“Ogni georgiano è poeta, ma ogni poeta georgiano è doppiamente poeta”

Dzala ertobašia. Ossia L’unità fa la forza. È il motto della Georgia. I georgiani si chiamano fra loro kartvelebi e Sakartvelo la propria terra, usando peraltro un alfabeto diverso da quello latino. Il nome Georgia deriva dal persiano Gurij e dall’arabo Jurj, con contaminazioni ortografiche dal greco. Terra di lunghissima e gloriosa storia. Terra di confine, fra Europa e Asia. Terra leggendaria, la transcaucasica Georgia. Terra del vello d’oro, la mitica Colchide. Terra di basket. Come insegna la Dinamo Tbilisi 1962, che andò a vincere la Coppa dei Campioni: 90-83 in finale sulle merengues madridiste. Anche se si era nel pieno dell’era sovietica (1991 l’anno dell’indipendenza, dichiarata il 9 aprile e riconosciuta il giorno di Natale). Altabaev, Khazaradze, Ugrekhelidze, Lezhava, Minashvili, Levan Moseshvili, Intskirveli, Amiran Skhiereli, Ilarion Khazaradze, Alexander Petrov, Revaz Gogelia i componenti di quel team. Un evidente marchio di georgianità a contraddistinguerla.

Quello è il passato, oggi il presente recita… Manuchar Markoishvili (Manuchar Mark’oishvili), Giorgi Shermadini, Viktor Sanikidze (Vikt’or Sanik’idze), Nika Metreveli (Nik’a Met’reveli), nomi molto noti nel Bel Paese. Georgiani doc che rappresentano degnamente la propria patria (anche se Metreveli ha il passaporto sportivo italiano essendosi qui formato). Tutt’e quattro hanno disputato la stagione sportiva 2011-12 calcando gli italici parquet. Una colonia folta e di gran pregio tecnico.

Manuchar ha un talento cristallino. E precocissimo: a sedici anni, sostanzialmente un adolescente, era già da noi conquistando nei ranghi della Benetton uno scudetto e una Coppa Italia. Emigrato per una breve parentesi tedesca (Mitteldeutscher BC Weissenfels), una più lunga, dal 2004 al 2007, all’Union Olimpija Lubiana – che gli ha regalato due campionati, due coppe e una supercoppa di Slovenia – e al B.K. Kiev, è tornato in Italia nel 2009, messo sotto contratto dalla Pallacanestro Cantù. E nella cittadina brianzola ha trovato dimora, una vetrina per la sua fulgida classe. Il girovagare ha donato a Manuchar un bagaglio linguistico di tutto rispetto, visto che parla, oltre all’idioma nativo, italiano, inglese, tedesco, sloveno e russo. Il buon Manuchar avrebbe suscitato l’ammirazione della stessa Nina Kauchtschischwili (cognome poi italianizzato in Kaucisvili), intellettuale russo-georgiana di vaglia, che parlava, oltre a russo (lingua della madre) e georgiano (lingua del padre), italiano, francese, inglese e tedesco. Una signora nata per ventura e vicissitudini storiche il 20 agosto 1919 a Berlino e da lì fuggita nel nostro Paese in conseguenza delle tenebre naziste e dell’apocalisse scatenata da Hitler. Scomparsa da non molto, raccontava la georgiana Kaucisvili, russista di fama, autrice e docente universitaria con il Paese d’origine nel cuore (“Sono molto legata all’identità georgiana: un Paese oppresso prima dagli Zar poi dai Sovietici, coraggioso, con una tradizione culturale molto ricca): “La Germania hitleriana era terribile, impressionante. Le posso raccontare della Notte dei cristalli, con le vetrine dei negozi degli ebrei tutte infrante e la gente che saccheggiava impunemente, mentre in lontananza si scorgeva la sinagoga principale di Berlino bruciare. Persino mio padre fu arrestato dalla Gestapo e rilasciato solo perché la Siemens, di cui era un importante ingegnere, aveva fatto pressioni affinché fosse liberato. Ogni mattina, a scuola, con gli occhi cercavamo fra i banchi sperando che ci fossero le nostre compagne ebree. C’erano folle oceaniche che attendevano il passaggio di Hitler e che io e i miei amici, tutti antinazisti, e tanti di loro erano tedeschi, cercavamo di evitare”.

Un’apripista, Nina Kaucisvili, della Georgia in Italy, per quanto qui giunta in un momento storico più cruento (ricordava chiarissimamente anche l’annuncio dagli altoparlanti di Benito Mussolini dell’entrata in guerra del 10 giugno 1940) rispetto ai ragazzi del basket della Georgia vissuti in un’era più facile. Sarebbe stata fiera di loro.

Perdonate la digressione. Dicevamo del talento di Markoishvili: 197 cm, guardia o ala, poco importa. L’energia posta sul parquet da Manu è impressionante. Un giocatore completo, che può far male col tiro dalla lunga distanza o in 1 contro 1, abile anche nel rimbalzo offensivo, dinamico, difensore solido e, fatto non trascurabile, un bravissimo ragazzo, fioeu come si dice in Lombardia. Che fosse un predestinato si sapeva: non vieni in Italia quando hai sedici anni se dentro non hai fuoco e maturità, se non hai dei numeri superiori. Del resto papà Nuzgari è un allenatore e gli ha fornito il giusto campionario di fondamentali, tuttora, a quanto pare, visionando le partite del figliolo e il book degli schemi che Manu gli invia (in cambio ricevendone congrue scorte di barbabietole, ingrediente necessario per cucinare la zuppa georgiana, ma lui è ghiotto anche dei nostrani pizzoccheri…).

Si dice che Markoishvili da bimbino danzasse. Ma il richiamo della foresta, cioè del parquet, era irresistibile. Il gioco di gambe è talora, in effetti, da ballerino. Il campionario delle finte di corpo è davvero da leccarsi i baffi. L’impressione è che non tutti abbiano compreso il valore di questo 26enne che fa il pro da sempre. A proposito, al palmarès di vittorie già citate si aggiungano due titoli di Georgia con il Basco Batumi e la FIBA Europe Cup 2004.

A costruire, con Markoishvili, un’inedita coppia georgiana nella stessa squadra è transitato sui colli di Brianza, nella stagione or ora conclusa, Giorgi Shermadini. Giorgi, come il santo patrono nazionale che uccide il drago, è nato a Mtskheta il 2 aprile 1989. Il Generale Sherma è un pivottone di 216 cm dalla mano incredibilmente morbida e una mobilità sorprendente per un uomo di quella stazza. Non dite che è sgraziato, semmai terribilmente efficace. Può essere, questo giovanotto dal volto di Mister Bean (non diteglielo che s’arrabbia…), dominante. Se ne sono già accorti in tanti in Italia e in Europa. Il suo ombrello nell’area difensiva è imponente. Stoppa ovviamente e, comunque, può costringere ad alzare la parabola degli attaccanti con effetti urticanti sulle loro percentuali. I punti nelle mani ce li ha e tira i liberi con bella precisione (85,9% nel 2011-12). A 18 anni nel campionato georgiano ha segnato 35,1 punti di media a partita (in una gara ne ha fatti 60 con 17 stoppate), con 16,4 rimbalzi, 4,7 assist e 2,6 palle rubate. In una partita giovanile si è permesso il lusso di 89 punti. 23 anni, ma già esperto (e ha pure una figlia) avendo in bacheca un campionato e una coppa di Grecia e un’Eurolega conquistati con la maglia del Panathinaikos. Un patrimonio su cui investire. Difatti il Maccabi Tel Aviv ci ha ben pensato… Quest’anno comunque il buon Giorgi ha potuto parlare un po’ di georgiano anche negli spogliatoi o in campo. Peccato che la serie A italiana lo abbia (per il momento) perso. Lui però si è perso il risotto con gli ossibuchi. Dubito che sia un piatto abitualmente servito in Israele. Almeno un rimpianto lo avrà.

Air Georgia. Un soprannome quanto mai azzeccato. Permetteteci la metafora-iperbole: uno che coi suoi balzi può approdare alla vetta del Gora Kazbeg (5048 m) alla cui vista giace la Trinità di Gergeti, famosa chiesa georgiana. Viktor Sanikidze, dall’aspetto così ieratico, appartiene alla nobile e rara schiatta degli uomini volanti. 203 cm, rimbalzista super, ha un gioco eccitante per verticalità, ma può castigare da fuori. Anche lui, prima di divenire un virtussino della Dotta e Grassa, non ha esitato a varcare i patri confini per cercare fortuna: a 15 anni il Globe Tech Junior College di New York, quindi il Digione, l’Estudiantes Madrid, il Tartu Rock estone. Le tagliatelle al ragù gli hanno giovato (anche se lui non cessa di amare i khinkali, pasta ripena di carne e altro ancora, una sorta di ravioloni giganti da acquolina in bocca) e a Bologna ha trovato un’importante dimensione (ricordiamo, in ogni caso, che gli Atlanta Hawks nel 2004 lo scelsero al n° 42 cedendolo subito ai San Antonio Spurs). Cantù-Bologna, tre georgiani in campo quest’anno, niente male per una piccola nazione (abbondantemente sotto i 5 milioni di abitanti).

Pare che il destino di viaggiatori accomuni i simpatici amici della Georgia dalle cinque croci nella bandiera. Un’altra vecchia conoscenza dei nostri palazzetti, Nikoloz Tskitishvili (Nik’oloz Tskit’ishvili), alla Benetton 2002 e a Teramo 2008, ha giocato anche per: BC Sukhumi, Slovan Lubiana, Denver Nuggets, Golden State Warriors, Minnesota Timberwolves, Phoenix Suns, C.B. Sevilla, Fuenlabrada, PAOK Salonicco, San Sebastian, Mahram Teheran. Un’autentica vocazione cosmopolita. Cavalieri con la pelle di pantera, parafrasando il titolo del poema epico-nazionale di Shota Rustaveli (poeta del XII secolo).

Rimane Metreveli della legione georgiana, ventunenne prospetto di 212 cm e italiano di formazione per regolamento avendo giocato per quattro anni nei nostri settori giovanili. Già transitato per Rimini, Siena, Ferentino e Sassari, nel suo caso è più corretto parlare di potenziale. Chissà che le sapienti mani di Coach Sacchetti non contribuiscano a plasmarlo a dovere.

Tutti per uno, uno per tutti. Dzala ertobašia, L’unità fa la forza. Moschettieri in salsa caucasica all’attenzione dei buongustai della palla a spicchi.

Buon khachapuri* a tutti”.

ALBERTO FIGLIOLIA

*Pane/larga focaccia contenente formaggio, uova o altri ingredienti (la cucina georgiana è davvero succulenta).