Dwyane Wade

Dwyane Wade

Le gare d’apertura ad est si chiudono con l’inusuale bilancio di tre vittorie in trasferta su quattro. Dopo Brooklyn e Atlanta, infatti, Washington sbanca Chicago ricordando ai tifosi dei Tori che nell’ultimo scontro diretto in post-season – era il 2005 e le teste di serie erano la 4 e la 5 come ora – la squadra della Capitale riuscì a passare il turno per 4-2. Un’impresa tutt’altro che da escludere in quest’occasione, perché i ragazzi di Wittman (“Nell’allenamento di ieri li avevo visti concentrati come mai prima d’ora” ha detto il coach) giocano con fiducia ed hanno una dose di atletismo sul perimetro e fisicità vicino a canestro che, nonostante Noah, può dare parecchio fastidio agli affaticati Bulls.

Tutto come da copione invece all’American Airlines Arena, con Miami – unica in grado di difendere il vantaggio del campo ad est – vittoriosa sugli orgogliosi Bobcats, che non hanno sfigurato, hanno tenuto botta per tre quarti e qualcosa in più, ma non sembrano proprio avere le armi sufficienti per l’impresa contro un convincente James (che, superando Larry Bird, è diventato l’8° miglior realizzatore ogni epoca ai playoffs) e un ritrovato Wade che, dopo essere stato gestito in regular season, è apparso finalmente in buone condizioni. E se i problemi fisici di Al Jefferson continueranno, la serie rischia di durare poco.

UPS

Nenè. Il brasiliano ritorna in quintetto base e incide pesantemente nella vittoria di Washington con una prova da 24 punti, 8 rimbalzi e un eccellente 11/17 al tiro. Colpisce da fuori come da sotto e, in coppia con Gortat – che segna il sorpasso sul 90-88 a meno di 4′ dalla fine -, vince la battaglia sotto i tabelloni. “Se giochiamo nel modo giusto, l’unico limite è il cielo”, così ha manifestato il proprio entusiasmo a fine gara. E’ la prima volta che Washington vince gara1 di una serie al meglio delle 7 dal 1979.

Il 4° periodo di Washington. Gli uomini di Wittman hanno vinto in rimonta una gara difficile, su un campo che era e resta ostico da violare. Sono stati sotto da metà del 2° quarto fino a 4′ circa dalla fine, hanno reagito al -13 del 3° quarto con 13-2 firmato da quattro uomini diversi. Insomma, non hanno mai mollato ed hanno disputato un 4° periodo davvero notevole, con un 12/12 ai liberi – inusuale per la 25^ squadra della lega nella specialità – e una vittoria a rimbalzo 13-6, nell’ambito di un parziale vinto 30-18.

Wade. Semplicemente ritrovato. 23 punti, 5 assist, 10/16 su azione. “Fisicamente, ero nelle condizioni che volevo. Senza limitazioni o condizionamenti. E’ stata una buona prima gara, non ho dovuto pensare troppo, solo giocare e leggere le situazioni” ha detto Flash, che si è visto al meglio solo raramente durante la regular season, ma con l’apertura dei playoffs ha subito dato risposte confortanti ai compagni e a coach Spoelstra. Non giocava 34′ dal 16 marzo contro Houston.

James Jones. Se i 27 punti (inclusa la pesantissima tripla in chiusura di 3° quarto) con 9 rimbalzi di LeBron erano ampiamente prevedibili, lo era decisamente meno l’impatto di Jones. Spoelstra lo ha preferito a Battier nelle rotazioni e il veterano ha risposto con una prova da 12 punti in 14 minuti, inclusi un paio di canestri dall’arco in momenti caldi del match.

DOWNS

La difesa di Chicago. “Nella nostra metà campo non abbiamo lavorato bene. 102 punti subiti, concedendo il 48% e perdendo a rimbalzo. E’ dura vincere così”, il quadro perfettamente dipinto da coach Thibodeau per descrivere le difficoltà dei suoi a tenere alta l’intensità difensiva e mettere un freno ad una squadra che, soprattutto se prende fiducia, può essere pericolosa per molti.

La fascite plantare di Jefferson. Charlotte ha mostrato alcune buonissime giocate, confermando di aver finalmente costruito un sistema di gioco credibile. Ma se il miglior giocatore della squadra non è fisicamente a posto e già nel 1° quarto, con i suoi a +7, è costretto a rientrare temporaneamente negli spogliatoi, il destino rischia di essere segnato. Al Jefferson può incidere nella serie – e una gara1 da 18+10 in queste condizioni non è poco -, puntando sulla maggiore fragilità degli Heat, che è dentro l’area. Ma se la fascite plantare non gli dà tregua, sarà dura.

D.J. Augustin. Ci prova ed è uno dei pochi in maglia Bulls in grado di crearsi un tiro da solo, ma le scelte sono spesso inadeguate e il 3/15 finale su azione è impietoso. Ne mette 16, frutto soprattutto del 10/10 ai liberi guadagnato sfruttando la rapidità del primo passo, ma dovrebbe anche fare il playmaker e a questo livello non lo è.