Ultimo quarto da urlo per Stephen Curry (Foto: basket-infos.com)

Stephen Curry (Foto: basket-infos.com)

IN CIMA

Sarà testa a testa per la leadership tra Clippers e Warriors. Una rivalità accesasi nel corso della serie di playoffs della scorsa stagione e che è destinata a rinnovarsi. Ai Clippers sembra sempre mancare qualcosa per dare davvero l’assalto al titolo che una squadra con un cervello superiore come Chris Paul ed una forza della natura come Blake Griffin potrebbero giocarsi fino in fondo. Eppure finora sono sempre mancati nelle gare chiave per arrivare fino in fondo. La struttura dei losangelini è ormai consolidata, col buon JJ Reddick a colpire dall’arco e DeAndre Jordan sotto le plance a formare con Griffin una vera muraglia vicino al ferro. Resta il buco nello spot di ala piccola, dove la quantità (Hedo Turkoglu, Matt Barnes, Chris Douglas-Roberts) non ha mai coinciso negli anni con la qualità.

Anche Golden State, 12 mesi fa, sembrava sul punto di esplodere come vera contender dopo gli exploit della stagione 2012/2013. E invece l’anno scorso l’innesto di un collante di primissimo livello come Andre Iguodala non è bastato a far fare il salto definitivo alla squadra della baia. Gli “Splash Brothers” Steph Curry e Klay Thompson sono un piacere per gli occhi degli esteti del basket, sotto David Lee ed Andrew Bogut, pur troppo “injury prones”, sono delle garanzie e la panchina, con l’arrivo pure di Shaun Livingston, è davvero chilometrica. La dirigenza ha provato a dare una sterzata affidando all’esordiente Steve Kerr (con la preziosa spalla di Alvin Gentry sottratta proprio ai Clippers) e al suo “Triangle offense” ibridato la responsabilità di spingere in alto una squadra cui non sembra mancare davvero nulla.

Jeff Hornacek a colloquio con Eric Bledsoe e Goran Dragic (Source: Getty Images)

Jeff Hornacek a colloquio con Eric Bledsoe e Goran Dragic (Source: Getty Images)

 

MINE VAGANTI

Riusciranno i Suns a confermarsi alle soglie della zona playoffs? Bella domanda. Alla già esplosiva coppia Goran Dragic-Bledsoe, la dirigenza di Phoenix ha aggiunto pure Isaiah Thomas e ora saranno problemi di coach Hornacek gestire tre giocatori del genere nei ruoli di play-guardia. Sembrava che l’arrivo dell’ex Kings avesse aperto la strada alla dipartita di Bledsoe per arrivare ad un lungo di peso da piazzare in area (indiziato numero 1: Greg Monroe) ma alla fine tutto è saltato ed il roster, così com’è, sembra troppo sbilanciato sugli esterni per poter dare davvero l’assalto alla post-season. I fratelli Morris in grande crescita, il mestierante Miles Plumlee e il misteriorso Alex Len sono davvero troppo poco. A meno che Dragic non evolva definitivamente in un All-Star…

 

SUL FONDO

Kings e Lakers sono due franchigie delle quali si fa fatica a capire la logica nella costruzione. Sacramento avrebbe pure una buona dose di talento (Rudy Gay, DeMarcus Cousins, Ben McLemore, Nik Stauskas che si candida al ROY: se avete un euro da investire…), ma trova proprio nei suoi go-to-guy giocatori con alti e bassi spaventosi e teste non così lucide. Darren Collison si merita la chance della vita in quintetto e con Ramon Sessions alle spalle almeno non è una scommessa al buio, ma nel reparto piccoli non è che ci sia tutta la rotazione che invece si trova tra le ali e i lunghi.

Kobe non molla, statene certi(Photo by Christian Petersen/Getty Images)

Kobe non molla, statene certi(Photo by Christian Petersen/Getty Images)

Sulla sponda gialloviola di Los Angeles, invece, non c’è mai nulla di banale nemmeno nelle annate peggiori. Torna Kobe Bryant e, se sta decentemente, è già assicurazione che non si mandi a rotoli ben presto la stagione. Dare il massimo salariale ad un giocatore sì leggendario ma ormai alla soglia dei 36 anni ha vincolato le altre mosse dei lacustri. Che però hanno fatto scelte quantomeno cervellotiche sul mercato. Via Pau Gasol, arriva Carlos Boozer per poi intasare il reparto lunghi che già ha Jordan Hill con pure il rookie Julius Randle, atleta pazzesco ma tutto da verificare come 4 a livello NBA. Lasciato partite il buon Kendall Marshall, la sfortuna ci ha messo lo zampino privando la cabina di regia pure Steve Nash con l’infortunio alla schiena sollevando due valigie. Un contrappasso che responsabilizza Jeremy Lin, che non sarà quello da “Una Settimana da Dio” di New York ma resta un ottimo mestierante. Con Kobe, come detto, non si “tanka”, ma che i Lakers siano in piena transizione è fin troppo evidente.