I Philadelphia 76ers, per loro una stagione di transizione pensando al futuro

I Philadelphia 76ers, una stagione di transizione pensando al futuro

LA STAGIONE. Due dati riassumono in maniera eloquente la stagione fallimentare dei Sixers: il record, 19 vinte e 63 perse, e la striscia di 26 sconfitte consecutive inanellate dalla squadra dal 31 gennaio al 29 marzo. Sì, due mesi senza vittorie. Tuttavia sono pochi gli errori commessi da squadra e dirigenza nella stagione appena trascorsa, sia dentro che fuori dal campo. Tutto quello che bisognava fare era perdere. Missione compiuta. Questi, infatti, erano i piani della dirigenza, avviare un periodo di transizione, seminare e raccogliere i frutti in un futuro non troppo remoto. Una stagione, quindi, dagli acuti inesistenti, che deve essere raccontata più per quello che è successo al di fuori del parquet che per quello che ha effettivamente avuto a che fare con il basket giocato, Carter-Williams permettendo. Le basi sono state gettate nello scorso Draft, quando il GM dei Sixers, Sam Hinkie, ha selezionato alla numero 11 il futuro rookie dell’anno, Michael Carter-Williams, e ha spedito a New Orleans Jrue Holiday, reduce dalla sua prima partecipazione ad un All-Star Game, in cambio dell’infortunato Nerlens Noel e di una futura scelta, la decima, nel Draft di quest’anno. Una mossa apparentemente folle, ma che in realtà costituisce solo il primo mattone della ricostruzione pianificata dalla società. La stagione negativa era quindi un male necessario ed è stata accettata di buon grado dalla fanbase, nonché dallo stesso proprietario, Josh Harris, che l’ha definita “un successo” e dall’allenatore, Brett Brown “la notte dormiamo tranquilli”.  Bisogna concentrarsi sulla bigger picture, comprendere come il piano di Hinkie fosse ripartire praticamente da zero, dare il la ad un’operazione di smantellamento volta a scambiare i propri asset come Spencer Hawes ed Evan Turner con scelte future (al prossimo Draft i Sixers ne avranno complessivamente sette) e giocatori futuribili, vedi Henry Sims. Se vogliamo trovare il pelo nell’uovo nell’ottima stagione fallimentare dei Sixers, potremmo sostenere innanzitutto che in Pennsylvania avrebbero certamente potuto ottenere di più dalla trade che ha portato Evan Turner, ex seconda scelta assoluta, (e Lavoy Allen) ad Indiana. Ok, l’obiettivo era liberare spazio salariale, ma sembra onestamente poco ricevere in cambio Danny Granger (subito rescisso) e una scelta al secondo giro nel 2015. E, soprattutto, si può imputare ai Sixers, nonostante il record disastroso, di non essere stati i peggiori. Milwaukee ha infatti chiuso la stagione con sole 15 vittorie e sceglierà subito prima di Philadelphia. Only time will tell.

Michael Carter-Williams, rookie dell'anno

Michael Carter-Williams, rookie dell’anno

MVP. Michael Carter-Williams. A mani basse. Il rookie dell’anno non fa certo rimpiangere Jrue Holiday, mettendo insieme numeri eccezionali al suo primo anno tra i professionisti. Carter-Williams ha totalizzato in media 16.3 punti, 6.2 rimbalzi, 6.3 assist e 1.9 rubate in 34.5 minuti di utilizzo nel corso di questa regular season, partendo in quintetto in tutte le partite in cui era a disposizione di Brett Brown. Certo, MCW avrà molto da lavorare, soprattutto per migliorare le percentuali da dietro l’arco (26.4% quest’anno), ma ha il tempo dalla sua e i margini di miglioramento sono amplissimi. Questa stagione è stata soltanto il trampolino di lancio; Carter-Williams guida la speciale classifica dei rookie alle voci punti, rimbalzi, assist e palle rubate. Qualcuno potrebbe obiettare che questi numeri siano da prendere con le pinze, visto il notevole utilizzo del giocatore in una squadra più che mediocre, il cui unico obiettivo era perdere, ma se consideriamo il secondo ed il terzo classificato nella corsa al premio “Rookie dell’anno”, vediamo come il loro utilizzo medio sia di poco inferiore a quello di Carter-Williams: 31.1 minuti per Victor Oladipo e 32.3 per Trey Burke. Inoltre, a corroborare l’ottima stagione di MCW, bisogna sicuramente sottolineare come solo due giocatori quest’anno abbiano totalizzato almeno 16 punti, 6 rimbalzi e 6 assist di media. Uno è Carter-Williams. L’altro gioca a Miami e ha il numero 6…

LA SORPRESA. Tra le poche note liete della stagione, in termini di gioco, c’è sicuramente Thaddeus Young che è passato dall’essere un giocatore di ruolo versatile a veterano della squadra (l’unico giocatore rimasto dal roster dei playoffs di due anni fa) e leader dello spogliatoio. Nonostante sia sempre stato sul punto di partire, Young è riuscito a rimanere concentrato e a giocare il miglior basket della sua carriera, raggiungendo i career-high alla voce punti (17.9), assist (2.3) e palle rubate (2.1), disputando complessivamente 79 partite, partendo solo una volta dalla panchina. Nonostante un peggioramento alla voce rimbalzi rispetto alla scorsa stagione (6.0 contro 7.5) e della percentuale dal campo (45.4% contro 53.1%), Young è migliorato sensibilmente dall’arco (30,8% contro il 12,5% dello scorso anno), e ha dimostrato una complessiva maturazione, andando a perfezionare il suo ball-handling e dimostrandosi efficace in entrambe le fasi di gioco. Quest’estate compirà appena 26 anni, ma non si sa ancora dove giocherà la prossima stagione. Trattenerlo potrebbe essere nell’interesse dei Sixers ma se Hinkie deciderà di scambiarlo (cosa probabile) le pretendenti non mancheranno.

LA DELUSIONE. Si sono salvati in pochi, ma se dobbiamo individuare un giocatore che ha reso ben al di sotto delle aspettative, altri non può essere che Arnett Moultrie. L’ex Mississippi State, 27esima scelta Draft del 2012, ha saltato tutta la prima parte di stagione, reduce da un intervento alla caviglia, e ha visto il campo per la prima volta il 9 febbraio in casa dei Clippers. Le aspettative nei confronti di questo giocatore sono andate deluse; al suo ritorno Moultrie si è presentato visibilmente fuori forma e non è riuscito a migliorare, ma ha anzi peggiorato le proprie prestazioni rispetto alla sua stagione da rookie, a fronte di un maggiore minutaggio (15.6 contro gli 11.5 dello scorso anno). Visibilmente calate le percentuali al tiro (42.1% contro il 58.2% della scorsa stagione), Moultrie non è riuscito a fare meglio nemmeno in quanto a punti segnati (3.0 contro 3.7) e rimbalzi catturati (2.9 contro 3.1). Ci sono volute solamente 12 apparizioni per convincere lo staff dei Sixers a relegarlo in D-League e non farlo più tornare al piano superiore sino al termine della stagione.

Nerlens Noel in azione con Kentucky

Nerlens Noel in azione con Kentucky

PROSPETTIVE FUTURE. La ricostruzione non può che partire da due punti fermi, Carter-Williams e Nerlens Noel, passando per il ricco Draft che si prospetta a fine giugno (i Sixers sceglieranno alla 3 e alla 10), che tanto dirà sul futuro prossimo della franchigia, e dall’acquisizione di giocatori di esperienza, per portare la giusta mentalità in uno spogliatoio ancora giovane ed acerbo. Cominciamo dai punti fermi. MCW, nonostante abbia all’attivo solo una stagione tra i professionisti, ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per essere la point guard dei Sixers negli anni a venire, facendo ricredere chi accusava Hinkie di harakiri per aver spedito Holiday ai Pelicans. Quello scambio ha portato a Philly Nerlens Noel, che sarà pronto per la Summer League di Orlando dopo aver saltato l’intera stagione a causa dell’infortunio al crociato anteriore. Noel porterà certamente agilità, fisicità e atletismo; l’ex Kentucky è noto inoltre per la sua presenza difensiva, è in grado di difendere tre posizioni e sarà fondamentale nel pitturato e sotto i tabelloni. Capitolo Draft: i Sixers hanno a disposizione la terza e la decima chiamata, più altre cinque al secondo giro. Se, come tutto fa pensare, Embiid finirà ai Cavs, Philadelphia dipenderà dalla scelta di Milwaukee e potrebbe quindi chiamare o Wiggins o Parker. Il canadese darebbe un contributo importante in fase difensiva mentre ci sarebbe da lavorare sull’altro lato del campo, dal momento che Wiggins combina atletismo ed esplosività con un attacco ancora troppo grezzo. Parker, al contrario, sarebbe un’arma offensiva importante, ma potrebbe essere più problematico trovargli una collocazione difensiva, visto che a detta di molti l’ex Duke sarebbe troppo lento per difendere sui 3 e troppo debole per fare a sportellate con i 4. Per la 10 circolano vari nomi, Vonleh, Randle e Gordon su tutti, ma bisognerà vedere chi sarà ancora disponibile e, soprattutto, chi verrà chiamato alla 3. Quel che è certo è che a questo nucleo di enfants terribles dovrà essere affiancato qualche veterano in grado di portare esperienza e leadership. Diversi i nomi che la free agency di quest’anno propone; si va dai più anziani Vince Carter, Shawn Marion e Paul Pierce, che hanno dimostrato in questi playoffs di poter ancora dire la loro, a Trevor Ariza, protagonista di un’ottima annata con Washington. Un ingrediente fondamentale per la rinascita dei Sixers sarà senz’altro la pazienza: non bisogna dimenticare che la squadra è reduce da 63 sconfitte e che, visti i record di quest’anno (Atlanta, ottava, ha chiuso 38-44), serviranno almeno il doppio delle vittorie per raggiungere la post-season. La crescita di Washington e Charlotte negli ultimi due anni fa ben sperare, ma realisticamente ci vorrà qualche stagione per vedere una squadra competitiva. Già dalla prossima, però, i Sixers potranno cominciare a dare fastidio.

 


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