David West (Indiana Pacers) mostra la delusione di Indiana per una stagione che poteva vivere anche l'atto conclusivo (photo by Steve Mitchell-USA TODAY Sports)

David West (Indiana Pacers) mostra la delusione di Indiana per una stagione che poteva vivere anche l’atto conclusivo (photo by Steve Mitchell-USA TODAY Sports)

LA STAGIONE. Una prima metà abbondante di stagione a dir poco esaltante (42-13 il record dopo 55 partite giocate), poi lo scambio Granger-Turner a rovinare tutto (14-13 per finire la regular season). Forse è troppo semplicistico ridurre le difficoltà nel finale di stagione dei Pacers, che nonostante tutto sono riusciti comunque a confermarsi in finale di conference, pur soccombendo in 6 partite contro gli Heat. Ma la coincidenza nel calo delle prestazioni dei gialloneri è stata troppo evidente per passare inosservata. Qualcosa negli equilibri più di spogliatoio che tecnici deve essersi incrinato con l’arrivo dell’ex Sixers. Chiusa comunque al primo posto della Eastern Conference con 7 partite vinte in più del 2012/2013 (56 contro 49) una regular season singhiozzante nel finale con lo spaventoso calo di Hibbert, gli alti e bassi di Stephenson ed un attacco a dir poco farraginoso (24°  in stagione regolare con 96,7 punti di media, scesi a 91,6 in post season), i Pacers hanno fatto fuori solo in 7 partite gli Hawks nel primo turno di playoff, rischiando davvero un clamoroso upset, prima di riprendere il filo contro gli Wizards (eliminati in 6 partite) e dare comunque battaglia contro gli Heat, che benché non fossero la schiacciasassi delle ultime due stagioni sono sbarcati alle Finals stoppando i Pacers in 6 partite.

MVP – Paul George. Tra gli alti e bassi dei Pacers, l’ala californiana è stata comunque un anno di ulteriore crescita per l’ala californiana, ormai leader indiscusso e uno dei migliori dieci giocatori della Lega. Al quarto anno tra i pro, ha per la prima volta sfondato quota 20 punti di media (21,7 punti contro i 17,4 dello scorso anno) con soli 2 tiri tentati in più (17 contro 15 di media). La chicca della sua stagione è la prova d’orgoglio in gara 5 di finale di conference contro Miami, nella quale ha trascinato i suoi alla vittoria con una prestazione da 37 punti dei quali 21 nell’ultimo quarto.

LA SORPRESA – CJ Watson. Difficile trovare qualcuno che sia andato oltre le aspettative in una stagione che ha lasciato parecchio amaro in bocca a Indianapolis. Premiamo l’ex Reggio Emilia, che appena arrivato dai Nets ha dato sicurezze dalla panchina nel ruolo di vice di un George Hill che, non essendo playmaker puro, ha spesso faticato. In 18,9 minuti sul parquet, 6,6 punti e 1,7 assist per Watson.

LA DELUSIONE – Roy Hibbert. Sconcertante l’involuzione vissuta dal pivottone di origini giamaicane nella seconda parte di stagione. Dopo una prima parte di stagione in linea con le ultime due annate (11,8 punti col 46% dal campo e 7.7 rimbalzi), la seconda partecipazione all’All Star Game lo ha spedito nell’oblio. Da lì in avanti 8,9 punti con appena il 39% dal campo e solo 4,7 rimbalzi, con alti e bassi spaventosi (almeno 8 rimbalzi in 6 partite, meno di 2 in altre 6). Si parla di problemi di spogliatoio che ne abbiano influenzato il rendimento. Sarà stato questo?

Paul George è ormai una star di primo livello

Paul George è ormai una star di primo livello

PROSPETTIVE FUTURE. “Questa squadra si merita un’altra chance”. Le dichiarazioni di qualche giorno fa di Larry Bird, direttore generale dei Pacers, sembra fugare dubbi su possibili smantellamenti. E la decisione di vendere la 57° scelta al draft ai Knicks per fare cassa sembra andare in questa direzione. È certo però che qualche ritocco vada fatto per curare i mali della squadra: spogliatoio, attacco, panchina. Il primo nodo da sciogliere è quello legato a Lance Stephenson. La guardia è in scadenza di contratto ma non è certo che resti a Indianapolis, visti anche i dissapori con Evan Turner. Uno dei due lascerà Indianapolis, ma per forza di cosa, a quel punto, dovrà arrivare una guardia di primo livello. Dubbi ci sono anche su George Hill, che non è un play puro e lo si sapeva e che ha palesato limiti evidenti ad altissimo livello, e su Roy Hibbert, per il quale si parla di una partenza per far spazio a Nikola Pekovic o Marcin Gortat. Quel che più è mancato quest’anno, però, è stata una panchina affidabile, quella che sembrava una forza dei Pacers a novembre scorso. Turner nella prima metà di stagione a Philadelphia viaggiava a 17,7 punti e 6,0 rimbalzi, a Indianapolis il fatturato è più che dimezzato (7,1 punti e 3,2 rimbalzi), Luis Scola, pur encomiabile per impegno, sta imboccando il viale del tramonto, CJ Watson e Ian Mahinmi hanno fatto il loro per sopperire le lacune di Hill e Hibbert e i vari Copeland, Butler e Allen non hanno visto mai il campo. Con pochi margini di manova, Bird dovrà inventarsi qualcosa per dare armi, specie in termini di resa offensiva, a coach Vogel.