Come ampiamente previsto da tutti gli addetti ai lavori, sarà Kyrie Irving ad aggiudicarsi il premio di miglior rookie della stagione. Passato solo di sfuggita al college con Duke (appena 11 partite), la prima scelta assoluta dell’ultimo draft ha dimostrato di valere subito il livello professionistico. E di essere a dir poco fondamentale per i Cleveland Cavaliers, che da lui hanno fatto partire la ricostruzione, ricavandone un impatto da primo di squadra in punti (18.5) e assist (5.4), con dimostrazioni di maturità, personalità, capacità di far girare la squadra e segnare canestri pesanti. Il bilancio finale di 21 vittorie e 45 sconfitte – con brusco calo finale – non è stato esaltante, ma è andato in crescendo rispetto alla scorsa stagione ed avrebbe potuto essere ancora migliore se il numero 2 non avesse saltato 15 partite per infortunio (4-11 il record). Ma soprattutto con lui è tornato l’ottimismo in una Cleveland martoriata da una tradizione sportiva negativa e depressa dopo l’abbandono di LeBron James, tanto da far ritenere all’ambizioso proprietario Dan Gilbert, che pare intenzionato ad investire in estate, di poter aspirare a tornare nei playoffs già dalla prossima stagione. Curiosamente Irving, primo rookie per punti segnati e percentuale ai liberi (87.2%) e secondo per assist dietro a Rubio, è il secondo giocatore nella storia dei Cavaliers a vincere questo premio. Il primo? LBJ, ovviamente.