Kevin Durant.

Kevin Durant.

La Northwest Division non riserva alcuna sorpresa, con gli Oklahoma City Thunder lanciati verso il terzo stendardo consecutivo di campioni della division. Ogni minimo dubbio riguardo la macchina guidata da Scott Brooks è stato dissipato da un ulteriore step up di Kevin Durant in aggiunta al solido lavoro di Russell Westbrook (tornato sopra gli 8 assist di media), da Serge Ibaka e da Thabo Sefolosha sempre più coinvolti sui due lati del campo e dall’immediato impatto nelle spaziature offensive di Kevin Martin.
Distanti 6.5 partite ma in netta ripresa i Denver Nuggets, uno dei roster più profondi senza una vera e propria superstar, che dopo un inizio folle da 17 partite su 23 in trasferta (non accadeva dal 1985 con i Chicago Bulls) hanno mano a mano risalito la china grazie ad un inizio dell’anno da 16 vittorie su 19 giocate e grazie soprattutto al fattore Pepsi Center in cui hanno perso solo 3 partite sulle 25 disputate (terzo miglior record casalingo dell’intera NBA alle spalle di Spurs e Heat). Da segnalare l’apporto di Danilo Gallinari che, inizialmente condizionato da un infortunio, si è rilanciato grazie ad un 2013 da 20 punti segnati a partita con il 46% dal campo e il 43% da 3.
Continuano ad essere in corsa per un posto ai playoffs gli Utah Jazz che come i Nuggets non avevano iniziato la stagione nel migliore dei modi giocando 24 delle prime 40 in trasferta, con annessa perdita di Mo Williams a fine dicembre per un serio infortunio al pollice. Tornati a calcare il parquet dell’Energy Solutions Arena (20-6 il record casalingo al momento), gli uomini di coach Tyrone Corbin si sono ributtati prepotentemente nella lotta per il sesto posto ad ovest e ora attendono l’arrivo della trade deadline il 21 febbraio per decidere cosa fare dei due contratti in scadenza estiva di Al Jefferson e Paul Millsap, migliori realizzatori e giocatori cardine dei Jazz.
Ormai fuori dalla corsa alla post season sia i Portland Trail Blazers e i Minnesota Timberwolves. Per quanto riguarda la squadra dell’Oregon, una flebile fiammella per agganciare l’ottava moneta ci sarebbe ancora, ma nonostante il trio del futuro Lillard-Batum-Aldridge, la squadra di Terry Stotts ha vinto solo 10 delle ultime 24 disputate, subendo troppo nella propria metà campo, in cui sono una delle peggiori squadre della lega per percentuale concessa agli avversari (46,7%, alle spalle solo di Cavs e Suns) e ricevendo un contributo quasi nullo da parte della second unit, contributo come sempre fondamentale mano a mano che ci si addentra nei mesi caldi della regular season. Differente la situazione a Minneapolis con la squadra guidata da Rick Adelman partita carica di aspettative, con un roster completo e ricco di talento, ma finito ancora una volta in fondo alla division per la quarta stagione consecutiva crollando da un record di 16-15 e vincendo solo 3 delle ultime 19 a causa di una sequela infinita di infortuni (su tutti Roy, Budinger, Lee e Love).

MVP
Quello che sta producendo offensivamente Kevin Durant è fuori dal comune. Miglior marcatore della NBA con 29.2 punti segnati a partita, il 52% dal campo, il 43% dall’arco e il 91% dai liberi che rappresentano le medie più alte in carriera e che proseguendo di questo passo potrebbero portarlo ad essere il settimo giocatore della storia del gioco a concludere una stagione da 50-40-90 e il terzo dopo Chamberlain e Jordan a vincere la classifica marcatori per il quarto anno consecutivo. A tutto questo aggiunge 7.4 rimbalzi, 1.2 stoppate, i massimi in carriera in assist (4.4) e palle rubate (1.6), un miglior e più frequente trattamento di palla (incrementato dopo la partenza di Harden) e una difesa più competente sulle linee di passaggio, in aiuto ma anche in 1vs1.

Damian Lillard

Damian Lillard

Le sorprese
Definire la sesta scelta assoluta all’ultimo draft come una sorpresa è forse eccessivo, ma Damian Lillard ha mostrato una maturità e una solidità a gestire certe situazioni in campo che si riscontrano solo dopo anni di esperienza tra i professionisti. Secondo di squadra per punti segnati alle spalle del solo Aldridge con 18.3 a partita e primo per assist a partita con 6.5, in entrambe le specialità è il migliore tra i rookies. Da segnalare anche la buona stagione del sesto uomo dei Jazz, Gordon Hayward (attualmente fermo da 15 giorni per un problema alla spalla) che dall’infortunio di Mo Williams ha incrementato il proprio contributo nei 26 minuti in campo con 14.5 punti segnati, il 47% dall’arco, 3 rimbalzi e 3 assist di media. Menzione d’onore anche per Corey Brewer ritornato stabilmente in doppia cifra (11.3 punti a partita) dopo 3 anni di alti e bassi e per Alexey Shved, il rookie russo, uno dei pochi bagliori nella grigia stagione dei Wolves e subito a suo agio nel mondo NBA (10.5 punti e 4.4 assist).

Le delusioni
Arrivato ai Jazz questa estate nella trade-Harris, Marvin Williams sta affrontando uno dei periodi peggiori della sua carriera, essendo al minimo in punti segnati (8.0), percentuale dal campo (42%) e rimbalzi catturati (3.6) e a tutto ciò si aggiungono le ultime partite disputate in cui il suo impatto è ulteriormente crollato, con coach Corbin che lo utilizza nello starting five ma tende a sostituirlo dopo pochi minuti preferendogli DeMarre Carroll.

Ups
Con questo Durant, Oklahoma City è senza ombra di dubbio la migliore squadra della Division e lotterà fino alla fine per la prima testa di serie della Western Conference e dell’intera NBA. Il record contro le squadre della Conference è di 27-7 (il migliore ad ovest), alla Chesapeake Energy Arena ne hanno vinte 23 su 27 disputate e sono tra le migliori squadre in trasferta con 16 vinte e 10 perse (alle spalle solo degli Spurs). L’unico punto debole di uno degli attacchi più prolifici della lega (106 punti segnati a serata) è la mancanza di una lunga e affidabile rotazione dalla panchina, che a parte il solido contributo di Kevin Martin, di Nick Collison e di qualche sprazzo di Reggie Jackson fornisce ben poco, mettendo qualche dubbio sul raggiungimento dell’obiettivo finale della postseason.

Rick Adelman e Kevin Love (AP Photo/Don Ryan)

Rick Adelman e Kevin Love (AP Photo/Don Ryan)

Downs
Ci si aspettava molto di più dai Minnesota Timberwolves menzionati ad inizio ottobre da tutti gli addetti ai lavori come possibile squadra rivelazione che avrebbe fatto molta strada ai playoffs, ma una serie infinita di infortuni ha falcidiato quasi ogni componente dello starting five (per ultimo Andrei Kirilenko) relegando il gruppo di Adelman al quarto peggior record dell’intera Western Conference. La ricaduta di Brandon Roy per i problemi cronici alle ginocchia (che lo avevano costretto al ritiro a fine 2011) è stato il punto più basso toccato in avvio e ha messo in evidenza il rischio corso dal gm Kahn nel metterlo sotto contratto per un biennio, ma più di tutto ha pesato il doppio infortunio alla mano ai danni del leader e macchina di doppie-doppie Kevin Love. Nonostante tutto, Rubio è tornato in campo da più di un mese e sta lentamente carburando, Pekovic sa mettere in mostra ottimi numeri, il duo russo Shved-Kirilenko può avere un ottimo impatto, Ridnour e Barea possono dare sostanza al backcourt e il tutto consente di guardare alle prossime stagioni in modo positivo, poiché le basi per un nuovo inizio sono state gettate.

Futuro
Difficile scalzare i Thunder dal primo posto nella Northwest Division e in generale dai primi posti della intera NBA. I Nuggets non avranno probabilmente mesi così vantaggiosi e prolifici come il passato gennaio, ma se Gallinari e Lawson dopo le difficoltà iniziali continueranno nella loro crescita, allora potrebbero seriamente agganciare la quarta moneta ad ovest, il che significherebbe vantaggio del fattore campo al primo turno di playoffs. I Jazz lotteranno fino alla fine per accedere alla post season e salvo imprevisti, legati anche alla trade deadline e alla difficoltà di rifirmare sia Jefferson che Millsap, dovrebbero puntare ad una posizione tra la sesta e l’ottava nel tabellone. Per i Blazers probabilmente proseguirà il calo fisiologico dovuto anche ad un sovrautilizzo del proprio starting five, ma questo non metterà in discussione le prospettive future in una squadra con ben otto giocatori e coaching staff nuovi, mentre per i Timberwolves meglio non forzare il recupero degli infortunati, ma pensare alla prossima stagione e puntare a buone scelte al draft di giugno.


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