L'espressione di Augustin inquadra perfettamente la sua stagione e quella dei Bobcats

Il record. Che dire dei Bobcats che non sia già stato detto e ripetuto più volte durante la stagione? Così scarsa da risultare imbarazzante, la squadra di Charlotte ha chiuso con la peggior percentuale di vittorie della storia della NBA, un ridicolo 10,6% frutto di 7 vittorie e 59 sconfitte. Soprattutto, i Bobcats hanno perso le ultime 23 partite di fila e, analizzando le statistiche di squadra, non c’è una sola voce a salvarli: hanno segnato la miseria di 86,9 punti a partita (ultimi nella NBA), subendone 100,8 (terz’ultimi nella NBA), il che vuol dire che hanno perso ogni gara di quasi 14 punti di media. Anche le percentuali al tiro sono piuttosto eloquenti: 41% dal campo (peggiori nella NBA) e 29% da tre (unica squadra sotto al 30%). Dopo una stagione del genere, c’è poco da salvare. E pensare che la stagione si era aperta con una vittoria contro i Bucks…

MVP. Difficile trovare qualcuno da salvare all’interno del roster dei Bobcats, soprattutto per l’atteggiamento remissivo che tutta la squadra ha avuto negli ultimi due mesi stagione. Andiamo quindi con il “meno peggio”, ovvero Gerald Henderson, che, cresciuto rispetto alla stagione precedente, ha chiuso con 15,1 punti, 4,1 rimbalzi e 2,3 assist di media, con un discreto (per i Bobcats) 46% al tiro, “rovinato” da un migliorabile 23% dalla lunga distanza.

Derrick Brown, uno dei pochi a salvarsi

La sorpresa. Non si può non premiare l’unico giocatore dei Bobcats a finire la stagione con una percentuale dal campo superiore al 50%. Scherzi a parte, Derrick Brown, dopo una prima parte di campionato ai margini delle rotazioni, ha visto progressivamente aumentare il suo minutaggio, forse anche perché era uno dei pochi a impegnarsi ancora, dando il suo onesto contributo con 8,1 punti e 3,6 rimbalzi in 22 minuti a partita, sfiorando il 52% dal campo.

La delusione. Qui c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Da D.J. Augustin, che, lungi dal migliorare rispetto all’anno passato, condizionato anche dagli infortuni (ha salto 18 gare) e dalla concorrenza di Walker, ha chiuso con 11,1 punti e 6,4 assist di media (contro i 14,4+6,1 dello scorso anno) e un pessimo 37% al tiro, a Corey Maggette, che si è confermato giocatore fuori dalla chimica di squadra, capace di segnare 15 punti a gara ma forzando parecchio (37% dal campo), fino a un Tyrus Thomas che è l’ombra del giocatore promettente visto a Chicago (5,6 punti, 3,7 rimbalzi, 36% al tiro).

Prospettive future. A Charlotte non rimane molto altro se non sperare nel futuro. I Bobcats hanno anche avuto la sfortuna di vedere assegnato il numero 1 al draft agli Hornets, e dovranno accontentarsi della seconda scelta, che comunque dovrebbe portare in squadra un giocatore in grado di dare fin da subito il suo contributo (anche se le scelte passate di Michael Jordan non fanno proprio ben sperare). Da qui si inizierà a ricostruire, aggiungendo, si spera, la crescita di quei giovani che già quest’anno hanno fatto intravedere qualcosa di buono, da Kemba Walker (12,1 punti e 4,4 assist, ma il 36% dal campo) alla sorpresa Byron Mullens (9,3 punti e 5 rimbalzi), fino all’altro rookie Bismack Biyombo, ancora in bilico tra la promessa a lungo termine e la “bufala” (5,2 punti, 5,8 rimbalzi e 1,8 stoppate quest’anno). Dal mercato non dovrebbe succedere granché: dal monte salari verrà scaricato il contrattone di Boris Diaw (tagliato e quindi “regalato” agli Spurs a metà stagione), ma Diop e Carroll hanno l’opzione per prolungare di un anno (quasi 11 milioni in due), e, trattandosi di giocatori non proprio richiestissimi, è assai probabile che la eserciteranno. Insomma, se i giovani dovessero confermare e migliorare il loro buon potenziale, se la scelta al draft manterrà le promesse, se Augustin e Thomas si riprendessero, se arrivasse anche solo un rinforzo dal mercato e se Henderson continuasse sulla buona strada percorsa quest’anno, allora, forse, i Bobcats potranno uscire dal limbo. Ma, probabilmente, ci sono troppi “se”…