Premessa: nonostante le apparenze, non è una classifica di buzzer-beaters. Caso vuole che questi siano i playoffs dei canestri allo scadere. Buon per noi.

5. AL SI PRENDE I RIFLETTORI – Ed ecco la prima giocata sulla sirena, o quasi. Non è una tripla fuori equilibrio o una penetrazione funambolica. E’ un ‘semplice’ rimbalzo più canestro. Al Horford l’autore. Il lungo degli Hawks ha deciso gara-5 della serie con i Wizards alla sua maniera: di intensità, di voglia, di sacrificio. Ha seguito la penetrazione del folletto Schroder, è emerso della lotta nel pitturato e ha fatto esplodere l’urlo di Atlanta. Il tutto, a 1.9 secondi dalla fine, al termine di un match da 23 punti e 11 rimbalzi. La fotografia perfetta di un campione silenzioso, poco appariscente, sottovalutato, ma ricco di talento e carisma.

Josh Smith, assoluto protagonista della rimonta Rockets in gara-6 (Foto: si.com)

Josh Smith, assoluto protagonista della rimonta Rockets in gara-6 (Foto: si.com)

4. UN ‘MORBIDO’ QUARTO D’ORA – Sono convinto che nella “Città degli Angeli” ci fosse già qualcuno pronto a stappare. La bottiglia era lì, in attesa di essere aperta. “Questione di meno di 15 minuti” avranno pensato i tifosi dei Clippers. Ecco sì, quei 15 minuti. Gara-6, Los Angeles avanti 3-2 nella serie e 86 a 68 a 3 minuti dalla fine del terzo quarto. Praticamente fatta, con le prime finali nella storia della franchigia dietro l’angolo.  Anche perché Houston è in bambola, Harden va in panchina e McHale comincia a sudare freddo. E invece, il mondo si ribalta in un battito di ciglia. Le seconde linee dei Rockets iniziano a correre e bombardare da ogni dove, mentre i californiani si addormentano e smarriscono la rotta per il canestro. Quando poi Josh Smith comincia a sparare manco fosse Curry, lo Staples cade in depressione. ‘J-Smooth’ propizia il parziale di 40-15 che trascina la serie a gara-7 e riapre l’album delle occasioni perse dei Clips.  Una parentesi di pura estasi biancorossa, una cosa fuori dal normale che nessuno immaginava. Nemmeno McHale e Harden, spettatori estasiati a bordocampo. Meglio rimettere la bottiglia al fresco.

3. LEBRON IN THE SKY WITH DIAMONDS –  LBJ sa decidere le partite da solo, come e quando vuole. In attacco ovviamente, ma anche in difesa. Eh sì. Vedere per credere la stoppatona rifilata a Derrick Rose nel finale di gara-5. Il play dei Bulls andava per il pareggio, convinto che il suo tiro si sarebbe spento dolcemente nella retina. Non aveva fatto i conti con quel robot che porta il numero 23 sulla schiena. LBJ segue l’azione, tiene gli occhi fissi sul pallone, sceglie il tempo, conta i passi e spicca il volo. La testa arriva oltre il ferro, la mano non si sa. Forse sul soffitto della Quicken Loans Areana, forse ancora più su.

2. PIERCE, FOR THE WIN! – E’ passata ormai quasi una settimana intera dalla giocata che occupa la seconda piazza. Sabato scorso, a notte inoltrata, il signor Paul Pierce ha deciso di conquistarsi le luci della ribalta. Ancora. Era gara-3, Washington e Atlanta erano in parità sul 101 e il cronometro scorreva veloce. Wittman si affida al suo uomo con ‘più attributi’, ovviamente. ‘The Truth’ tiene palla, tiene ancora palla, ancora e ancora. C’è chi si domanda che cosa stia facendo e chi, invece, ha già dato per scontato che il #34 abbia perso il momento buono. Mmm, proprio no! L’ex Celtics scarta verso sinistra e sgancia il jumper fuori equilibrio che flirta con la tabella e ricasca nel cesto. Magia, con un pizzico di sorte. Come normale che sia. Schroder, che in quel momento stava di fronte al match winner, nel post-partita dichiarerà: “E’ stato un tiro fortunato”. Da leggenda la replica di Pierce: “E’ ancora giovane. Forse non ha visto gli ultimi 17 anni di NBA. Forse quando mi ha usato a NBA2K ha tentao lo stesso tiro e ha sbagliato”.

1. LEBRON IN BUCA D’ANGOLO – Ancor prima che decidesse di svitare le lampadine del Palazzo di Cleveland, tutto il mondo stava già parlando di ‘Sua Maestà LeBron James’. Perché? Per quei pochi che non lo sapessero, LeBron aveva messo la sua firma in calce sulla serie ben 48 ore prima, con la prodezza allo scadere di gara-5. A prescindere dai discorsi su chi avesse deciso cosa e su quale gioco fosse stato programmato da Blatt, il jumper dall’angolo entra di diritto nella storia di questi playoffs. Anzi, nella storia. Punto. Una conclusione di una difficoltà pazzesca, per motivi puramente tecnici ma non solo. Segnare da lì, così, è da fenomeni. Farlo all’ultimo secondo, con la serie che rischia di sfuggirti dalle mani e con la pressione del mondo addosso, è solamente da ‘Prescelti’.


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