James Harden, l'uomo della provvidenza per i Rockets (fonte: US Presswire)

James Harden, l’uomo della provvidenza per i Rockets (fonte: US Presswire)

LA STAGIONE – Può un “sesto uomo dell’anno” ribaltare da solo (o quasi) le sorti di una franchigia? I Rockets costruiti la scorsa estate dal GM Daryl Morey erano una formazione di belle speranze, basata su tante scommesse (tra rookie e giocatori che ancora dovevano dimostrare molto) intorno ad un veterano in declino ed in scadenza di contratto (Kevin Martin). Per questo gli addetti ai lavori la davano come candidata alla lottery. Poi, 4 giorni prima dell’inizio della stagione, la “blockbuster trade” con Oklahoma City ha consegnato a coach McHale James Harden e le prospettive sono cambiate. Partenza a razzo col “Barba” a segnare a ripetizione (37 e 45 punti nelle prime 2 gare) e a creare per i compagni e, così, tanti pezzi del mosaico sono andati a posto da soli. Ovviamente le lacune di squadra non mancano, soprattutto sotto canestro dove il turco Omer Asik si è confermato un ottimo rimbalzista (11,7 di media) ma attaccante ancora poco affidabile (10,1 punti col 56,2% ai liberi) e la rinuncia a Scola (amnistiato per inseguire la chimera-Howard) s’è rivelata pesante, vista anche la girandola di ali grandi ruotata durante la stagione (Patrick Patterson, Marcus Morris, Thomas Robinson, Donatas Motiejunas) prima di arrivare alla decisione di giocare costantemente con 4 esterni con Carlos Delfino (10,6 punti di media col 37,5% da 3) e Francisco Garcia (6,4 punti col 38,6% da 3 dal suo arrivo da Sacramento) a giostrare da finti lunghi. Qualche inopinata sconfitta (più di “testa” che di tecnica, anche se un gioco basato sul tiro da 3 è sempre soggetto a serate storte) contro formazioni da lotteria (Toronto, 2 volte Phoenix, Sacramento) è costata alla fine una posizione migliore dell’ottavo piazzamento in griglia playoff (45-37 il record di regular season) e l’accoppiamento con Oklahoma City. La serie, segnata in partenza, è stata comunque emozionante col recupero da 3-0 a 3-2 prima di uscire in gara6.

MVP – Le annate ai Thunder hanno consentito a James Harden di crescere senza assilli e “studiare” da stella all’ombra di Kevin Durant (e Russell Westbrook). Appena ne ha avuto la possibilità, però, ci ha messo del suo ed è esploso in una stagione da 25,9 punti (5° marcatore della Lega), 5,8 assist e 4,9 rimbalzi di media (tutti record carriera, come i 46 punti firmati contro Oklahoma City in stagione), dimostrando tutta la sua versatilità e pericolosità sia nel tiro da fuori (36,8%) sia in penetrazione (per finalizzare o trovare i compagni), sia con conclusioni dalla media distanza (43,8% complessivo e 85,1% in lunetta). I difetti da limare non mancano (su tutti una migliore selezione dei tiri e le palle perse, ben 3,78 a partita), ma la strada per raggiungere il top è segnata.

Chandler Parsons (Photo: Brett Davis-USA TODAY Sports)

Il futuro di Houston passa anche dalle mani di Chandler Parsons (Photo: Brett Davis-USA TODAY Sports)

LA SORPRESA – Già lo scorso anno Chandler Parsons era emerso come valido giocatore su cui fare affidamento, ma quest’anno ha migliorato tutte le sue statistiche chiudendo da secondo violino dei Rockets con 15,5 punti (48,6% al tiro di cui 38,5% da 3), 5,3 rimbalzi e 3,5 assist in oltre 36 minuti di media, giustificando così la cessione di Budinger a Minnesota. Non male per una seconda scelta (38° assoluta) del 2011. Da segnalare anche l’ottimo finale di stagione, ed in particolare il primo turno dei playoff, disputato da Patrick Beverley, che ha chiuso la post season a 11,8 punti, 5,5 rimbalzi e 2,8 assist di media.

LA DELUSIONE – Le aspettative su Jeremy Lin, dopo il clamoroso campionato in maglia Knicks, erano abbastanza alte. L’americano-taiwanese non ha completamente deluso (le cifre accumulate son discrete: 13,4 punti, 3 rimbalzi e 6,1 assist di media e career-high pareggiato a quota 38), ma non ha mai dato l’impressione di guidare con fermezza la squadra ed anzi le sue lacune difensive hanno spesso costretto coach McHale a panchinarlo nei minuti finali delle partite. E fra 2 anni il suo stipendio “chiamerà” 15 milioni di dollari…

PROSPETTIVE FUTURE – C’è fermento in Texas in vista dell’estate. Houston è la formazione più giovane dell’NBA, quella col monte-salari più basso e nonostante questo dispone di un buon telaio (Parsons, Asik, Beverley, Greg Smith, Terrence Jones) intorno ad una star riconosciuta ed ha disputato già quest’anno i playoffs. Tuttavia il GM Morey è pronto a disfare metà squadra per inseguire il sogno che porta alla coppia Chris Paul-Dwight Howard. A tal proposito ha già avvisato Delfino, Garcia e Aaron Brooks che le team option nei loro confronti non verranno esercitate (non escludendo però di rifirmarli a cifre più contenute). Il futuro sembra roseo ed anche se i “Razzi” non riusciranno a comporre un nuovo “Big Three” saranno certamente protagonisti sul mercato di questo e dei prossimi anni (anche perché a livello di scelte al draft avranno solo il pick n° 34) e, grazie al “Barba”, seri candidati per un posto ai playoffs 2014.


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