Andrea Bargnani nella sfida contro gli Spurs (Source: Maddie Meyer/Getty Images North America)

Andrea Bargnani nella sfida contro gli Spurs (Source: Maddie Meyer/Getty Images North America)

Andrea Bargnani

L’infortunio di Tyson Chandler per una frattura composta alla tibia della gamba destra che lo terrà fuori dalle 4 alle 6 settimane ha dato ancora più responsabilità ad Andrea, con coach Mike Woodson che ne ha aumentato il minutaggio schierandolo da centro titolare nelle partite della settimana, in un quintetto basso con Carmelo Anthony da 4 e il doppio playmaker. Un ruolo che il Mago ha ricoperto spesso anche ai Toronto Raptors mostrando però evidenti limiti sulle due metà campo: nell’ultimo anno il PER (player efficency rating) parametrato sui 48 minuti crolla da 13.6 a 7.0 quando utilizzato da 5, mentre quello del diretto avversario passa da 16.6 a 17.1. Nonostante i tanti dubbi del caso Andrea affronta nel migliore dei modi questi nuovi stimoli e contro i Charlotte Bobcats mette a referto la migliore prova di questo scorcio di stagione, con una partita ricca di grinta e aggressività (8 rimbalzi e 5 stoppate, mai così tante da 3 anni), in cui mostra poca timidezza nel prendersi responsabilità e nel cercare il ferro con la solita pulizia nelle partenze, arresto e tiro, segnando più di 20 punti per la prima volta da 8 mesi a questa parte. E cosa più importante, ogni quintetto schierato da Woodson durante la partita in termini di produzione comprendeva Andrea da centro, diversamente dal trend dei match fino ad ora disputati dove era stato il reale tallone d’Achille. “Coach Woodson e tutti i compagni cercano sempre di aiutarmi e stimolarmi, e io devo aiutarli dando il meglio. Mi cercano, cercano di coinvolgermi nel gioco e ogni tiro che prendo è anche merito loro”, ha sottolineato il Mago. Se nella metà campo avversaria l’importanza e l’utilità di Andrea in termini di versatilità e capacità di allargare il campo sono assodati, lo stesso non può ancora dirsi per la fase difensiva. Chandler è un baluardo fondamentale a protezione del ferro e nonostante Bargnani in situazioni di difesa 1vs1 contro il lungo avversario non sia così negativo, in termini di aiuti e rotazioni Andrea ha enormi lacune e partecipa colpevolmente alla disfatta casalinga contro i San Antonio Spurs, quando nel corso del primo quarto gli esterni texani trovano penetrazioni al ferro senza la benché minima opposizione, segnando 35 punti con il 72.2% al tiro. Errori certo non da imputare al solo Andrea ma anche alla scelta di cambiare su ogni pick and roll, però in molte circostanze l’ex Treviso sembra spaesato e non reagire prontamente. Problematiche che, duole dirlo, il Mago si porterà avanti per il resto della carriera.

 

Marco Belinelli contesta il tiro allo scadere di Gerald Green nella sfida contro i Suns (AP Photo/Eric Gay)

Marco Belinelli contesta il tiro allo scadere di Gerald Green nella sfida contro i Suns

Marco Belinelli

Lo spazio di Marco Belinelli nelle rotazioni di coach Gregg Popovich è ormai garantito in ogni partita, anche se per ora, nonostante le ottime percentuali dall’arco (44.4%, la migliore in carriera al momento), sta incappando in una alternanza di buone e cattive serate al tiro, vedi le due vittorie casalinghe contro i Phoenix Suns e i Golden State Warriors chiuse con un non encomiabile 2/10 dal campo, frutto però di conclusioni costruite con senno, limitando le forzature che ne avevano caratterizzato i primi anni della carriera. Un aspetto che non preoccupa più di tanto, in quanto Marco sta mostrando di vivere non solo del proprio tiro, evidenziando sempre un buon atteggiamento difensivo, aspetto indice di una maturità e di una crescita nel comprendere anche le varie dinamiche di gioco. In particolare contro i Warriors Marco ha sì attaccato poco il ferro (quarta partita in stagione su 6 in cui non va nemmeno una volta in lunetta, in netta controtendenza rispetto al passato), ma nella propria metà campo ha contenuto degnamente in più di una occasione sia Klay Thompson che Andre Iguodala, reggendo bene i contatti, muovendo bene i piedi e, quando in difficoltà, spingendoli intelligentemente sugli aiuti. Ne sono derivati minuti importanti anche nel corso del 4°periodo e perfino il possesso difensivo finale al posto di Tony Parker in marcatura su Iguodala. L’importanza e la considerazione che coach Popovich nutre nei confronti del nativo di San Giovanni in Persiceto la si nota da queste situazioni e a New York viene addirittura lanciato nello starting five al posto di Kawhi Leonard, anche per adattare la squadra al quintetto basso avversario. Marco ripaga la scelta del proprio allenatore con una solida partita fatta di canestri importanti, ma soprattutto di buone letture andando forte anche a rimbalzo, statistica in cui è in netta crescita in questo inizio di regular season, toccando i massimi in carriera (3.3 a partita ben oltre gli 1.8 nelle sei stagioni nella lega). Anche contro i Philadelphia 76ers Marco porta il suo mattoncino alla causa partecipando attivamente al parziale che chiude il match già nel primo tempo e soprattutto mette in mostra una intesa con i compagni in costante miglioramento, così come l’integrazione in un contesto e in un sistema consolidato.

Gigi Datome finalmente in campo (Allen Einstein, NBAE/Getty)

Gigi Datome finalmente in campo (Allen Einstein, NBAE/Getty)

Luigi Datome

I Detroit Pistons sono ancora un cantiere aperto e l’aver saltato l’intera preseason non ha certo giovato, ma dopo la buona prova contro gli Indiana Pacers quando schierato da power forward a contenere avversari esperti e tecnici come Luis Scola e David West, potrebbero aprirsi nuovi orizzonti per lo sviluppo futuro di Gigi. Infatti non è un ruolo che si sposa propriamente con le caratteristiche fisiche di Datome, sopratutto nella propria metà campo dove paga in termini di centimetri e chilogrammi, ma può essere un’ottima chiave di volta per allargare il campo mettendo in difficoltà le frontline avversarie. In ogni caso Gigi non esclude a priori nulla riguardo al suo ruolo in campo: “Lo abbiamo provato in allenamento, se il coach me lo chiederà ancora, non avrò alcun problema a giocare da 4. Cercherò di aiutare la squadra in ogni modo. Mi piacciono le giocate fisiche, mi piace lottare”. Certo, al momento “The Shooter” non ha ancora trovato la giusta regolarità al tiro, in particolare dall’arco (0/7 complessivo contro Pacers e Thunder), ma molti di questi erano “open shots”, non certo forzature e Gigi non pare preoccupato: “Sono un tiratore, pagherei per avere questo tipo di tiri ogni sera. Sono qui per questo e devo solo continuare a giocare senza stare troppo a pensare ai tiri e ai punti segnati. I compagni mi cercano e devo solo capire in fretta come contribuire per il team”. Sebbene la comparsata casalinga contro gli Oklahoma City Thunder sia stata utile per trovare i primi punti e i primi apprezzamenti da parte del pubblico amico dopo alcune giocate energiche, purtroppo i risultati per la squadra di Maurice Cheeks stentano ad arrivare e nelle sfide seguenti le occasioni di giocare minuti importanti si affievoliscono. Contro i Portland Trail Blazers arriva per Datome il terzo DNP di questo inizio stagione, una scelta per certi versi incomprensibile, viste le difficoltà della corta second unit Pistons a produrre e a contenere le sfuriate avversarie. Nel back to back contro i Golden State Warriors però Gigi sfrutta nel migliore dei modi i 17′ in campo, minuti in cui la squadra alza però bandiera bianca contro uno Stephen Curry incontenibile. Datome trova finalmente ritmo al tiro, segnando le prime triple della sua carriera a stelle e strisce e diventando l’italiano più rapido a toccare la doppia cifra (ci riesce alla quarta partita, battendo Danilo Gallinari che vi riuscì alla quinta). Chissà che questa prestazione non faccia salire le quotazioni di Gigi agli occhi di Cheeks, vedendo anche il difficile inizio di Kyle Singler e di Jonas Jerebko.


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