Lance Stephenson

Lance Stephenson

I Pacers continuano a viaggiare con l’ottimo passo imposto alla loro andatura sin da inizio stagione e guardano realisticamente al miglior record di conference o addirittura a quello della lega come obiettivo raggiungibile. Di certo non è più un problema da tempo la corsa al titolo della Central Division, facile terra di conquista per gli uomini di Vogel, che hanno vinto 7 delle ultime 10 partite e, dopo qualche minimo appannamento con le sconfitte ad Orlando, Minneapolis e in casa contro Dallas, hanno ripreso la marcia e sono in serie aperta di 5 successi. Così possono lavorare sull’inserimento di Evan Turner, chiamato a dare un’ulteriore dose di qualità alla panchina al posto di un Danny Granger poco incisivo nel nuovo ruolo, ritagliatogli per la crescita esponenziale di Paul George e soprattutto nell’ultimo anno e mezzo di Lance Stephenson. L’ex Sixers finora, in 4 partite (tutte vinte), ha inciso soprattutto nel successo a Boston, quando con i 7 punti del 2° quarto ma in particolare i 10 del 4° ha dato una bella spinta ai compagni, che per il resto lo hanno visto tirare male, con prove attorno al 20% sia contro Milwaukee che contro Utah. Non un impatto esaltante, ma c’è tempo per crescere, agevolato da una struttura di squadra che già funziona. Di certo non è quel tiratore naturale che probabilmente sarebbe servito maggiormente, ma è un giocatore di buon talento offensivo che giocando con la second unit può avere la palla in mano e rendersi pericoloso. I suoi minuti però dipenderanno da quanto saprà applicarsi e dare continuità nella metà campo difensiva. Intanto, in attesa di vedere Bynum – lontano settimane dall’esordio, ha detto Vogel – è cresciuto anche l’impatto di Mahinmi.

Tom Thibodeau (fonte: Jonathan Daniel/Getty Images)

Tom Thibodeau (fonte: Jonathan Daniel/Getty Images)

Tom Thibodeau potrebbe essere un candidato legittimo al ruolo di allenatore dell’anno, perché ancora una volta sta dimostrando di aver dato ai suoi Bulls certezze più solide delle sconfitte, degli infortuni e della sfortuna. Così una squadra più volte apparsa sull’orlo del baratro ha ripreso a macinare vittorie e, con 9 W nelle ultime 11, adesso può puntare persino al 3° posto occupato da Toronto, in vantaggio di mezza lunghezza. In una squadra con pochissimo attacco, che anche per questo ha preso Jimmer Fredette, la chiave è la tenuta difensiva ispirata da Noah, autore di una splendida tripla-doppia seppur contro i sempre più derelitti Knicks, dall’energia di Taj Gibson, che non sarebbe così assurdo pensare come potenziale sesto uomo dell’anno, e anche dalla regia equilibrata di Kirk Hinrich, che non mette insieme grossi numeri ma è elemento affidabile. Il talento offensivo continua però a non essere eccelso e quindi possono ancora capitare serate da 80 punti e 25 palle perse come a Brooklyn.

L’affidabilità è l’aspetto che vanno cercando da inizio stagione a Cleveland. I Cavs, con 6 vittorie consecutive, sembravano averne trovato una buona dose a cavallo dell’All-Star Game, che ha esaltato Kyrie Irving, abile a riportare il premio di Mvp in Ohio per la prima volta dopo LeBron James. Ma non è durata neanche questa volta, le due sconfitte contro Toronto, quelle contro Washington e – sprecando un vantaggio in abbondante doppia cifra – con Memphis hanno fatto tornare le nubi sul cielo di Mike Brown e dei suoi giocatori, solo parzialmente attenuate da un Irving alla prima tripla-doppia della carriera contro Utah e da 31 e 9 assist nella prestigiosa – ma pur sempre isolata – vittoria ad Oklahoma City. L’arrivo di Hawes è un buon rinforzo, che ha già dato alla causa due doppie-doppie e una significativa prova da 19 punti a OKC, per colmare una lacuna del roster ma difficilmente potrà essere l’uomo della svolta.

Spencer Hawes

Spencer Hawes

La situazione ad est taglia fuori i disastrosi Bucks, ma tiene aperte le porte dei playoffs ai Cavaliers, ma anche ai Pistons, tornati al 3° posto divisionale di mezza lunghezza sui Cavs, solo per la capacità – non esattamente fuori dal comune in questa stagione – di infliggere la settima sconfitta in fila ai Knicks. Merito soprattutto della potenza di Andre Drummond, più che mai pietra angolare del futuro della franchigia, che non sembra finora aver tratto particolare beneficio dal cambio di allenatore. Durante la gestione di John Loyer infatti il record è un modesto 3-7: troppo profondi paiono essere i limiti strutturali del roster della Motown per essere risolti in breve tempo e soprattutto senza quelle modifiche che si è cercato di apportare, senza riuscirvi, prima della chiusura del mercato. E il resto della regular season rischia di trasformarsi in una lenta agonia, destinata a portare alla separazione da Joe Dumars.

HOT – Taj Gibson è una scintilla di energia fondamentale per i Bulls. Top scorer di squadra nelle ultime 11 partite, con un fatturato da 16.6 punti tirando col 49.3% dal campo e la preziosa aggiunta di 7.6 rimbalzi.

NOT – Nella sciagurata annata dei Cavaliers, un elemento che sta davvero deludendo è Jarrett Jack. L’ex Warriors è l’ombra del giocatore incisivo visto l’anno scorso sulla Baia. E anche quest’ultimo periodo non fa eccezione: nelle ultime 10 partite, 8.6 punti e 5.0 assist in 31.0 minuti, tirando con un misero 36.5% e perdendo 2 palloni di media.

ON FIRE – Andre Drummond è una delle pochissime note liete della stagione dei Pistons. Nella vittoria sui Knicks, oltre a segnare 17 punti e piazzare 3 stoppate, ha ritoccato il career-high di rimbalzi, arpionandone 26 (7 in attacco). E’ il massimo per un giocatore di Detroit da quando “Big” Ben Wallace nel 2002 ne catturò 28 contro i Celtics.

INJURIES – Una forte contusione alla spalla ha fermato George Hill, che però dovrebbe riunirsi ai Pacers già stanotte contro Golden State, quando Cleveland – opposta a San Antonio – dovrebbe ritrovare Waiters, reduce da problemi al ginocchio, e forse anche Varejao. Milwaukee, che potrebbe recuperare Sanders ad inizio aprile, dovrebbe poter schierare di nuovo Udoh domani contro Sacramento.