Attenzione! Coloro che se ne sbattono del basket femminile saltino tranquillamente questo lungo capoverso, perché vorrei rispondere in modo completo e documentato a Manuel che, lo ammetto, per le informazioni che ha, ha perfettamente ragione nel contestare quanto scritto da me nel post precedente. Inciso: continua a affascinarmi e a crearmi tutto un sacco di domande il vostro generale rifiuto nei confronti del basket femminile e spesso mi chiedo se non sia un classico caso di “anchored bias”, come dicono gli anglosassoni. Dal mio punto di vista ora come ora guardo con molto più interesse un incontro femminile rispetto a uno maschile, in quanto le donne hanno meno fisico, dunque per vincere devono giocare a basket, che è, come sapete, l’unica cosa che voglio veramente vedere quando guardo una partita (se voglio vedere prodezze atletiche guardo, appunto, l’atletica, cosa che fra l’altro faccio con grande piacere vista la grande offerta attuale con eccellenti meeting di Diamond League – a proposito, se posso, complimenti a Nick Roggero e Stefano Baldini che fanno telecronache come vorrei sempre che fossero fatte). Per me la discriminante è il gioco del basket, che può essere anche a volte brutto o anche caotico, ma sempre basket deve essere. Se non lo è non mi interessa più. Tornando a bomba il problema del basket sloveno è più a monte e il caso di Ajša Sivka è abbastanza sintomatico. Ovviamente mi sono rivisto sul canale di FIBA Europe la finale vinta dalle Under 18 slovene e ho visto, appunto, una giocatrice incredibile, praticamente una Torrens di neanche 18 anni con molto più tiro, insomma un vero e proprio Dončić in gonnella. Prodotto del magnifico vivaio? Assolutamente no, ma una incredibile botta di culo. La ragazza, 1 e 92 di altezza, che per le donne è comunque molto, con un fisico fatto apposta per il basket, che sa tutto, che prende rimbalzi, che distribuisce assist e che si prende le responsabilità giuste al momento giusto (nella finale 3 su 5 da tre con il tiro decisivo dall’angolo a 1 minuto e mezzo dalla fine), è nata a Slovenske Konjice in Stiria, la stessa località di Jure Zdovc, ha giocato nel club locale per un po’ e, viste le sue qualità immense, è stata subito prelevata dall’Accademia di Tony Parker a Villeurbanne per poi finire l’anno scorso a Schio. Questo per dire che si tratta di una gemma totalmente sconnessa da possibili meriti di un qualche vivaio. La realtà vera è che in Slovenia vi sono solamente due vivai femminili che funzionano, quello straordinario di Damir Grgić a Celje e quello di Kranj. Lubiana? Molto poco, se non niente. Grgić ha allevato tutta una serie di bravissime giocatrici ed è stato alla fine, troppo tardi secondo me, messo alla guida della nazionale con la quale ha fatto ottime cose, mancando sempre di pochissimo l’accesso alle fasi nobili dell’Europeo. Sembrava tutto ottimo, quando improvvisamente la Federazione ha deciso di sollevarlo dall’incarico per sostituirlo con l’allenatore greco, quello di Schio, almeno così mi sembra. Risultati? In immediata discesa con sconfitte contro squadre che fino ad allora mai avevano costituito problema. Poi si decide di organizzare l’Europeo in casa. Ci si prepara adeguatamente? Come no! Intanto si fa un pasticcio con la possibile passaportata che alla fine non si trova, una volta che la bravissima Evans, un paio di anni a Celje, ha declinato l’invito. E poi c’è lo scandalo. La play titolare della nazionale Nika Barić, una scelta a suo tempo dalla WNBA e che ha giocato a Jekaterinburg, dunque non l’ultima cessa, pubblica un post su Instagram ponendosi la classica domanda che si sono fatti tutti: perché cavolo è stato defenestrato Grgić, visti i risultati ottenuti? Apriti cielo! Il coach pretende l’espulsione dalla nazionale della Barić e la Federazione lo accontenta subito spargendo parole di fuoco sulla povera Nika che si è solo chiesta quello che tutti si chiedevano. Si può capire con quale spirito le ragazze abbiano affrontato l’Europeo e infatti hanno perso tutte e tre le partite con quelle due vincibili (ampiamente) perse nei minuti finali di caos, e anche questo vuol dire qualcosa. L’Europeo è stato così un disastro con il forno perenne alle Stožice e in effetti ci sono state anche gravi conseguenze con le dimissioni (provocate?) del Segretario generale della Federazione Rašo Nesterović e successivo caos in Federazione. Ottimo viatico per i Mondiali maschili, verrebbe da dire. Ecco, questo è quello che volevo dire. Non si tratta qui solo di risultati tecnici, ma proprio di clima che non lascia presagire nulla di buono per il futuro.

Tour de France. Non è finito come pensavo che finisse, ma è stato ugualmente meraviglioso con la battaglia fra titani che ci si aspettava e che si è risolta nella terza settimana con la fenomenale prestazione di Vingegaard a cronometro. Durante la gara stessa è sembrato molto più preparato, molto più motivato e molto più preciso di un Pogačar che, pur dando oltre un minuto a Van Aert, è sembrato semplicemente svuotato, spompato. Sarà stata la preparazione difettosa causa la frattura, sarà stata la sua natura di attaccante indomito (a me personalmente è piaciuto un sacco il numero che ha fatto sui Campi Elisi, solo per dare spettacolo e per divertire il pubblico) che lo ha fatto andare fuori giri nelle prime due settimane, fatto sta che già nella tappa di domenica sulle Alpi era sembrato non proprio pimpante e sono convinto che se “spinazza” (triestino: uno che va solo sul sicuro) Vingegaard lo avesse attaccato, lo avrebbe staccato già lì. E anche nella cronometro aveva la faccia che avrebbe avuto tutto il giorno dopo, quella del proverbiale (in sloveno) “coniglio sul tamburo” (zajc na boben), cioè la faccia del povero roditore che si trova messo su un tamburo percosso violentemente, cioè una faccia fra il perplesso e lo spaventato di uno che non sa cosa gli stia succedendo. Giuro che mercoledì, vista la faccia di Pogačar, non ho guardato fino agli ultimi chilometri la salita sul Col de Loze per non soffrire troppo, tanto ero sicuro che si staccava. Dopo essere arrivato miracolosamente al traguardo Pogi ha detto che già domenica sentiva che qualcosa non andava bene, in quanto stentava a digerire quanto mangiato secondo tutte le cadenze regolari previste. Cosa che si è acuita mercoledì quando all’attacco dell’ultima salita sapeva già di essere tecnicamente defunto avendo lo stomaco pieno e le gambe totalmente vuote. Può succedere e, come si vede, succede. La grandezza di Tadej l’ha però sottolineata in un bellissimo podcast sul sito della TV slovena Jani Brajkovič (uno che ha vinto un Delfinato davanti a Contador, per dire) che ha sottolineato il fatto, che spesso si dimentica, ma che è scientificamente abbastanza ovvio, che quando si cade in una bambola del genere e non si hanno più zuccheri, leggi benzina, nel sangue il corpo, per difendersi, comincia a mangiare se stesso e segnatamente i muscoli che spesso ne ricavano un danno tremendo, a volte addirittura irreversibile. E il fatto che Pogačar dopo due giornate di riposo attivo abbia recuperato per intero le sue forze vincendo alla grande l’ultima tappa vera (“Oggi stavo finalmente bene e mi sono divertito a correre come un bambino”) dimostra le sue incredibili capacità rigenerative, tanto che Brajkovič non ha esitato a dire che la vittoria di sabato è stata per Tadej la più importante della sua carriera finora. Per cui, come dicono adesso, mettiamoci l’elmetto e attendiamo a pie’ fermo i prossimi Tour (volete una mia opinione? Per gli anni prossimi occhio a Ayuso). Sempre per il Tour scusate la mia partigianeria, ma l’intervista post vittoria che ha rilasciato Matej Mohorič e che ha fatto il giro del mondo mi ha reso molto orgoglioso di essere un suo connazionale. Del resto da uno che dopo la maturità aveva ricevuto una borsa di studio speciale da parte del Presidente della Repubblica (conferita ogni anno ai maturandi migliori del paese) per iscriversi gratis a qualsiasi facoltà esistente e che, se non fosse stato un forte ciclista, sarebbe adesso uno scienziato e di cui Andrej Hauptman ha detto che è il futuro Direttore sportivo più bravo della storia, non ci si può attendere di meno. E’ uno che ha veramente un’intelligenza semplicemente spaziale.

Di basket maschile non saprei cosa dire, visto che in questo momento praticamente non esiste. Tanto più che queste ultime settimane sono state una specie di abbuffata sportiva clamorosa che, da buon pensionato, ho vissuto a 360 gradi. Domenica è stata una giornata clamorosa. Inizio di mattino con l’ultimo giro del Championship di golf in Inghilterra, ultimo major della stagione, che mi ha però deluso un tantino visto che non c’è stata in realtà competizione a causa della manifesta superiorità del minuscolo mancino americano Brian Harman che ha disputato tre giri senza pecche imbucando di tutto e di più da qualsiasi distanza. Poi, una volta esauriti gli “affini”, come li chiamava Sandro Vidrih, finalmente prima giornata delle finali dei Mondiali di nuoto (dai, Cicciobruttino, esci dall’auto-esilio che ne parliamo – visto oggi il “fracaso” di Popovici?) che ho guardato all’inizio per poi registrare il resto della prima giornata da Rai2 (che, malgrado Mecarozzi e il suo inno più bello del mondo, è pur sempre meglio di quanto fanno su Sky – il telecronista loro urla e strepita a raffica frasi normalmente retoriche, stantie e banali, in compenso però ha una voce stridula da raschio di piatti col coltello) andando poi a prendere l’ineludibile pennichella post pranzo, sveglia alle 3 per vedere la partenza della Formula Uno, attendere che Verstappen vada in testa e poi cambiare canale, poi seguire l’atletica da Londra con un occhio sul golf, nel frattempo guardarsi la registrazione del nuoto e poi finire la giornata con il Tour e le sempre strepitose immagini della Ville Lumiere fra Arco di Trionfo, Campi Elisi, Place de la Concorde, le Tuileries e il sottopassaggio del Louvre, e godermi Pogačar che prova addirittura a tirare la volata al suo amicone Van der Poel (a proposito, perché non ha tirato la volata a Philipsen – che ci sia maretta?). Insomma, di pensare al basket neanche a parlarne. Vedremo ai Mondiali: intanto il “povero” Jokić ha tirato il pacco alla sua nazionale visto che è troppo esausto. Scusate, ma io giudico i giocatori anche per come sono come persone. Forse capite adesso perché Nikola mi sia sempre meno simpatico.

Per finire una piccola celebrazione: se ne sarebbero andati a un giorno di distanza due personaggi della stessa età che sono stati molto importanti nella mia vita. Uno che è morto purtroppo senz’altro è ovviamente Mirko Novosel, il grande architetto del basket zagabrese e decisivo personaggio degli anni più fulgidi del basket jugoslavo, e l’altro sarebbe Kris Kristofferson, che per me, amante della buona musica country, è “il” personaggio di riferimento. Canzoni come Help Me Make Through the Night, Me and Bobby McGee, For the Good Times, Sunday’s Morning Coming Down, la magnifica Loving Her Was Easier (Than Anything I’ll Ever Do Again), la canzone preferita da un santone assoluto quale Willie Nelson, o il fantastico inno religioso Why Me (Lord) che Elvis, che lo cantava sempre a ogni concerto, definì come il miglior gospel da lui mai sentito, sono dei veri e propri tesori che ascolto assiduamente sempre con estremo piacere. Comunque, dopo aver pianto la sua morte, ho letto che era stata solo una falsa notizia che era girata per qualche ora e che sembra sia vivo e vegeto alla bell’età di 87 anni. Che Dio, se è così, ce lo conservi ancora. In quanto a Mirko, grazie di tutto e riposa in pace.