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North Carolina doveva essere e North Carolina è stata, tuttavia considerare la vittoria della regular season della ACC, giunta solo con l’ultima vittoria al Cameron contro Duke, come il facile raggiungimento di un obiettivo quasi scontato sarebbe decisamente generoso nei confronti dei Tar Heels, i quali hanno dovuto sudare non poco e hanno anche causato qualche perplessità per un gruppo che ad inizio anno era dato quasi per scontato alle Final Four: la squadra di Roy Williams rimane una delle favorite d’obbligo per il titolo e approccia l’imminente torneo di conference da favorita, ma la strada non sarà priva di insidie.

UNC deve molto del suo successo all’ottimo lavoro a rimbalzo dei suoi lunghi ed in particolare all’apporto straordinario di Brice Johnson, in grado di viaggiare a quasi undici rimbalzi di media, compresi 21 nel solo ultimo Carolina Game disputato: oltre a ciò Johnson è anche un giocatore di grandissima efficienza offensiva, in una squadra che da questo punto di vista ha indubbiamente qualche problema nel backcourt: ad un frontcourt di prima categoria fa infatti da contraltare un parco guardie che ha dovuto testimoniare l’enorme regressione di Marcus Paige, a malapena al 32% al tiro da tre e con percentuali ai liberi ben sotto i suoi standard (77%), il che aiuta North Carolina ad essere una delle peggiori squadre della nazione al tiro da tre e squadra sotto la media per quel che concerne i tiri liberi ottenuti e realizzati, aspetti che potrebbero pesare non poco in partite secche. Tuttavia l’attacco dei Tar Heels risulta nel complesso bilanciato, è quarto per Adj Offense per KenPom.com e il quintetto, oltre ad una grande mole di talento, presenta un parco lunghi che per qualità ed efficienza non ci pare avere molti rivali nel panorama NCAA, il che ci presenta UNC come una delle due favorite per la conquista del torneo della ACC e una forte contender per il successivo torneo NCAA.

Chi potrebbe seriamente crearle qualche problema nel torneo di conference è l’altra “testa di serie”, ovvero Virginia: conclusa la regular season a solo una partita di distanza da North Carolina, i Cavaliers non sono riusciti quindi in quello che sarebbe stato uno storico three peat di titoli della regular season ACC, tuttavia non mancano gli elementi per cui possano rifarsi nella post season. Dopo due mesi di inizio stagione un po’ claudicanti, comprese due sconfitte consecutive contro Virginia Tech e Georgia Tech, i ragazzi di Tony Bennett sono presto tornati agli altissimi livelli a cui ci avevano abituato nelle ultime stagioni e ad oggi sono una delle due squadre della Division I -insieme a Kansas- ad essere nella top ten per Adjusted Offense e Defense, il che sottolinea la loro pericolosità su entrambi i lati del campo; considerando poi le partite contro le avversarie più ostiche bisogna sottolineare come le uniche due sconfitte siano giunte per un totale di quattro punti e fuori casa (di tre contro Miami e di uno contro Duke solo per un incredibile buzzer beater fuori equilibrio di Grayson Allen), mentre sono arrivate due ampie vittorie contro Louisville, una buona W casalinga contro Miami e, proprio pochi giorni fa, una convincente affermazione -sempre in casa- contro la diretta avversaria di questo torneo, ovvero UNC, dimostrandosi peraltro una delle pochissime squadre in grado di limitare l’esplosivo Brice Johnson di quest’annata. Basandosi sul trio composto da due senior quali Malcolm Brogdon e Anthony Gill, nonché sul junior London Perrantes, Virginia è una squadra con un nucleo di grande esperienza ad alti livelli, la difesa è un marchio di fabbrica già da anni e oltretutto la squadra perde pochissimi palloni e tira con ottime percentuali sia dall’arco che ai liberi, sebbene ne ottenga troppi pochi: in poche parole è, senza dubbio, la favoritissima con UNC per il titolo di conference.

Considerando l’auto-esclusione di Louisville dalla post season, le uniche due possibili “sorprese”, in grado di sabotare una finale che sembrerebbe già scritta, potrebbero essere Miami o Duke: gli Hurricanes sono una delle squadre più esperte di tutta la Division I e hanno confermato il valore dei propri singoli e del proprio coach Jim Larranaga con una regular season che, non fosse stato per la sconfitta proprio all’ultima giornata contro Virginia Tech, si sarebbe potuta concludere con un titolo a pari merito con North Carolina, il che rende Miami una underdog fittizia capace tra le altre cose in stagione di battere proprio Virginia che, salvo terremoti, dovrebbe essere la sua rivale in semifinale. Tony Jekiri è uno dei lunghi più versatili e preziosi della Division I e poche squadre possono fregiarsi di un back court esperto e dinamico come quello composto da Sheldon McClellan e Angel Rodriguez: l’assenza di tiratori affidabili all’infuori di McClellan rimane un problema, ma la squadra è ampiamente migliorata rispetto all’anno scorso per efficienza offensiva e ha il potenziale per fare un lungo cammino anche al torneo NCAA, anche se durante la stagione ha dimostrato di avere momenti di blackout che potrebbero costarle caro, specialmente quando gli avversari fossero in grado di limitare l’apporto di McClellan, si vedano ad esempio le sconfitte contro NC State, Virginia Tech o il massacro subito a Chapel Hill.

Più complesso il discorso per Duke che tra alti e bassi ha però subito proprio negli ultimi giorni quella che pare la batosta definitiva, ovvero la conferma che Amile Jefferson non scenderà più in campo per questa stagione a causa dell’infortunio al piede che lo tiene fuori già da dicembre. Dopo aver subito tre rarissime sconfitte consecutive a metà gennaio Coach K ha rimesso le cose in ordine facendo lavorare i suoi molto meglio in difesa e, coadiuvato dall’esplosione di Ingram e il ritorno ad alto livello di Allen, ha ottenuto tre insperate vittorie consecutive nel corso di una durissima parte di calendario che ha visto i Blue Devils sfidare Louisville, Virginia, UNC e poi ancora Louisville: Duke ha vinto le prime tre gare e, sebbene quella con Virginia sia giunta in casa allo scadere e quella nel Carolina Game a Chapel Hill con un organico quanto mai ridotto tra problemi di falli e l’infortunio di Matt Jones sia sembrata la classica irripetibile partita dei miracoli, è tornata di prepotenza tra le squadre da tenere d’occhio, dopo un gennaio in cui si cominciava persino a dubitare di un suo approdo al torneo NCAA. La verità come spesso accade non è né così drammatica, né così positiva: squadra giovane e che ha perso il suo giocatore più fondamentale, Duke essendo straordinariamente allenata e di ottimo talento può su singola partita sconfiggere quasi chiunque, tuttavia le è difficile, dato anche l’organico limitatissimo e inesperto, mantenere alti livelli di gioco per lunghi periodi, come dimostrano le tre sconfitte nelle ultime cinque partite della regular season, seguite proprio alle tre vittorie che abbiamo appena rimembrato. Grayson Allen è tornato a giocare ad altissimi livelli (e a guadagnarsi l’odio di mezza America) dopo un periodo di black out che aveva colpito lui come i suoi compagni; Ingram sta addirittura per alcuni mettendo in dubbio la prima scelta assoluta del prossimo Draft che parrebbe nelle solide mani di Ben Simmons e come detto la difesa è molto migliorata, mentre bene o male l’attacco è sempre funzionato piuttosto bene ed è sesto per Adj offense. Nonostante le cose buone i limiti però ci sono e sono evidenti, il che ci fa pensare ad una probabile conclusione in sordina per i Blue Devils, che però di certo venderanno cara la pelle in un torneo di conference che potrebbe avere un alto valore per quello che sarà il seed del Torneo NCAA, in un anno eccezionalmente claudicante per quelle che sono le abitudini dei ragazzi di Coach K.

Dato che è marzo e le sorprese sono sempre dietro l’angolo segnaliamo infine Notre Dame, l’outsider che sembra più realisticamente papabile per una possibile vittoria a sorpresa: gli Irish dovrebbero trovare Duke ai quarti e eventualmente North Carolina al turno successivo, due squadre ostiche certamente, ma che in stagione ha già dimostrato di poter battere e dunque, considerato anche il fatto che Demetrius Jackson, coadiuvato dall’ottimo Zach Auguste -rispettivamente 1° e 2° quintetto ACC-, è uno di quei giocatori dai quali ci si può sempre aspettare un esplosione di due-tre partite alla Kemba Walker/Shabazz Napier dei tempi andati, un approdo in finale è, nella sua improbabilità, non impossibile.

Ecco qui il tabellone del torneo, al via stasera con le “eliminatorie” tra le quattro squadre peggiori della regular season, adibite a completare il panorama del secondo round.

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