmpo, Ekpe Udoh, John Henson, Zaza Pachulia.

 

Doug Collins, in compagnia di Jrue Holiday. Il primo ha abbandonato i 76ers, il secondo è stato ceduto la notte del draft (AP Photo/ H. Rumph Jr)

Doug Collins in compagnia di Jrue Holiday. Il primo ha abbandonato i 76ers, il secondo è stato ceduto la notte del draft (AP Photo/ H. Rumph Jr)

2) Philadelphia 76ers: per la franchigia della Pennsylvania grandi erano le attese in questo ultimo anno, l’arrivo di Andrew Bynum avrebbe dovuto dare la scossa all’ambiente ma l’ex Lakers non ha mai messo piede in campo. Nel buio di una stagione da appena 34 vittorie Jrue Holiday è stata la sorpresa più gradita grazie alla migliore annata in carriera alla casella punti, rimbalzi e assist (17.7, 4.2 e 8 a partita), dimostrando di essere una delle point guard del futuro visti anche i soli 23 anni. Ma evidentemente la dirigenza dei Sixers, guidata dal nuovo g.m. Sam Hinkie, non lo riteneva un pezzo così pregiato visto che la notte stessa del draft lo ha sacrificato in cambio di Nerlens Noel, 6°scelta assoluta, infortunatasi seriamente al ginocchio pochi mesi fa e con un futuro tutto da costruire. Il posto di Holiday in quintetto sarà preso da Michael Carter-Williams, 11°scelta all’ultimo draft e non certo brillante nelle prime apparizioni alla Orlando Summer League (circa 5 perse di media e un orrendo 27% dal campo, fattori che lo hanno condizionato spesso anche al college), che si aggiunge ad un trittico di nuovi acquisti in uscita dagli Houston Rockets: James Anderson e Tim Ohlbrecht, due giocatori marginali tagliati questa estate, e uno su cui le attese erano tante ma che non ha mai giocato per i noti problemi d’ansia che gli impediscono di volare e lo hanno fatto litigare con tutta la dirigenza di Houston, Royce White. In poche parole i 76ers hanno ceduto la loro giovane stella, smantellando un progetto futuro e si ritrovano al momento anche senza head coach, dato che Doug Collins ha abbandonato il timone dopo 3 anni alla guida. Una situazione non certo rosea e con un roster in cui tutto sarà sulle spalle del trio TurnerYoungRichardson, si prevedono tante sconfitte all’orizzonte.

Starting five: Michael Carter-Williams, Jason Richardson, Evan Turner, Thaddeus Young, Spencer Hawes.
Panchina: Justin Holiday, James Anderson, Royce White, Arnett Moultrie, Kwame Brown, Lavoy Allen, Nerlens Noel, Tim Ohlbrecht.

 

Nash, Gasol, Howard, Bryant e World Peace, il quintetto che avrebbe dovuto fare sfracelli è stato smantellato dopo nemmeno 12 mesi.

Nash, Gasol, Howard, Bryant e World Peace, il quintetto che avrebbe dovuto fare sfracelli è stato smantellato dopo nemmeno 12 mesi.

3) Los Angeles Lakers: a Los Angeles lo spettacolo non manca mai e quanto successo post 4-0 subito al 1° turno dai San Antonio Spurs è degno di un copione trash Hollywoodiano. Tutte le attese erano volte al rinnovo di Dwight Howard, a cui la dirigenza sperava di poter affidare le chiavi della squadra nel post Kobe Bryant, ma il centro ex Magic ha addirittura rinunciato a 30 milioni di dollari pur di non vestire ancora gialloviola. Il g.m. Mitch Kupchak, supervisionato da Jim Buss, è rimasto così a bocca asciutta perdendo anche Earl Clark (accasatosi ai Cavs) e con un monte salari già ben al di sopra del limite massimo (solo con Bryant, Gasol e Nash si toccano i 59 milioni di dollari, di poco sopra il salary cap) si è visto costretto ad usare l’amnesty clause su Metta World Peace (che aveva poche settimane prima esercitato la player option per rimanere ai Lakers), uno dei pochi veri difensori in squadra e fondamentale al titolo 2010, in modo da risparmiare in luxury tax. In questa difficile situazione salariale le uniche mosse possibili sono la mid level exception, utilizzata per firmare per un anno Chris Kaman (31 anni e 10.5 punti, 5.6 rimbalzi l’anno passato ai Mavs) e i contratti al minimo salariale. Con questo tipo di accordo Kupchak ha riportato Jordan Farmar ai Lakers dopo 3 anni di assenza pagando anche un buyout all’Efes Istanbul e ha dato un nuova occasione a Nick Young e a Wesley Johnson, giocatori che in passato avevano molte aspettative sulle spalle (Johnson 4° scelta al draft 2010 era addirittura visto come il nuovo Josh Smith) e le hanno parzialmente deluse (vedi anche l’ultima stagione di Young ai 76ers). L’immediato futuro non è dei più promettenti: Kobe Bryant sta recuperando da uno dei peggiori infortuni che possano capitare a un giocatore con quell’età e chilometraggio, inoltre la squadra costruita avrà enormi problemi nella propria metà campo e difficilmente raggiungerà i playoffs, ma non è nemmeno così male da poter puntare ai primi posti nella lottery.

Starting five: Steve Nash, Kobe Bryant, Nick Young, Jordan Hill, Pau Gasol.
Panchina: Steve Blake, Jordan Farmar, Jodie Meeks, Wesley Johnson, Robert Sacre, Chris Kaman.

 

Il g.m. Rich Cho assieme al presidente Rod Higgins, presentano Al Jefferson alla stampa di Charlotte (AP Photo/Chuck Burton)

Il g.m. Rich Cho assieme al presidente Rod Higgins, presentano Al Jefferson alla stampa di Charlotte (AP Photo/Chuck Burton)

4) Charlotte Bobcats: dopo l’imbarazzante annata da 7 vittorie (peggior record nella storia NBA), i miglioramenti sono stati minimi per una squadra in fondo ad ogni classifica offensiva e difensiva arrivando a sole 21 vittorie (1 sola in più dei Magic post terremoto Howard), risultato che è costato la panchina a Mike Dunlap, sostituito prontamente da Steve Clifford, assistant coach dei Lakers nell’ultima stagione. Le prime mosse del g.m. Rich Cho sono state quelle di utilizzare l’amnesty clause su Tyrus Thomas, giocatore che ha tradito tante aspettative e finito ai margini delle rotazioni, e di scegliere al draft Cody Zeller, ala grande dall’ottimo QI, dai buoni fondamentali e dalla più che discreta gestione della palla nonostante l’altezza. In secondo luogo ha trovato un accordo sia con Josh McRoberts (9.3 punti e 7.2 rimbalzi nelle 26 giocate a Charlotte) che con Gerald Henderson, secondo marcatore di squadra alle spalle di Kemba Walker (15.5 punti a partita). Ma il vero colpo dell’estate per la franchigia del North Carolina è stato il 28enne Al Jefferson, lasciato libero dagli Utah Jazz e firmato dai Bobcats con un triennale da 41 milioni di dollari. Una cifra esorbitante per un giocatore alla 10° stagione tra i pro, con ginocchia sofferenti e con scarsa attitudine difensiva in un team che ne subisce troppi (102.7, penultima difesa della lega). Certamente porterà miglioramenti in termini di punti segnati (17.8 punti con il 49% dal campo l’ultimo anno ai Jazz), pretenderà di essere il fulcro dell’attacco e questo potrebbe rallentare lo sviluppo dei tanti giovani a roster, ma in ogni caso il suo acquisto non sarà così utile a migliorare la situazione complessiva, con i Bobcats ancora in zona lottery.

Starting five: Kemba Walker, Gerald Henderson, Michael Kidd-Gilchrist, Cody Zeller, Al Jefferson.
Panchina: Ramon Sessions, Ben Gordon, Jeff Taylor, Jeff Adrien, Bismack Biyombo, Josh McRoberts, Brendan Haywood.

 

Dirk Nowitzki sarà ancora il fulcro dei Dallas Mavericks (AP Photo/Jonathan Bachman)

Dirk Nowitzki sarà ancora il fulcro dei Dallas Mavericks (AP Photo/Jonathan Bachman)

5) Dallas Mavericks: un intero anno passato a lottare per rincorrere un record positivo e l’ottavo posto ad ovest, obiettivi falliti in parte visto il 41-41 finale che segna sì la 13°stagione positiva consecutiva, ma che non è stato sufficiente al raggiungimento della postseason, complice anche l’infortunio che ha tenuto fuori dai giochi Dirk Nowitzki per i primi mesi di regular season. Tutto era pronto da almeno 12 mesi per portare uno dei top free agent al fianco del tedesco, i contatti erano avviati da tempo, il proprietario Mark Cuban era fiducioso, ma come successo la passata estate con Deron Williams, anche Dwight Howard ha rifiutato il corteggiamento scegliendo un’altra città texana. Una situazione che ha così portato i Mavericks a investire altrove i propri soldi, forse in maniera non troppo ragionata. Infatti dopo aver firmato Shane Larkin (scelto alla 18 all’ultimo draft) e aver acquisito l’israeliano Gal Mekel, hanno trovato l’accordo anche con altri due giocatori nello stesso ruolo, Jose Calderon, 32 anni il prossimo settembre, per un quadriennale da 29 milioni di dollari (tutti garantiti!) e il 30enne Devin Harris per un triennale da circa 9 milioni (contratto che stanno ridiscutendo in questi giorni, vista la frattura al piede di Harris scoperta poco prima della firma). A questi contratti hanno fatto seguito prima l’accordo triennale da poco meno di 9 milioni a stagione con Monta Ellis che prenderà il posto di OJ Mayo, una firma importante vista la carenza di giocatori con sicuri punti nelle mani, poi il biennale parzialmente garantito al centro 32enne Samuel Dalembert ormai nella fase calante della carriera ma acquisto obbligato vista al carenza di big man disponibili, e infine con Wayne Ellington, esterno utile ad allungare la panchina. Il roster in ogni caso vivrà ancora sulle spalle di Nowitzki, con Ellis e Calderon ad aiutarlo (non nella propria metà campo, non essendo specialità della casa) ma è difficile immaginare una squadra così assemblata fare molto meglio rispetto alla stagione scorsa.

Starting five: Jose Calderon, Monta Ellis, Shawn Marion, Dirk Nowitzki, Samuel Dalembert.
Panchina: Gal Mekel, Shane Larkin, Ricky Ledo, Wayne Ellington, Vince Carter, Jae Crowder, Bernard James, Brandan Wright.

 


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