Los Angeles Clippers

Campioni della Pacific in carica e ancora in vetta alla division nonostante non abbiano convinto pienamente, soprattutto a livello di continuità di rendimento e nella propria metà campo dove subiscono più di 100 punti di media a partita, un bel passo indietro rispetto allo scorso anno (94.6 subiti, quarta miglior difesa). Il talento offensivo è tantissimo, l’attacco è come sempre prolifico (106 punti segnati, 3° della lega) anche grazie a Chris Paul, leader NBA con 11.2 assist a cui aggiunge 2.4 recuperi e 19.6 punti, che ne fanno la migliore point guard e uno dei migliori a livello di efficienza, di poco alle spalle di Durant e James. Invece la panchina, se si esclude il contributo di Jamal Crawford, spesso non è all’altezza soprattutto per quanto concerne il frontcourt, per cui si è passati nel complesso dai 40.1 punti e 18 rimbalzi dello scorso anno a circa 31+11 di quest’anno con appena il 41% al tiro. Tra infortuni più o meno seri, nell’ultimo mese la squadra di Doc Rivers ha giocato spesso senza JJ Redick (16.3 punti, 46.7% al tiro e 91.2% ai liberi) e recentemente senza Chris Paul, che rientrerà non prima della pausa dell’ASG, perdite enormi per meccanismi e equilibri, ma nonostante questa situazione complicata i Clippers sono riusciti a vincere partite importanti e a non sfigurare nemmeno nel road trip ad est. Il tutto grazie ad un contributo a tutto tondo di Blake Griffin (nel mese di gennaio quasi 26 punti, oltre a 8.1 rimbalzi, 4.3 assist con il 55% al tiro ed un sorprendente 72% ai liberi su una decina di tentativi, cifra più alta in carriera) oltre che ad un DeAndre Jordan molto più responsabilizzato e macchina di rimbalzi e stoppate (9.6 punti, 14.0 rimbalzi, 2.3 stoppate, massimi in carriera) anche se ancora inaffidabile in lunetta (appena il 41%).

Golden State Warriors

Prima una buona partenza che li aveva lanciati in vetta alla Division guidati dagli “Splash Brothers”, poi un fine novembre nero coincidente con l’infortunio di Andre Iguodala, fino alla striscia di 10 W consecutive, di cui 7 in trasferta, per aprire il nuovo anno grazie ad un enorme impatto di David Lee (23.1 punti, 11 rimbalzi e 61% al tiro durante la striscia vincente). In questo scorcio di stagione la squadra di Mark Jackson continua ad avere uno degli attacchi più devastanti dell’intera NBA (104 punti segnati) anche se un po’ troppo legato alla produzione perimetrale, guidato da uno Stephen Curry sempre più decisivo (24.0 punti, 9.1 assist, 4.5 rimbalzi, tutte cifre più alte in carriera), nonostante non abbia trovato la consueta continuità al tiro (45% dal campo e 40% dall’arco, suoi minimi storici). Enormi i passi avanti nella propria metà campo, infatti gli Warriors sono passati dall’essere una delle peggiori 10 difese della lega lo scorso anno, all’essere una delle migliori 5 parametrata sui 100 possessi, e questo lo si deve anche all’innesto di Andre Iguodala che ha potenziato la protezione del perimetro svolgendo un ruolo di collante tra esterni ed interni, dove anche Andrew Bogut (8 punti, 10.5 rimbalzi e 1.9 stoppate) ricopre un ruolo fondamentale a protezione del ferro. Preoccupa la scarsa profondità della panchina, soprattutto tra i lunghi (out Jermaine O’Neal ed Ezeli), attualmente la peggiore per produzione della intera NBA con appena 23 punti e il 38% al tiro, situazione che porta come diretta conseguenza ad un sovrautilizzo dello starting five che potrebbe essere pagato duramente a stagione inoltrata.

Phoenix Suns

La più grande sorpresa non solo della division ma anche della intera Conference. Nessuno si aspettava i Suns così competitivi dopo una delle peggiori annate nella storia della franchigia, tutti immaginavano un percorso volto alla Lottery e invece la squadra di Jeff Hornacek, serio candidato al premio di coach dell’anno, ha spesso cavalcato il nuovo duo composto da Eric Bledsoe (18 punti, 5.8 assist, 4.3 rimbalzi e 1.5 recuperi, tutti massimi in carriera) e Goran Dragic (19.9 punti e 6.1 assist con il 50% al tiro), coppia di guardie in grado di attaccare il ferro, guadagnarsi liberi importanti, ma anche mettere pressione agli avversari e costruire buone opportunità per i compagni. In aggiunta a questo, la squadra dell’Arizona ha messo in mostra un gioco corale allargando sapientemente il campo con spaziature precise, alzando il ritmo e attaccando spesso il ferro, fattori che ne stanno facendo uno degli attacchi più completi e pericolosi della lega (104.9 punti segnati, tra i migliori 10). Da sottolineare l’impatto di Gerald Green (14.1 punti, con buone medie perimetrali e 3 rimbalzi) e soprattutto di Miles Plumlee (9.5 punti e 8.6 rimbalzi), acquisito nella trade-Scola e diventato rapidamente centro titolare dopo una stagione ai margini dei Pacers. Roster giovane senza una vera e propria star, un record positivo che attualmente vale un posto ai playoffs nella ostica Western Conference, una serie di vittorie importanti contro team al vertice (Portland, Rockets, Warriors, Clippers e Pacers), una difesa pressante e una panchina finalmente produttiva (quinta nella NBA, sfruttando la produzione di Markieff Morris da 12.8 punti e 5.8 rimbalzi e Marcus Morris da 10.0 punti e 4.3 rimbalzi), anche se ora con l’infortunio al ginocchio di Bledsoe tutto potrebbe cambiare.

Los Angeles Lakers

Dopo un’estate alquanto turbolenta non ci si aspettava tanto di meglio da questo inizio di regular season gialloviola, partita in maniera piuttosto positiva con vittorie di tutto rispetto contro Clippers, Rockets e Grizzlies e sempre al limite del 50% fino a dicembre inoltrato. Poi dal 20 dicembre fino ad oggi sole 3 vittorie su 20 partite giocate, con l’infermeria di El Segundo sempre più affollata. Steve Nash ha giocato appena 6 partite senza mai impressionare, Steve Blake aveva preso il ruolo di point guard titolare con buoni risultati (9.8 punti e 7.7 assist) salvo poi infortunarsi seriamente al gomito, poi è stato anche il turno di Jordan Farmar fermato da un problema al bicipite femorale, lasciando così i Lakers scoperti in cabina di regia fino alla firma a fine dicembre di Kendall Marshall che non sta assolutamente mal figurando (10.5 punti e 9.5 assist). In infermeria ancora Kobe Bryant che dopo il recupero accelerato dall’operazione al tendine d’Achille e la firma ad una estensione biennale da 48.5 milioni di dollari, ha subito un altro infortunio, questa volta al ginocchio, dopo appena 6 gare disputate. L’attacco gialloviola nonostante i tanti infortuni continua a produrre anche grazie ad una panchina fatta di giocatori che devono rilanciarsi e dimostrare di poter meritare un ruolo nella lega, come ad esempio Nick Young (16.9 punti segnati di media, attualmente miglior marcatore Lakers insieme a Gasol) o come Xavier Henry, ora infortunatosi al ginocchio. Colpisce negativamente la totale disorganizzazione difensiva, a livello di aiuti, protezione del pitturato e del perimetro di una squadra che subisce ben 106 punti a partita (penultima difesa della NBA).

Sacramento Kings

Fanalino di coda della division e in lotta con i Lakers per il peggior record, i Kings sono ad un nuovo capitolo della loro storia a Sacramento e oltre ad aver modificato l’assetto societario e la guida tecnica, hanno più volte modellato il roster in questo inizio stagione con trade importanti, prima con l’arrivo della controversa seconda scelta al draft del 2011 Derrick Williams, poi con una smobilitazione collettiva (via il playmaker titolare Vasquez assieme a Salmons, Hayes e Patterson) che ha portato Rudy Gay. Un realizzatore non sempre continuo ed efficace, ma che nella sua avventura californiana sta viaggiando ad oltre 20 punti con il 52.8% al tiro (massimi in carriera), e assieme a un DeMarcus Cousins alla migliore stagione in carriera (22.6 punti, 11.6 rimbalzi, 3 assist e 5° come efficienza in tutta la NBA) e a un Isaiah Thomas finalmente perno principale in cabina di regia (19.9 punti, 6.3 assist), stanno portando sicuramente una maggiore qualità all’attacco di Michael Malone. I problemi sussistono però nella metà campo difensiva, dove i Kings anche lo scorso anno erano la peggior squadra NBA e con 104.7 punti subiti a partita restano tra le peggiori della lega, con una squadra poco ordinata e incapace di proteggere concretamente il perimetro.