David Blatt (foto Paolella)

David Blatt (foto Paolella)

David Blatt si è accordato con Cleveland per un quadriennale (l’ultimo anno vincolato da una team option) che gli potrà fruttare fino a 20 milioni di dollari. E diventa così il primo allenatore a fare il “grande salto” dall’Europa alla NBA nel ruolo di head coach. Lo fa dopo i recenti successi in Eurolega e nel campionato israeliano alla guida del Maccabi Tel Aviv, ma con un passato – che l’ha portato anche a Treviso (dal 2005 al 2007, vincendo un campionato e una coppa Italia) – illuminato pure dall’oro agli Europei del 2007 e dal bronzo alle Olimpiadi del 2012 con la nazionale russa.

Cleveland lo ha strappato alla concorrenza di Golden State, che sembrava sul punto di averlo convinto ad accettare un ruolo da assistente di Steve Kerr. Però la decisione di Dan Gilbert e David Griffin di offrirgli la panchina lo hanno indotto a deviare verso l’Ohio il suo percorso di ritorno negli States. E’ un sogno che si avvera per Blatt, che si è costruito una carriera luminosa in Europa, ma non è europeo di formazione, essendo nato e cresciuto nel Massachusetts ed avendo giocato al college a Princeton agli ordini di un mostro sacro come Pete Carrill.

Blatt ha battuto in volata la concorrenza di Tyronn Lue, lui pure tenuto in estrema considerazione dalla dirigenza di Cleveland, che lo considera un potenziale coach di alto livello. Ma è una scelta che sta già facendo e continuerà a far discutere, perché si tratta di una figura nuova da allenatore non solo nella NBA, ma in generale negli States, e perché arriva in una squadra già con importanti responsabilità immediate, a cominciare dall’imminente draft. E’ un rischio per i Cavs, non sempre esempio di organizzazione solidissima negli ultimi anni, che oltretutto parrebbe anche allontanarli da un possibile – per quanto difficile – ritorno di LeBron James, che sarebbe più attratto da allenatori di maggiore esperienza nel contesto a stelle e strisce. Blatt ha l’esperienza e le qualità tecniche e umane, ma ora sarà chiamato a dimostrare di poterle mettere a frutto anche in una pallacanestro diversa da quella conosciuta negli ultimi due decenni.