Tony Parker non ha potuto dare quanto avrebbe voluto in Finale (Foto: zimbio.com)

Tony Parker non ha potuto dare quanto avrebbe voluto in Finale (Foto: zimbio.com)

La stagione. “Rimpianto” è la parola che può riassumere lo stato d’animo di una squadra arrivata a un passo dalla vittoria del titolo. Se il finale di gara 6 fosse stato gestito in maniera diversa, all'”europea” se vogliamo, non sicuramente, ma molto, molto probabilmente ora staremmo celebrando l’ennesima vittoria della squadra più continua degli ultimi quindici anni. Invece, la mentalità americana ha prevalso e, sopra di 3 a una manciata di secondi dal termine, non è stato fatto fallo per mandare in lunetta con due liberi gli avversari e finire la gara sul +1 palla in mano.
Non si può davvero parlare di errore, negli USA non si usa per niente questa tattica, e forse non si parlerebbe nemmeno di rimpianto se non fosse che la squadra almeno per metà ha un’anima europea. I vari Parker, Ginobili, Diaw, Splitter, Neal, De Colo qualche anno fa, quando erano ancora dall’altra parte dell’oceano, quel fallo l’avrebbero fatto eccome. Ma, ormai, è acqua passata, e anche se resta l’amaro in bocca non si può non riconoscere quanto ha fatto quest’anno, per un altro anno ancora, questa squadra, in grado, fin dall’arrivo di Tim Duncan nell’NBA, di inanellare una stagione vincente dopo l’altra, chiudendo quest’anno la regular season con 58 W e 25 L (terzo record assoluto della Lega) e portando in Finale a gara 7 gli Heat in una serie equilibrata e avvincente.

Tim Duncan consolato da Wade alla fine di gara 7 (Foto: tempo.com.ph)

Tim Duncan consolato da Wade alla fine di gara 7 (Foto: tempo.com.ph)

MVP. Per la struttura stessa della squadra, la cui forza è il collettivo e non 1-2 stelle, è difficile scegliere un MVP. Le cifre premiano Tony Parker (20,3 punti, 7,6 assist, 52% dal campo in stagione ragolare e cifre molto simili nei playoffs), calato però in maniera molto evidente nella serie finale, anche a causa di un infortunio.
Ma, forse, al di là delle cifre, il premio se lo merita Tim Duncan, che a 37 anni ha disputato l’ennesima stagione da All Star, chiudendo la regular season con 17,8 punti, 9,9 rimbalzi e 2,6 stoppate ed elevando addirittura il suo rendimento nei playoffs (18,1 punti e 10,2 rimbalzi). Un esempio da seguire, e non è un caso che, appena suonata la sirena finale di gara 7, Dwyane Wade sia corso ad abbracciarlo prima ancora di esultare per la vittoria.

Danny Green può fare il definitivo salto di qualità (Foto: sports.yahoo.com)

Danny Green può fare il definitivo salto di qualità (Foto: sports.yahoo.com)

La sorpresa. La “sorpresa” nel vero senso della parola non può che essere Danny Green, che in Finale ha appunto sorpreso il mondo intero con una pioggia di triple che ha fatto sudare sette camicie a coach Spoelstra: 25 triple su 38 tentativi (record di triple in una Finale NBA “rubato” a Ray Allen) per 18 punti di media nelle prime 5 gare, ma… c’è un “ma”:  nelle ultime due, quelle decisive, la “macchina” si è inceppata, e Green ha chiuso la Finale con un orrendo 2/19 dal campo (2/11 da tre).
Per cui, premiando la regolarità e, soprattutto, ciò che ha fatto vedere in tutta la stagione, andiamo con Kawhi Leonard, che ha mostrato un’intelligenza e una maturità cestistica fuori dal normale per un 22enne. L’ala da San Diego State ha chiuso la regular season con 11,9 punti, 6 rimbalzi e 1,7 recuperi, alzando l’asticella nei playoffs e, soprattutto, in Finale con una doppia doppia di media da 14,6 punti e 11,1 rimbalzi, oltre a 2 recuperi e al 51% dal campo. Stiamo parlando di una futura stella, in grado di fare la differenza sia in attacco, dove, cosa più importante, non sbaglia mai una scelta, alternando con sicurezza degna di un veterano conclusioni da tre, tiri in avvicinamento, arresto e tiro dalla media e atletiche schiacciate, sia in difesa, in cui, per attitudine e struttura fisica, sembra uno dei pochi in grado di contenere davvero l’urto di sua maestà LeBron James. Resta solo da vedere come continuerà la sua evoluzione e… che squadra sarà la San Antonio in cui si ritroverà nei prossimi anni.

Manu Ginobili, prossimo al ritiro? (Foto: caller.com)

Manu Ginobili, prossimo al ritiro? (Foto: caller.com)

La delusione. Ci piange il cuore, ma non possiamo non segnalare Manu Ginobili. La classe dell’argentino è ancora cristallina, ma è il fisico a non essere più quello di una volta, e in una stagione a 82 partite o in una finale a 7 gare la cosa influisce non poco. Ha chiuso la stagione regolare con 11,8 punti (minimo in carriera dopo l’anno da rookie), 3,4 rimbalzi e 4,6 assist, con il 42% al tiro (anche in questo caso minimo in carriera), con cifre bene o male simili nei playoffs. Ma, al di là delle medie, è la costanza che ormai manca a Ginobili, in grado di alternare grandi prestazioni (come in gara 5 della Finale) a partite mediocri o addirittura pessime (come in gara 4 della Finale). Per carità, ha 36 anni e il calo ci sta, ma ciò non toglie che sia stata una delusione, per i suoi estimatori, constatare che il tempo passa anche per lui.
Menzione “d’onore” anche per Tiago Splitter, che dopo una regular season positiva (10,3 punti e 6,4 rimbalzi) è sparito nella post-season, quasi dimezzando le sue cifre (6,1 punti e 3,1 rimbalzi, addirittura 4,9 punti e 2 rimbalzi in Finale).

Kawhi Leonard, il futuro riparte da lui (Foto: mysanantonio.com)

Kawhi Leonard, il futuro riparte da lui (Foto: mysanantonio.com)

Prospettive future. Il futuro è un grosso punto di domanda a San Antonio. La stagione era iniziata puntando al titolo come di routine, ma forse in pochi ci credevano davvero. Quando però l’obiettivo era diventato a portata di mano, la stagione si era trasformata nell’ultima impresa di un gruppo fantastico che è stato in grado di rimanere ai vertici della Lega negli ultimi dieci anni. La sconfitta in Finale ha rovinato questa “cavalcata trionfale”, ma è difficile, quasi impossibile, ripetersi: è vero che in pratica solo Ginobili è in scadenza di contratto (e per lui si parla di possibile ritiro), ma è vero anche che Parker e Duncan (sempre che non si ritiri anche lui) avranno un anno in più. Inoltre, potrebbero andarsene anche Matt Bonner (contratto non garantito),Tiago Splitter e Gary Neal (restricted free agent), di certo non colonne portanti ma solidi elementi di contorno che hanno contribuito a dare continuità negli anni. Certo, bisogna anche considerare la crescita di Leonard (probabile), Green (possibile) e Joseph (chissà), e che senza i 14 milioni di Ginobili si abbassa anche il monte salari. Ma è davvero difficile prevedere cosa succederà il prossimo anno. Quello di cui siamo certi, se la squadra non verrà totalmente smantellata, è che sarà un’altra stagione ai piani alti della Western.