IL GIORNO DELLA MARMOTTA

Vivendo il campionato senza coinvolgimenti diretti sembra di essere Bill Murray nel film “ricomincio da capo” .

Avete presente quel giornalista che si svegliava sempre nello stesso giorno, ed ogni volta riviveva esattamente gli episodi vissuti nelle 24 ore precedenti, senza soluzione di continuità, arrivando a prevedere il passaggio di un’auto, la foratura di una gomma di un gruppo di vecchiette o la caduta di un vassoio pieno di tazze? Ecco, alla vigilia di ogni giornata di campionato ci si sente più o meno così. La stragrande maggioranza dei comunicati stampa che arrivano riportano interviste a coach che descrivono ogni partita come “difficile, in cui affrontiamo una squadra talentuosa e in un buon momento di forma” quando si tratta di sfida a squadra di vertice o in alternativa “difficile, perché la classifica della nostra avversaria non rispecchia i veri valori della squadra” quando si tratta di sfida a squadra in zona retrocessione. E allora perche’, visto l’equilibrio che emerge dalle dichiarazioni, a tre giornate dalla fine, sappiamo già chi avrà tutte le belle in casa (questo lo sapevamo dalla prima palla a due della stagione), chi farà i playoff e chi l’anno prossimo sarà in Legadue? Nei dopogara chi ha vinto si complimenta con lo sconfitto e chi ha perso esalta le qualità del vincitore. Fair-play? Puo’ darsi, ma porta chi legge o ascolta a ritrovarsi totalmente disinteressato, tanto quello che viene detto oggi è già stato proclamato sette giorni prima, sei mesi prima, due anni prima. I giocatori sono tutti perfettamente educati, sorriso di prammatica e dichiarazioni annacquate su qualsiasi argomento. Quando giocano bene è merito dei compagni e del coach, quando giocano male è un momento di transizione che passerà presto grazie alla fiducia di compagni e coach. Il tutto all’interno di un campionato che negli ultimi cinque anni ha raccontato sempre la stessa storia, come nel giorno della marmotta. Tutto questo farebbe pensare ad un mondo fatto di sorrisi e beatitudine, invece questo limbo verbale non cambia il fatto che nei palazzetti ci siano spesso “tifosi” che delegano ai pomeriggi domenicali lo sfogo di tutte le proprie frustrazioni, incazzandosi per ogni singolo episodio da loro ritenuto contrario al bene della propria squadra, e per questo totalmente sbagliato e inaccettabile a prescindere. Anzi, sembra che la latitanza di spunti da parte dei protagonisti lasci ancora più spazio a chi ritiene di dover arricchire le sue domeniche con polemiche di vario genere. Sia chiaro, non vogliamo allenatori rissosi e giocatori che facciano bizze, ma non sarebbe male se ogni tanto qualcuno si togliesse il gesso e si lasciasse andare un po’, magari dicendo che ritiene la sua squadra nettamente più forte degli avversari e quindi si aspetta un’agevole vittoria, o che pensa di aver giocato bene semplicemente perché è convinto di essere bravo. Chiediamo qualche uscita dal coro, chiediamo di poter lavorare intorno a qualche personaggio che ci permetta di riempire le pagine e i monitor di una nuova storia invece di dover continuare a rivoltare quelle vecchie, come facevano i nostri nonni con cappotti. Chiediamo di svegliarci e scoprire che il giorno della marmotta è finalmente passato.

PAOLA ELLISSE